TEQUILA A COLAZIONE – Erica Orloff

Titolo: Tequila a colazione
Autore: Erica Orloff
Traduttore: A. Romeo
Copertina flessibile : 234 pagine
Editore: Mondadori

Questa recensione è del tutto inutile, perché Tequila a colazione non si trova più neanche in giro. Ma Erica Orloff ha scritto altri romanzi e io vi consiglio di starne alla larga.

Quando ero giovane amavo la chick-lit. Tuttora non mi dispiace, alcuni libri sono carini e possono essere ottimi tappabuchi quando non si ha voglia o energia per leggere cose più impegnative. Questo libro, tuttavia, non lo consiglierei nemmeno per quello. È solo stupido.

I temi sono quelli ricorrenti nella chick-lit:

  • Amore e solitudine. La protagonista Cassie ha seri problemi con l'amore, ad accettarlo e a darlo, e in più ha una sorta di relazione a distanza con un uomo mai incontrato dal vivo.

  • Letteratura. Cassie è una editor – mestiere molto quotato tra le protagoniste della chick-lit, chissà perché – e ha a che fare con scrittori, giornalisti, grandi capolavori della letteratura e romanzetti da quattro soldi che però vendono un sacco.

  • Famiglia. Sì, ha anche una difficile situazione familiare. Anche se in realtà lei la rende più difficile di quanto non sia.


I personaggi fanno schifo. Le descrizioni sono appena sufficienti, quanto basta per immaginare in modo vago l'aspetto di ognuno. Caratterialmente sono tutti uguali, e Cassie è intollerabile. È sboccata, volgare, maleducata e per niente professionale. Risponde male a tutti senza motivo, deve fare per forza la dura anche se non c'entra niente. Dalle reazioni degli uomini si direbbe che è sexy e molto femminile, perché ovviamente tutti la adorano, ma non si capisce perché: in realtà sembra uno scaricatore di porto, ed è anche molto inopportuna. È un'accozzaglia di cose casuali che insieme non fanno una personalità.

Michael, l'"eroe" maschile, non ha nulla di interessante ed è pure sdolcinato, e neanche in modo carino. Nessuno ha molto senso tranne, forse, Maria, che comunque non è un personaggio molto rilevante.


Nemmeno lo stile ha qualcosa di buono. È molto semplice e vuoto, pieno di parolacce, come in uno sforzo di sembrare... boh, forse giovanile? I personaggi danno nomi propri agli oggetti, cosa che personalmente trovo rivoltante, soprattutto se non sono neanche nomi originali.

Le descrizioni sono praticamente assenti, mentre i dialoghi sono numerosi, ma troppo cretini per risultare credibili.

Uno dei pregi della chick-lit è che dovrebbe divertire, almeno far sorridere ogni tanto. Invece qui il senso dell'umorismo è forzato e pessimo, si percepisce lo sforzo di sembrare simpatico ma non fa ridere neanche i polli.

Va be'. Leggete qualcosa di meglio, per favore.

IL DOTTOR SEMMELWEIS – Louis-Ferdinand Céline

Il dottor Semmelweis - Louis-Ferdinand Céline
Titolo: Il dottor Semmelweis
Autore: Louis-Ferdinand Céline
Traduttore: O. Fatica, E. Czerkl
Copertina flessibile: 136 pagine
Editore: Adelphi (1975)
Prezzo: 11,40 €

So che Louis-Ferdinand Céline è molto amato ma, a essere sincera, io ho trovato Il dottor Semmelweis piuttosto noioso.
Si tratta della biografia del suddetto dottor Ignác Fülöp Semmelweis, il quale "umanamente era un maldestro" ma, a quanto pare, era pure alquanto brillante. Semmelweis studiò e scoprì le cause della febbre puerperale, di cui morivano fin troppe partorienti.
La sua scoperta oggi sembra banale: lui fu il primo a capire che a contagiare le pazienti erano gli studenti e gli stessi medici con le loro mani infette. Era dunque sufficiente lavare con cura o disinfettare le mani prima degli interventi perché il tasso di morte tra le partorienti calasse drasticamente. Nonostante il successo tangibile di questa banalissima tecnica, il povero dottore – come del resto tutti i geni – incontrò l'opposizione e perfino l'odio della quasi totalità dei medici suoi contemporanei, il che lo portò dritto tra le braccia della pazzia e poi della morte.

Qui non si può parlare di personaggi, innanzi tutto perché sono persone realmente esistite, e poi perché comunque i caratteri sono ben poco importanti. Quello che conta è la vicenda in sé, la scoperta di Semmelweis e il fatto che sia stata così osteggiata senza un vero motivo. Una nota di merito va alla perseveranza del dottore, il quale avrebbe potuto scegliere di lavarsene le mani (ahah) e mandare al diavolo tutti; invece si avvelenò il sangue per tutta la vita pur di portare avanti la sua causa.

