LA RAGAZZA DELLO SPUTNIK – Haruki Murakami

Voto: 2,5/5

Una sorta di triangolo amoroso, ma – ahimè – resta tutto platonico. Nonostante questo, tutta la narrazione è costellata di pensieri sessuali fuori luogo. La voce narrante è quella di un ragazzo di cui non si conosce il nome, il quale racconta più che altro le vicende della sua amica Sumire, di cui è innamorato. Lei però, ovviamente, si innamora di un'altra persona, ma a dire la verità mi è parso che niente di tutto questo fosse rilevante ai fini della storia. Forse non l'ho capito, in che cosa consista la storia. In compenso ho trovato la parte finale completamente superflua, e in più tutto resta vago, non ci sono risposte chiare. Come avrà già capito chi ha letto la recensione della Strana biblioteca, io dovrei smettere di leggere Murakami.

Sumire è un bel personaggio, ben caratterizzato, abbastanza interessante e piacevole da seguire, mentre gli altri due protagonisti, cioè il narratore e Myu, li ho trovati un po' piatti, noiosi.
Il narratore sembra raccontare episodi della sua vita che non c'entrano niente con tutto il resto, tanto per occupare spazio. La dinamica del suo rapporto con Sumire è quella tipica della friendzone: lui sopporta comportamenti assurdi perché è innamorato; lei ne approfitta anche se in teoria gli vuole bene.
A dire il vero, Myu ha anche lei una storia interessante, che però viene fuori solamente nella parte finale del romanzo. Per il resto è molto noiosa: viene solo ribadito continuamente quanto è bella. Alla fine si viene a scoprire che è una donna spezzata, il che avrebbe potuto renderla un personaggio molto migliore, se solo questa rottura fosse stata manifesta e non solo detta.

Lo stile è il solito di Murakami. Lui si crede poetico e filosofico, ma alla fin fine quello che mi raggiunge è sempre e solo la sua fissazione per il sesso e, in questo libro in particolare, il suo feticismo per i peli pubici. È uno stile abbastanza scorrevole, con dialoghi molto calmi e lenti, perfino inutili. Non è certo difficile da leggere, ma non mi coinvolge. Al contrario, lo definirei soporifero.
Ho letto questo romanzo molti anni fa, e ammetto che alla prima lettura mi aveva colpito, appunto perché mi era piaciuta la protagonista – forse anche perché ai tempi mi ero rivista in lei – e in più la storia di Myu sulla ruota panoramica mi aveva messo i brividi. Me lo ricordavo anche un po' diverso da tutti gli altri libri dell'autore e invece, rileggendolo, ci ho trovato tutti quegli aspetti che non sopporto di lui: forse il mio è un pregiudizio, avrò cominciato a odiare Murakami per partito preso. Ho la sensazione che si limiti a dire le cose, senza trasmettere nulla. In questo caso ho pensato addirittura di abbandonare a poche pagine dalla fine. Non l'ho fatto, ma se così fosse stato non avrei perso niente.
Mi dispiace, perché in realtà credo che questo libro meriti. Ma forse andrebbe letto solo nell'adolescenza o poco più in là.

IL TEMPO DELL'ATTESA – Elizabeth Jane Howard

Dopo Gli anni della leggerezza, proseguono le vicende di questa numerosissima famigliola, con la guerra che incombe e tutto ciò che comporta. Questo secondo volume si concentra soprattutto sulle ragazze, Louise, Polly e Clary, che erano state per me tra i personaggi più interessanti nel primo (anche se Louise non mi piaceva, e continua a non piacermi). Disgraziatamente io ho abbandonato il libro al 20% circa, quindi non sono in grado di dire molto altro sulla trama o sui temi, a parte il fatto che anche qui non succede molto. Ho avuto però l'impressione che qui si presti più attenzione ai singoli personaggi che non alle dinamiche familiari.

A proposito dei singoli personaggi, li ho trovati in questo volume (fin dove ho letto, almeno) molto più spenti che nel precedente. Perfino i miei preferiti – Clary in primis – mi sono sembrati lontani, come delle brutte copie degli originali. E anche i bambini, che negli Anni della leggerezza erano stati spesso divertenti, adesso non lo sono più, anzi, direi che sono alquanto insopportabili. Almeno Neville. Gli adulti, giustamente assorbiti dal pensiero della guerra, sono ancora più noiosi di prima.
L'unica che mi è piaciuta più che nel primo è Zoë. Chi l'avrebbe mai detto. Ho invece cominciato a odiare Raymond – che nel primo libro non mi era dispiaciuto – per il suo rapporto col figlio Christopher, o meglio per il suo disprezzo nei confronti del figlio. Questo perché anche Christopher, nel primo libro, mi era piaciuto. Ma del resto Raymond è padre di Angela, altro personaggio odiosissimo già dal primo libro. Insomma, tutto quello che posso fare è sputare odio sui personaggi, e mi rendo conto che questo non rende una "recensione" molto costruttiva.