Lo stile mi ha lasciato molto perplessa. La vicenda di per sé è anche interessante, ma la scrittura non è riuscita a prendermi. All'inizio del libro l'autore stesso dice che ciò che importa è il contenuto e non la forma, ma in verità la forma è così pretenziosa da affossare il contenuto (anche se questa è una sensazione che ho avuto solo nella prima parte). In ogni caso non ho niente da dichiarare, non posso riconoscere alcuna buona qualità alla scrittura di Céline, mi ha solo annoiato molto.
Non so, perciò, se consiglierei il libro; come ho detto, il contenuto è interessante e il libro breve, perciò non si tratta di un gran sacrificio. Ma di sicuro avrebbe potuto essere raccontato in modo più coinvolgente.

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PAPÀ GORIOT – Honoré de Balzac

 

Papà Goriot - Honoré de Balzac

Titolo: Papà Goriot

Autore: Honoré de Balzac

Traduttore: E. Klersy Imberciadori

Editore: Garzanti (2015)

Copertina flessibile: 309 pagine

Prezzo: 7,65 €


Da tempo volevo leggere Honoré de Balzac e, complice una promozione, mi sono convinta ad acquistare Papà Goriot, uno dei suoi romanzi più famosi. Vi dico subito che mi è piaciuto.

Vediamo quali sono i temi trattati in questo libro:

  • Società, di cui Balzac fa un bel ritratto. "Bel" si fa per dire: questa società non ne esce molto bene, ma il ritratto è bello in quanto realistico e molto chiaro. Come spesso succede nei classici, vengono messe in luce tutte le sfaccettature peggiori: l'importanza attribuita allo status, i pregiudizi nei confronti delle persone meno importanti – peggio ancora se decadute da una posizione precedentemente più alta –, i tentativi di scalata sociale perché quello è l'obiettivo della vita.

  • Denaro. Tema strettamente collegato al precedente, perché se non sei ricco non sei nessuno. È il denaro che ha fatto prima la fortuna e poi la sfortuna del povero Goriot, e non a caso è proprio lui a dire che "il denaro procura tutto, perfino delle figlie".

  • Amore, che fa acqua da tutte le parti perché, in accordo con quanto sopra, è ovviamente un amore superficiale, che dipende da cose senza importanza. Fa eccezione l'amore paterno di Goriot per le figlie, che addirittura eccede nel senso opposto.


I personaggi sono descritti in maniera minuziosa, risultano perfettamente visibili da un punto di vista estetico, e sono molto ben definiti anche i caratteri e i modi di fare. Nei dialoghi sono riconoscibili ancora prima che venga chiarito di chi si tratta.

Sono quasi tutti stronzi, ma non in modo piatto, perché ognuno lo è a modo suo. Quelli che non sono stronzi sono stupidi e si fanno infinocchiare dagli altri. Le donne sono quasi tutte pessime, non certo esempi da seguire.

Goriot è commovente ma anche stucchevole, perché il suo amore è davvero eccessivo, cieco, patetico.


Lo stile è molto bello, ma su questo non avevo dubbi. La scrittura è elegante e fluida, non pesante. Le descrizioni sono lunghe e minuziose – cosa che non tutti apprezzano –, rese più efficaci da metafore, e i dialoghi sono anch'essi molto efficaci: rendono più immediato il racconto e, come ho detto prima, ancora più chiare le personalità dei personaggi, che risultano autentici e riconoscibili nel loro modo di parlare.

Papà Goriot è non a caso un grande classico, e ovviamente non posso fare altro che consigliarvelo.


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LA LUNGA NOTTE DEL DOTTOR GALVAN – Daniel Pennac

La lunga notte del dottor Galvan - Daniel Pennac
Titolo: La lunga notte del dottor Galvan
Autore: Daniel Pennac
Traduttore: Y. Mélaouah
Copertina flessibile: 80 pagine
Editore: Feltrinelli
Prezzo: 6,65 €

Ho sempre sentito parlare – ovviamente – di Daniel Pennac, ma non avevo mai letto nessuna delle sue opere. La lunga notte del dottor Galvan mi ha deluso, devo dire. L'ho trovato piuttosto stupido e inutile e non ho capito dove volesse andare a parare. Ma so di essere io ad avere qualche problema con i libri (a modo loro) spiritosi, grotteschi o demenziali. Non capisco se devo cercare qualche significato nascosto o se sono scritti per divertire, considerato che io non mi diverto affatto.
Comunque. Se vogliamo fingere che questo libro abbia un vero contenuto e quindi estrapolare dei temi, citerei la vanità insieme all'incompetenza, un'accoppiata che noi tutti conosciamo molto bene in questo momento storico. E poi boh, la medicina? Non lo so davvero.

Nota di originalità, i personaggi sono "caratterizzati" (si fa per dire, anche perché quasi tutti compaiono per brevi momenti) dai loro biglietti da visita: dal loro contenuto e dal loro stile, dalla quantità di parole e così via. Attraverso i biglietti intravediamo la personalità e soprattutto l'ego di ogni personaggio.
L'azione però è poca e non molto incisiva: si tratta di medici, sono molti e si susseguono velocemente, ma ognuno di loro si limita a fare una diagnosi e fine della storia. Il protagonista, Gerard Galvan, è anche piuttosto antipatico.

Lo stile... Non lo so. Vista la fama di Pennac mi aspettavo qualcosa di molto più bello. Forse il libro non mi è piaciuto proprio a causa delle mie aspettative. Fatto sta che non mi è sembrato niente di che, è un libro che avrebbe potuto scrivere chiunque si creda simpatico senza esserlo. Mi dispiace stare qui a lamentarmi di un autore così amato, ma io non sono riuscita a trovarci niente. Forse è ironico; forse nasconde perle di saggezza camuffate che a me sono sfuggite; forse Pennac fa uso di sottigliezze troppo acute per il mio cervello. Non lo so, io vi posso solo ripetere che a me non è piaciuto. Pazienza.

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Se volete insultarmi, invece, potete usare i commenti.

IL VIAGGIO NEL PASSATO – Stefan Zweig

 

Il viaggio nel passato

Titolo: Il viaggio nel passato

Autore: Stefan Zweig

Traduttore: A. Ruchat

Editore: Ibis (2012)

Copertina flessibile: 84 pagine

Prezzo: 7,60 €


Non spenderò molte parole per parlare del Viaggio nel passato di Stefan Zweig, che tra l'altro è anche brevissimo. Ho detto tante altre volte che amo follemente questo autore; il libro in questione non mi ha forse colpito quanto altre sue opere, ma in realtà non è da meno e credo che lo rileggerò presto.

Il tema fondamentale è l'amore: un amore interrotto dalla guerra e mai soddisfatto, poi ritrovato e che, nonostante questo, lascia comunque quell'insoddisfazione, quella sensazione di incompiuto. Un amore che è più vivo nei pensieri e nelle idee che non nei fatti concreti. L'amore con le sue dinamiche di potere e schiavitù.


I personaggi, com'è tipico di Zweig, non sono descritti in modo molto approfondito da un punto di vista estetico, perché non avrebbe senso e sarebbe superfluo. Zweig indaga la psicologia dei personaggi, ritrae in modo magnifico le loro emozioni, i loro stati d'animo e le relative manifestazioni, gli sguardi e i gesti. Non ci dice esattamente come appaiono, eppure possiamo immaginarli senza alcuna difficoltà: questo è il grande talento dell'autore.


Sullo stile di Zweig non potrei mai avere nulla da ridire perché è perfetto. Scrittura meravigliosa, coinvolgente e scorrevole ma mai vuota, anzi pregna di significati e di sostanza. Perfette anche le descrizioni. Le poche presenti, cioè.

Zweig è uno dei pochissimi autori di cui leggerei veramente tutto, perché so che ne vale sempre la pena anche solo per la sua prosa.

Purtroppo questa edizione fa schifo, ma mi pare non ce ne siano altre in giro. Il testo è pieno di refusi, alcune parole sono del tutto mancanti e la punteggiatura è messa a caso. Non so come si faccia a pubblicare roba così, capisco che errare è umano ma non ci vuole molto a revisionare un testo così breve. Comunque.


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A LONDRA – Henry James

A Londra, Henry James
Titolo: A Londra
Autore: Henry James
Traduttore: U. Bonanate
Copertina flessibile: 78 pagine
Editore: Lindau (2015)
Prezzo: 9,59 €

A Londra è un breve saggio di Henry James, perciò partiamo dal presupposto che non ha una trama e che quindi non è il genere di libro che leggo di solito, dato che prediligo i romanzi o comunque la fiction.
Detto questo, il titolo lascia poco all'immaginazione: si tratta di un saggio su Londra, praticamente una lunga e dettagliata descrizione della città. Una descrizione non proprio imparziale, perché i sentimenti dell'autore nei confronti di questa città trapelano da ogni parola.
Henry James era palesemente innamorato di Londra, le riconosceva un numero infinito di difetti, eppure l'amava nonostante quelli e, anzi, dice in modo molto chiaro che sarebbe impossibile amare Londra senza amare anche i suoi difetti. In realtà a tratti si direbbe una specie di amore-odio, perché James dice addirittura che "a Londra non si può essere felici", ma alla fine quello che viene fuori è un profondo affetto, anche nei confronti degli aspetti negativi.

Il saggio è scritto molto bene, non credo che qualcuno possa avere dubbi a riguardo. Le descrizioni – praticamente tutto il libro – sono ottime, con bellissime similitudini, ricche di particolari e, come ho detto, di tutto l'affetto che l'autore nutre per la città. Lui non perde occasione di sottolineare gli innumerevoli difetti della città, oserei dire che quasi la insulta, eppure la ama profondamente.
Tuttavia, purtroppo, il suo amore non è contagioso, o almeno non è riuscito a contagiare me. È impossibile non percepirlo, però non si riesce a provare lo stesso entusiasmo durante la lettura. Al contrario, per quanto mi riguarda mi sono annoiata. Per fortuna il saggio è breve, quindi non risulta troppo pesante e si può leggere tranquillamente. Dal mio punto di vista, però, non ne vale la pena, a meno che non amiate già Londra e allora, forse, parteciperete dei sentimenti di Henry James.