Lo stile dell'autrice mi piace, la lettura scorre che è un piacere ma i contenuti non riescono a coinvolgermi, perdo il filo del discorso e non capisco più di che cosa o di chi si sta parlando, come credo di aver detto anche per il primo. Non si tratta nemmeno di noia, è proprio un mio personale disinteresse nei confronti di questi personaggi. Non mi sento per niente curiosa di sapere che cosa ne sarà di loro. E del resto, la mia unica curiosità nel primo volume non era stata soddisfatta, quindi forse ci ho semplicemente rinunciato.
Penso che dovrei riprovarci in un altro momento. Per ora mi dedicherò a qualcos'altro.

NON LASCIARMI – Kazuo Ishiguro

Voto 4/5

Hailsham è un collegio che accoglie bambini senza famiglia, il cui destino all'inizio non è molto chiaro nemmeno a loro e che, per motivi che verranno fuori pian piano, vengono visti e trattati come diversi e perfino disgustosi. Non lasciarmi è il racconto di un'infanzia e una gioventù come tante, di un'adolescenza qualsiasi, con relativa scoperta del sesso e tutto il resto, ma vissute diversamente a causa di conoscenze, o anche solo sospetti, che gettano una luce anomala su tutto il resto. L'oggetto della narrazione sono delle vite tristissime e destinate alla perdita, che è come dire vite umane e basta, ma con una minore dose di speranza. Anche le dinamiche sono quelle comuni: amicizia, amore, rivalità, potere. L'amore in particolare, come anche l'arte, ha un ruolo particolarmente importante e strano in questa storia.

La voce narrante è quella di Kathy, un personaggio che non saprei come definire, perché la sua personalità non è chiara, ma forse l'aggettivo che sceglierei è debole. Kathy è debole perché sembra cercare continuamente l'approvazione dell'amica stronza – Ruth, che la tratta malissimo – e perché sopporta un sacco di cattiverie, dall'infanzia fino all'età adulta, e sembra offendersi solo per stupidaggini, mentre giustifica le coltellate più crudeli. Nonostante gli altri vengano presentati come suoi amici, in realtà Kathy è sola, per tutto il tempo.
Ruth è la leader stronza e carismatica che non manca nell'infanzia di nessuno, una persona orribile ma caratterizzata benissimo. Forse, anzi, è l'unico personaggio che ho trovato ben caratterizzato nel suo essere così meschina. E tale rimane anche da adulta: giudica velatamente, insinua, fa in modo che gli altri si sentano inferiori e sbagliati, mette le persone che la circondano l'una contro l'altra, e in tutto questo Kathy continua a giustificarla, a concederle il beneficio del dubbio, e questo è ciò che più di tutto mi ha infastidito in questo romanzo, peraltro bellissimo. Solo alla fine Ruth farà finalmente qualcosa di buono, a mo' di conversione in limine mortis.
Tommy, infine, è il personaggio più tenero. Un po' suscita compassione, perché è ingenuo e fragile, viene bullizzato praticamente per tutta la vita – prima dai compagni di scuola, poi dalla fidanzata – e nonostante tutto resta una persona fiduciosa.
Ciò che fa orrore, in tutto questo, è l'atteggiamento dei personaggi secondari, soprattutto i tutori di Hailsham, verso i quali non si capisce se è lecito provare simpatia e comprensione. (Non lo è, ndr.) Solo Miss Lucy si distingue, e ovviamente ne paga le conseguenze.
In ogni caso, come ho detto, ho trovato ben caratterizzata soltanto Ruth. Ho avuto difficoltà a immaginare gli altri personaggi, tranne un paio di tutrici tra cui, appunto, Miss Lucy. Tutti gli altri, nella mia immaginazione, sono esseri indistinti e senza volto.

La prosa, in compenso, è scorrevole e piacevole nonostante i salti temporali, a mio parere superflui. Kathy racconta il tutto come ricordi più o meno lontani, e questo magari giustifica i salti; inoltre i ricordi sono per forza di cose discordanti, e questo contribuisce a rendere il tutto più realistico. In definitiva Non lasciarmi è davvero un bel romanzo, ma devo dire che la mia è stata una rilettura, dopo nove anni dall'ultima. E devo dire anche che la qualità della lettura è stata migliorata dal fatto che sapevo già. La prima volta, infatti, le rivelazioni più importanti mi avevano più che altro infastidito, rendendomi la lettura deludente.

Non lasciarmi è una tragedia, ma una tragedia in sordina: mi ha intristito ma non mi ha fatto disperare, anche perché, ahimè, non sono riuscita ad affezionarmi a nessun personaggio.