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I BUDDENBROOK – Thomas Mann

 

Titolo: I Buddenbrook

Autore: Thomas Mann

Traduttore: M. C. Minicelli

Editore: Newton Compton Editori (2018)

Copertina rigida: 484 pagine

Prezzo: 4,65 €


Nonostante la sua fama e la sua importanza, non ho letto molto di Thomas Mann, ma devo dire che I Buddenbrook mi è piaciuto moltissimo, non tanto per la trama quanto per la scrittura, di cui parlerò dopo.

Vediamo prima i temi:

  • Denaro, e in generale agiatezza e condizione sociale. La famiglia Buddenbrook se la passa molto bene da un punto di vista economico, almeno fino a un certo punto, e questo è cruciale nella vita di ogni suo membro.

  • Famiglia. Piuttosto ovvio, dato che il romanzo segue le vicende di una famiglia per quattro generazioni, mettendo in luce le relazioni tra genitori e figli, tra fratelli, tra coniugi. E, relativamente a questi ultimi, ampio spazio ha appunto anche il tema del matrimonio con tutti i suoi accessori: obblighi sociali e convenienza, infelicità domestica, divorzio.

  • Reputazione. Tanto più che sono ricchi, i Buddenbrook tengono molto alla propria reputazione, a quello che pensano gli altri. Peccato che in realtà non riescano bene a mantenerla, in particolare Christian e Tony, che la macchiano ripetutamente e pure in modi alquanto eclatanti.

  • Educazione, soprattutto nella parte finale che riguarda Hanno, l'ultimo rampollo della famiglia. In particolare si parla di un'educazione alla virilità, all'essere uomo: quella che Thomas vorrebbe impartire al figlio, la stessa che molti genitori, ancora oggi, dovrebbero imparare a considerare scorretta e deleteria.

In realtà i temi sono tantissimi. Ne elenco qualcun altro, anche se non spenderò altre parole a riguardo: politica, salute e malattia, morte, arte, ruoli e aspettative.


Le descrizioni dei personaggi sono magnifiche, soprattutto quelle dei particolari ridicoli che li rendono perfettamente umani. E anche i caratteri sono chiarissimi ed evidenti. Più che dalle personalità, tuttavia, i personaggi sono caratterizzati dai loro valori: per alcuni possono essere l'amore e la famiglia, per altri il denaro e il lavoro e così via, e questo porta inevitabilmente anche ai più interessanti tra i dialoghi  ovvero scontri  presenti nel romanzo. Tra l'altro, la personalità non è importante quanto il decoro e la reputazione, quindi lasciamola pure da parte.

Gli uomini, comunque, ne escono malissimo. I personaggi maschili di questo romanzo sono irritanti e intollerabili, proprio perché sono raccontati così bene anche coi loro palesi difetti. Solo Hanno si salva, e il fatto di non essere come gli altri gli viene anche rimproverato e rinfacciato come se fosse un male.

Alle donne invece va un po' meglio, nonostante i difetti che, ovviamente, hanno anche loro. Ma almeno non fanno schifo.


Lo stile, come dicevo all'inizio, è il maggior pregio di questo romanzo. È una scrittura piena, densa ed elegante. Le descrizioni sono perfette, ricchissime di dettagli ed estremamente minuziose, coinvolgono tutti i sensi: sembra davvero di vedere e percepire tutto; anzi di più, perché quando guardiamo qualcosa ci perdiamo un sacco di dettagli che, invece, nelle descrizioni di Mann abbondano, come anche similitudini e metafore che rendono il tutto ancora più vivido.

Lo stile è anche vario, perché alcuni intervalli di tempo vengono condensati nella corrispondenza epistolare tra diversi personaggi e gli eventi, quindi, raccontati con lo stile personale di chi scrive in quel momento.

I picchi stilistici (e concettuali) più alti vengono raggiunti, a mio avviso, nel discorso di Tony sulla dignità e nelle riflessioni di Thomas alla fine della sua vita.

Insomma, I Buddenbrook è decisamente un libro che vale la pena di leggere.


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L'UMILIAZIONE DEI NORTHMORE – Henry James

L'umiliazione dei Northmore, Henry James
Titolo: L'umiliazione dei Northmore
Autore: Henry James
Traduttore: E. Giachino
Copertina flessibile: 44 pagine
Editore: Elliot (2017)
Prezzo online: 4,99 € (ebook)

L'umiliazione dei Northmore è un racconto di Henry James, autore celeberrimo che io non avevo ancora mai letto. Non mi ha dato grandi soddisfazioni, ma si tratta solo di un breve racconto, sono ancora curiosa di leggere qualcosa di più sostanzioso.
Il tema fondamentale dell'Umiliazione dei Northmore è la rivalità tra due uomini, appunto Lord Northmore e il signor Hope che, a differenza del primo, non è mai riuscito ad affermarsi nella vita e nella carriera, pur essendo più intelligente. Entrambi muoiono all'inizio del racconto; la rivalità e l'ingiustizia vengono raccontate dal punto di vista della vedova Hope, che le vive in maniera bruciante, a quanto pare molto più del marito.
La rivalità tra i due uomini si trasferisce quindi sulle mogli. Mrs Hope vorrebbe tanto umiliare Mrs Northmore, nonché il ricordo del suo insulso e celebre marito, e in realtà non ne avrà neanche bisogno, perché ci penseranno da soli.
Ho trovato il finale insoddisfacente, e in generale credo che la storia potesse essere sviluppata in maniera molto più approfondita. In altre parole, è uno di quei casi in cui un libro mi sembra troppo breve e vago. Incompleto.