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IERI – Agota Kristof

Ieri - Agota Kristof
Titolo: Ieri
Autore: Agota Kristof
Traduttore: M. Lodoli
Copertina flessibile: 106 pagine
Editore: Einaudi (2016)
Prezzo: 7,50 €

Riassumere Ieri di Agota Kristof è difficile. Qualunque cosa si possa dire non sarebbe mai rappresentativa. Ma io ve lo dico lo stesso: è una storia d'amore. C'è un'attesa commovente, straziante, perché non stiamo forse tutti aspettando qualcosa? In questo caso quel qualcosa arriva ma, trattandosi della Kristof, non aspettatevi un amore normale. È un amore inquietante, fatto di stalking, incesto, discriminazione. È un amore sbagliato e "brutto", egoista e possessivo, che vuole tutto e non dà che dolore, un amore che consiste nel farsi del male a vicenda.
I temi sono molto allegri: la routine, la disperazione, il vuoto della vita, e appunto questo amore che da una parte è visto come unica salvezza, dall'altro è ossessivo e malato: fa tutto meno che salvare qualcuno.
Il finale, poi, è a dir poco terrificante. È una fine come si deve perché è la fine di tutto: delle illusioni, dei sogni, della vita. È la morte dell'anima. Forse un suicidio collettivo di tutti i personaggi sarebbe apparso meno infelice.

Parliamo dei personaggi. Il protagonista è Tobias, che poi si chiama anche Sandor, e che è completamente pazzo: una specie di stalker molesto, non solo per i suoi comportamenti più manifesti, ma anche per dettagli più sottili, come la frequenza con cui ripete il nome di Line mentre le parla.
Line mi era rimasta nel cuore già dal secondo racconto di Dove sei Mathias?, ma sarà poi la stessa? In questo romanzo non mi è piaciuta come nel racconto, ahimè. L'ho trovata snob, banale e stupida, a quanto pare il tipo preferito dagli stalker (almeno nella letteratura). Ma è giusto così perché, oltre alla trama, anche i personaggi devono essere tragici, altrimenti che gusto c'è.
Le descrizioni sono perfette e impietose – dal punto di vista di Tobias, la voce narrante – e la caratterizzazione consiste soprattutto nella resa del disagio di tutti loro, che è palpabile.

Lo stile di Agota Kristof mi piace tantissimo. Ha un suo modo particolare di usare le parole, e in questo caso mi ha rapita sin dalle prime. La scrittura è fredda, distaccata, dura, e insieme meravigliosa e delirante. Trasmette il vuoto orrendo della vita, fa paura. Racconta cose serie e bruttissime con un tono assolutamente neutro, senza drammaticità, e il messaggio arriva diretto e brutale. Crea sgomento.
Attraverso i dialoghi vengono fuori le personalità dei personaggi, dal modo in cui reagiscono, parlano, rispondono.
Si dice che un bravo scrittore non debba raccontare fatti ma mostrarli. Bene, Agota Kristof è un'ottima scrittrice.

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AMOK – Stefan Zweig

Voto: 4/5

Medico apparentemente asociale racconta ad altro tizio una sua recente esperienza, che l'ha evidentemente sconvolto: si è pseudo innamorato di una donna (o almeno del suo corpo e del suo modo di fare) e ha praticamente rovinato la vita a lei e a sé stesso. La vicenda, a sentire lui, ruota intorno all'amok, questa sorta di follia animale a cui non si può sfuggire in alcun modo. O, se vogliamo, nel caso specifico, un'ossessione che accende e guida ogni comportamento del soggetto invasato.
Quindi ossessione, "amore" (passione, sesso, desiderio, bramosia, quello che volete), follia. E onore.

Personalmente, questo protagonista non mi è piaciuto granché. L'ho trovato antipatico, fastidioso, eccessivamente orgoglioso, bramoso di potere: vuole a tutti i costi sottomettere la persona che si trova di fronte ma, al rifiuto di quella, si sottomette lui stesso cinque minuti dopo. Un maniaco, per l'appunto invasato da quello che lui chiama amok, ma che io ho visto solo come una specie di perversione sessuale. Avrei voluto mutilarlo del pene, 'sto porco.
Vero protagonista del racconto dovrebbe essere l'amok, ma dal mio punto di vista è l'uomo. Un uomo peraltro abbastanza comune, che si nasconde dietro l'amok per non dire chiaramente «faccio schifo, sono un normalissimo maniaco che si lascia guidare dal proprio organo sessuale».
Il narratore/ascoltatore, invece, non ha una vera personalità. Sta lì solo per farsi raccontare la vicenda, sulla quale non esprime nemmeno opinioni. Alla fine ho avuto un sospetto che, se fondato, l'avrebbe reso più interessante. Ma non era fondato.