L'unica vera protagonista del racconto è Mrs Hope. Il presente e il passato sono interamente raccontati dal suo punto di vista, e gli altri personaggi vivono nel libro solo in virtù dei sentimenti di lei nei loro confronti. Sono quindi delle figure quasi indistinte, mentre lei è caratterizzata molto bene, proprio tramite la forza delle sue emozioni: l'invidia, il senso di ingiustizia, il desiderio di vendetta, il risentimento nei confronti non solo dei Northmore, ma anche di tutti coloro che in qualche modo hanno favorito l'affermazione sociale di Lord Northmore e, anche dopo la sua morte, continuano a mostrare il loro rispetto per il defunto assecondando con entusiasmo la vedova. È facile sentirsi partecipi e solidali nei confronti della signora Hope.
Sono invece assenti le descrizioni fisiche.

Lo stile di Henry James è molto scorrevole, pulito e lineare, ma anche piuttosto vuoto. Non c'è nulla da segnalare, si fa leggere con piacere ma non c'è un solo periodo, una sola parola che io abbia trovato apprezzabili. E mi dispiace.
Voglio sottolineare ancora una volta, tuttavia, che il libro è davvero breve, e mi sembra un po' poco per poter valutare lo stile dell'autore.
Nel frattempo posso solo dirvi che questa è stata una lettura piacevole e che di sicuro leggerò altro di Henry James.

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STORIA DI UNA CAPINERA – Giovanni Verga

Storia di una capinera

Titolo: Storia di una capinera

Autore: Giovanni Verga
Copertina flessibile : 145 pagine
Editore : Mondadori (2004)
Prezzo: 8,55 €


Storia di una capinera di Giovanni Verga è uno dei pochissimi classici italiani che mi piacciano. È un romanzo molto delicato e struggente, in cui l'autore, da uomo, ha saputo rappresentare molto bene la sensibilità di una ragazza di vent'anni, Maria, costretta a prendere i voti perché "di troppo" nella nuova famiglia del padre vedovo.

Alcuni temi del romanzo:

  • Reclusione e libertà. Per l'appunto, Maria è costretta alla clausura, a cui sfugge per un breve periodo a causa del colera. E in questo periodo assaporerà la libertà, l'amore, il risveglio dei sensi, in un crescendo che si rivelerà però deleterio, dato che a quella libertà dovrà presto rinunciare ancora.

  • Famiglia. Maria descrive la sua famiglia da un punto di vista praticamente esterno perché, per quanto lei ne faccia ufficialmente parte, in realtà ne è tagliata fuori. La sua vera famiglia erano il padre e la madre prima che quest'ultima morisse; col nuovo matrimonio del padre, nonostante la matrigna e i fratelli acquisiti, Maria una famiglia non ce l'ha più.

  • Amore. Un amore descritto in tutte le sue fasi attraverso le sensazioni di Maria, prima ancora che lei stessa se ne renda conto. Questo, per quanto mi riguarda, è il maggior merito di questo romanzo, e quindi di Verga: la descrizione dettagliata delle manifestazioni fisiche e psicologiche dei sentimenti. Purtroppo si tratta di un amore proibito, infelice, e quindi di un dolore talmente insopportabile da sfociare nella follia.


L'unico personaggio degno di nota è la stessa Maria. Storia di una capinera è un romanzo epistolare e tutto quello che sappiamo lo leggiamo dalle lettere di Maria: il suo punto di vista, la sua percezione delle cose, sono tutto ciò che conta.

È un personaggio notevole: è viva, esplode di emozioni e sensazioni che, come ho detto, si trasmettono al lettore in tutta la loro potenza. Nella prima parte del romanzo è sempre felice, grata di tutto quello che ha, perfino quando viene trattata ingiustamente. Perdona tutti, ama la vita in modo genuino. E la sua metamorfosi nel corso della storia è graduale, molto verosimile e struggente.

Tutti gli altri invece sono figure vaghe e solo funzionali, di contorno. Quasi quasi le personalità degli animali sono più definite di quelle umane.


Lo stile è bello e di lettura molto facile (anche se il linguaggio è un po' antiquato, in particolare l'uso – reiterato all'infinito – di "allorché"), appunto perché si tratta delle lettere di una diciannovenne ingenua e sempliciotta. L'uso dei puntini di sospensione e dei punti esclamativi è eccessivo ma, per lo stesso motivo di cui sopra, non si può sindacare nemmeno su questo, perché ognuno sarà pur libero di scrivere le sue lettere col proprio stile personale.

Le descrizioni ambientali sono molto vivide, piene dell'entusiasmo con cui Maria percepisce ogni cosa; così come sono molto dettagliate quelle dei suoi sentimenti, della nascita e dello sviluppo di quello che prova per Nino.

Non ci sono dialoghi lunghi o rilevanti, più che altro lei si limita a riportare qualche frase di particolare interesse.

Storia di una capinera è un grande classico che merita decisamente di essere letto, e in più lo consiglierei come primo approccio con l'autore. Del resto è il suo primo romanzo.


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IL SEGRETO DEL MALE – Craig Russell

 

Il segreto del male - Craig Russell

Titolo: Il segreto del male

Autore: Craig Russell

Traduttore: A. Russo

Editore: Piemme (2020)

Copertina rigida: 480 pagine

Prezzo: 17,95 €


Il segreto del male di Craig Russell ha una trama che potrebbe essere molto interessante, ma nel complesso mi ha alquanto deluso.

Essendo un thriller dovrebbe tenere col fiato sospeso, cosa che nel mio caso non è riuscito a fare, nonostante non manchino parti che trasmettono inquietudine.

Tra i temi trattati troviamo

  • Malattia mentale, e in particolare il disturbo dissociativo dell'identità. Gli argomenti psichiatrici mi interessano sempre molto, ma qui il disturbo viene trattato in modo fantasioso, con attenzione al lato cattivo dei pazienti, secondo lo stereotipo per cui chi soffre di questo disturbo avrebbe personalità divise tra "buone" e "cattive". A tal proposito:

  • "Il male", anch'esso trattato in modo molto banale, come dire "il diavolo": un'entità ben definita e quasi mitologica che incombe su tutti noi. Per favore.

  • Nazismo. Ecco, questo sì che è un vero male, e l'autore avrebbe potuto approfittarne per approfondire il discorso, invece l'ha messo di sfondo e non se n'è occupato granché.


Per quanto riguarda i personaggi, ho trovato il protagonista Viktor ben poco credibile sin dalle prime pagine. Se uno psichiatra cercasse, come lui, di far ragionare i pazienti in maniera razionale, per me andrebbe radiato dall'albo. Se sei uno psichiatra, il minimo sindacale è che consideri la malattia mentale per quello che è, e che quindi tu sappia che non ha nulla di razionale.

Ad ogni modo, le descrizioni fisiche sono discrete e, più che le personalità, sono chiare le emozioni dei personaggi. Vojtech Skala, il più pericoloso dei pazienti, potrebbe essere un personaggio molto valido, anche con una storia interessante, invece si riduce a una macchietta che ripete sempre le stesse frasi e non incute alcun terrore.


La scrittura è molto scorrevole e non stanca, anche se il romanzo è piuttosto lungo. Le descrizioni sono belle ed efficaci e i dialoghi sono molto presenti, perché i personaggi raccontano in prima persona le proprie storie. Si tratta di colloqui terapeutici. In molti casi sono più che altro monologhi.

Nel complesso, purtroppo, il romanzo non riesce a essere inquietante come dovrebbe. Un'idea sprecata, che poteva essere sviluppata molto meglio. Tra l'altro ho trovato la risoluzione alquanto scontata e prevedibile.

Comunque. Come lettura d'evasione può andare bene.


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ARMADALE – Wilkie Collins

 

Titolo: Armadale

Autore: Wilkie Collins

Traduttore: D. Paladini

Copertina rigida: 668 pagine

Editore: Newton Compton (2016)

Prezzo: 4,65 €


Sono molto soddisfatta della mia decisione di leggere Wilkie Collins, e Armadale, il secondo tra i suoi romanzi che ho scelto di leggere, mi è piaciuto anche molto più del primo, Le foglie cadute (recensito qui). Qui l'intreccio, costruito soprattutto tramite i fraintendimenti tra i personaggi, è più complesso e ancora più avvincente.

Quali sono i temi trattati in questo romanzo?

  • Ereditarietà del male e delle colpe, che dai padri ricadono sui figli. È la maledizione che perseguita i due protagonisti e alimenta tutte le loro vicende. In modo molto più generico si parla di rapporti familiari e di "parenti serpenti".

  • Superstizione, destino, passato che si ripete. Tema strettamente collegato al primo: basterebbe non crederci e tutta la trama crollerebbe.

  • Scienza vs misticismo. È solo uno il passo in cui vengono messi a confronto in modo esplicito, ma tutto quello che succede dopo ha in qualche modo a che fare con questo. Come dicevo prima, tutto dipende dal significato, appunto mistico oppure scientifico, che si sceglie di attribuire alle cose.

Il tutto è infiocchettato da buoni sentimenti, lealtà, amicizia e amore. In realtà però anche qui c'è l'altra faccia della medaglia: l'amore non è affatto buono, perché sembra che tutti – anche i personaggi migliori, i cui sentimenti sono puri e onesti – si innamorino di Lydia Gwilt in modo ossessivo e annichilente, il che non è un bene per nessuno.


I personaggi di questo romanzo vengono presentati tramite ottime descrizioni fisiche, esaustive e vivide, e sono anche ben caratterizzati. Tanto che si vorrebbe prenderli a pugni perché, salvo poche eccezioni (Midwinter in particolare), sono davvero irritanti e/o viscidi.

Evidente è la personalità di Allan: svampito, impulsivo, a tratti sembra quasi affetto da ADHD. Resa ancora più lampante dalla contrapposizione con Midwinter, non a caso il mio personaggio preferito: introverso, misterioso e perfino tetro, una specie di reietto. A me piacciono sempre gli sfigati.