Detto ciò, voglio chiarire che – fin qui non si direbbe – il libro mi è piaciuto e mi ha coinvolto tantissimo. Ho odiato il protagonista, ma amo Zweig e il modo in cui scrive. Ho scoperto da poco questo autore e trovo il suo stile meraviglioso.
Le descrizioni sono accurate, il ritmo incalzante, e infatti ho divorato il racconto in pochissimo tempo. Così è stato con tutti i libri che ho letto di Zweig: in nessun caso ho trovato la trama particolarmente coinvolgente, o i personaggi interessanti, anche se comunque le loro emozioni – che sono poi le emozioni di ogni essere umano – sono rese con una maestria propria di ben pochi autori; ma lo stile è così perfetto che viene voglia di leggerne ancora, e ancora, fosse anche solo per gustarsi le parole che si inseguono in maniera così sapiente.

Quindi tanto di cappello a Zweig (e al traduttore, che al momento non sono in grado di citare perché, ahimè, non mi preoccupo mai nemmeno di leggerne il nome).

LA STRANA BIBLIOTECA – Haruki Murakami

Voto: 3/5

Ragazzino va in biblioteca a restituire dei libri, viene spedito nei sotterranei dove scopre delle cose strane, compreso il suo destino, e conosce personaggi altrettanto strani che non si capisce se esistano davvero oppure no.

Ora, il ragazzino sembra un po' scemo a tratti. Racconta cose spaventose come se fossero solo fastidiose ma nella norma, assiste alla violenza con un atteggiamento del tipo "che noia, voglio tornare a casa". Ha delle preoccupazioni ben poco realistiche, perché si ritrova in una situazione assurda, che dovrebbe come minimo sconvolgerlo, gli viene rivelata la brutta fine che farà, e lui pensa a sua madre che si deprimerà non vedendolo tornare puntuale per la cena, oppure alle scarpe che non riuscirà a recuperare.
Gli altri personaggi sono altrettanto strani, ma immagino sia una cosa voluta, anche perché – presumo – vogliono rappresentare cose diverse.

Lo stile è a volte intenzionalmente ripetitivo, cosa che a me non dispiace ma ad altri potrebbe risultare fastidioso.
Non saprei come classificare questo racconto. Inizialmente mi pareva volesse essere una specie di horror, ma non lo è. In molti definiscono le storie di Murakami "oniriche". È un aggettivo che non mi piace e che non uso abitualmente, ma credo che in questo caso sia il più adatto. Tutto il racconto sembra un sogno, le descrizioni sono abbastanza vivide da provocare disgusto ma anche confusione, talvolta. Sembra che le immagini si sovrappongano e si mescolino e, se devo dire la verità, il senso di tutto questo io non l'ho capito.

La lettura è stata interessante, ma di che si tratta esattamente? Vuole essere un'allegoria, qualcosa di metaforico? Io davvero non l'ho capito, sarebbero gradite delucidazioni.

LA PERGAMENA PERDUTA – M.P. Black

Voto: 3/5

Luca e Sara, gemelli di circa dodici anni, e stranamente italiani, viaggiano nel tempo, combattono contro il male e si innamorano (no, non tra di loro!), ovviamente ricambiati. La fine è abbastanza scontata.
Il fantasy non è decisamente il mio genere, e questo romanzo è destinato a un pubblico che abbia meno della metà dei miei anni, ma secondo me ha un intreccio più carino rispetto a molti altri libri fantasy. Almeno non ci sono vampiri.
I personaggi sono descritti abbastanza bene ma piuttosto sempliciotti; del resto hanno dodici anni, quindi va bene così. Più che altro sono tutti bellissimi e pieni di qualità ammirevoli, cosa sicuramente meno verosimile ma ancora una volta legittima a causa del genere letterario e del target. Il romanzo è ambientato tra i nostri giorni (o quasi: siamo nel 2011) e il Medioevo, e ho trovato Sara, la protagonista femminile, una perfetta donzella medievale: arrossisce ogni cinque minuti, urla spaventata a ogni minimo stimolo visivo, se ne sta in attesa di essere salvata e protetta dal fratello o dal fidanzato. Solo che in realtà lei vive nel 2011.
Lo stile è la nota dolente di questo romanzo. Purtroppo ho trovato diversi errori (il primo dei quali nella prima pagina, e se già comincia così male...) e, in più, a volte i dialoghi sono troppo banali, soprattutto nelle scene romantiche. Ripeto per l'ennesima volta: dovrebbe essere destinato a un pubblico di ragazzini, e magari anche io l'avrei apprezzato di più se non fossi lontana ormai anni luce dal target, ma avendo l'età che ho devo sottolineare determinate cose.
Tutto sommato, comunque, con le dovute limitazioni, l'ho apprezzato. Ha fatto il suo dovere: mi ha intrattenuto e mi ha distratto qb dopo la lettura del(l'inizio del) Paradiso delle signore.