Lydia è ovviamente odiosa, falsa e manipolatrice come poche (mi viene in mente Milady dei Tre moschettieri, recensito qui), e si circonda di personaggi insopportabilmente viscidi come lei.

Come l'intreccio, anche i personaggi hanno qui un maggiore spessore e una maggiore complessità rispetto a quelli delle Foglie cadute, hanno dubbi e stati d'animo più sfaccettati e umani e sono tutti diversi tra loro.


Infine lo stile. Ancora un paragone con Le foglie cadute: in entrambi i romanzi la scrittura è molto coinvolgente e scorrevole, ma qui è più densa, il linguaggio è più ricco. Anche qui troviamo molti dialoghi e lettere, e quindi parte degli eventi è raccontata direttamente dai personaggi, con i loro personali modi di esprimersi e le loro emozioni che fanno da filtro. Tutto ciò contribuisce, tra l'altro, alla loro ottima caratterizzazione.

Le descrizioni sono bellissime, anche se c'è un punto in particolare che ho trovato leggermente noioso: un picnic raccontato un po' alla Jane Austen, ovvero un evento del tutto privo di interesse e pieno di particolari inutili. Però mette bene in luce la personalità di Pedgift junior, altro personaggio che ho molto apprezzato.

Tirando le somme, Armadale è un romanzo che mi è piaciuto davvero un sacco, e credo inoltre che possa andar bene un po' per tutti i gusti, quindi lo consiglio assolutamente.


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LA STANZA DI GIOVANNI – James Baldwin

La stanza di Giovanni - James Baldwin

 

Titolo: La stanza di Giovanni

Autore: James Baldwin

Traduttore: A. Clericuzio

Editore: Fandango Libri (2017)

Copertina flessibile: 221 pagine

Prezzo: 16,62 €


La stanza di Giovanni è il primo libro che ho letto di James Baldwin, e ho intenzione di leggerne altri. Se non altro per lo stile, che ho molto apprezzato.

Questo romanzo parla di un ragazzo che tenta di negare la propria omosessualità, tema ormai trito e ritrito ma sempre molto importante. C'è da dire che La stanza di Giovanni è stato pubblicato negli anni '50, perciò in realtà il tema non era ancora così all'ordine del giorno; e inoltre è stato scritto da un autore nero, che quindi sa bene cosa sia il pregiudizio.

Si fa presto a elencare i temi principali: sessualità, pregiudizi e lotta interiore; sessismo, misoginia, donne oggetto e violenza; morte (perlopiù procurata da altri, ovvero omicidio e pena di morte).


I personaggi sono chiarissimi, le descrizioni ottime e i caratteri scavati a fondo anche attraverso i dialoghi. Vengono mostrati (dal punto di vista del protagonista David) gesti, espressioni facciali, sguardi.

Sono tutti piuttosto squallidi, comunque. David in primis non mi è piaciuto per niente; capisco le sue difficoltà, ma non bastano a giustificare i suoi comportamenti. Giovanni è forse il personaggio migliore, quello più vivo, ma è anche patetico. Hella è imbarazzante e una pessima rappresentante del genere femminile, non tanto per le sue idee, ma per la facilità con cui le comunica al suo uomo palesemente sessista.


Lo stile mi ha coinvolto molto, la scrittura è semplice ma non povera, mi ha davvero assorbito. Ottimi soprattutto i dialoghi, da cui traspaiono alla perfezione le intenzioni dei personaggi, oltre che le loro idee e i loro sentimenti (quelli di Giovanni in particolare).

Come ho detto sono molto curiosa di leggere altro di James Baldwin. A dire la verità mi sono resa conto di non aver mai letto autori neri prima d'ora, il che è vergognoso, quindi d'ora in avanti cercherò di impegnarmi in questo senso.

Detto ciò, adieu.


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IL VISCONTE DI BRAGELONNE – Alexandre Dumas

Il visconte di Bragelonne - Alexandre Dumas

 

Titolo: Il visconte di Bragelonne

Autore: Alexandre Dumas

Traduttore: T. Monicelli

Editore: Newton Compton (2016)

Copertina rigida: 1283 pagine

Prezzo: 9,90 €


Il visconte di Bragelonne di Alexandre Dumas è il terzo libro del ciclo dei moschettieri ed è lunghissimo e bellissimo. Tutti e tre i libri sono stati per me una sorpresa: non avrei mai immaginato che potessero piacermi tanto, e questo è il più bello di tutti.

Come sempre, il maggior pregio dei romanzi di Dumas è la trama, estremamente coinvolgente e mai noiosa. Quindi io vi elencherò alcuni temi, ma in realtà contano poco perché l'importante è il racconto dei fatti. Comunque:

  • Storia, politica, potere. È un romanzo storico, non penso sia necessario dilungarsi su questo punto.

  • Dinamiche di corte, intrighi, etichetta, onore e conseguenti duelli e combattimenti per difenderlo.

  • Amore, spesso ostacolato da titoli e status sociale, ma anche influenzato da, o addirittura confuso con seduzione e potere. Per fortuna ci sono Raoul e Athos a sollevare la qualità del sentimento.

  • Onestà e inganno, fiducia, amicizia, che fin troppo spesso è però falsa e opportunista.

  • Morte.


I personaggi sono accuratamente descritti, e i modi di fare di ciascuno risultano chiari sin dalla prima apparizione. Anche le espressioni facciali sono ben visibili, le emozioni manifeste e, di conseguenza, i caratteri molto espliciti ed evidenti.

Le donne, come al solito, sono pessime e fanno davvero una magrissima figura, che siano ricche o povere, belle o brutte. Chi volesse insultare le donne in modo colto dovrebbe fare riferimento a Dumas.

Gli uomini non sono sempre molto migliori, ma ci sono alcuni gentiluomini esemplari, come Raoul e Athos, che sono davvero commoventi. Athos, serio, fermo e distinto, affidabile e onesto, rimane il mio preferito tra i quattro moschettieri. Ma qui mi ha commosso anche Porthos, che pure è relegato al ruolo di energumeno senza cervello per quasi tutta la durata della saga.

Luigi XIV mi ha fatto schifo. E, nonostante tutto, fino alla fine non sono riuscita ad affezionarmi a d'Artagnan. Pazienza.


Infine lo stile. Come ho sempre detto, Dumas scrive in modo molto appassionante e coinvolgente, tanto che anche un mattone di queste dimensioni riesce a rimanere interessante e a incuriosire fino alla fine. La scrittura è molto fluida e scorrevole nonostante le solite cerimonie e l'affettazione del linguaggio del tempo, e il testo è pieno di dialoghi che rendono il tutto più fluido e immediato, e che chiariscono ancora meglio i caratteri dei personaggi, perché da essi traspaiono tutte le loro emozioni e il loro fervore. Le descrizioni sono dettagliate e precise, alcune davvero bellissime, arricchite da similitudini poetiche e suggestive. Tutti gli ultimi capitoli sono molto commoventi, ma bellissimi e necessari per arrivare alla fine di questa storia.

Purtroppo questa edizione – l'unica disponibile in italiano – contiene molti errori e, soprattutto, la punteggiatura è usata proprio a caso.

Ad ogni modo vi consiglio assolutamente di leggere tutti e tre i libri e quest'ultimo in particolare. È una lettura che richiede molto tempo, ma ne vale la pena senza ombra di dubbio.


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IL GIARDINO DI CEMENTO – Ian McEwan

Il giardino di cemento - Ian McEwan

 

Titolo: Il giardino di cemento

Autore: Ian McEwan

Traduttore: S. Bertola

Editore: Einaudi (2015)

Copertina flessibile: 150 pagine

Prezzo: 10,92 €


Suppongo che Ian McEwan non faccia per me. Sorvolando sul Mio romanzo viola profumato (recensito qui), Il giardino di cemento è il suo terzo libro che non mi piace. Ho letto tante recensioni piene di entusiasmo, ma sinceramente non ho capito che cosa ci abbia trovato la gente di così interessante.

Le aree tematiche sono principalmente due:

  • Famiglia. Una famiglia disfunzionale, in cui i genitori non sono granché e a un certo punto muoiono (se volete aggiungiamo anche morte e lutto tra i temi, ma in realtà mi sono sembrati più un mezzo per parlare di altro). Ergo vediamo dei ragazzini adolescenti prematuramente alle prese con delle grosse responsabilità. Le gestiscono come possono, ovvero non le gestiscono.

  • Adolescenza, appunto. In particolare tutta la sfera della sessualità – sessualità che sfocia quasi nella perversione –, con annesse gelosia e competizione.

A dirvi la verità certe tematiche mi interessano molto, ed è proprio per questo che avevo deciso di leggere il libro, ma il modo in cui sono state trattate non mi ha convinta affatto. Va be'.


I personaggi sono descritti molto bene, forse anche troppo: certe cose avrei preferito non "vederle". Molto chiare anche le personalità, ben rese perfino le espressioni facciali.

Detto questo, comunque, Jack e Julie mi hanno alquanto disgustata, soprattutto lui. È il peggior esempio possibile di adolescente maschio: stupido, petulante, volutamente fastidioso, non si lava, puzza, vive in funzione dei suoi ormoni... insomma. Ma del resto mi sono sembrati quasi tutti piuttosto stupidi e senza senso. Resi ottimamente, per carità, ma non è il tipo di gente di cui mi piace leggere. Gli adolescenti preferisco immaginarli come Holden Caulfield o James Sveck. Intelligenti e tristi.


Per quanto riguarda lo stile, invece, devo riconoscere a McEwan i suoi meriti. Anche se a me non sono piaciuti, i suoi libri sono senza dubbio scritti molto bene. Bella scrittura, per niente povera e anzi molto coinvolgente, si lascia leggere con facilità ma in questo caso, sebbene il romanzo non sia molto lungo, a un certo punto mi ha stancata per tutti i motivi di cui sopra. E nemmeno una bella scrittura è riuscita a salvarlo.

Mi dispiace ma per me è bocciato.


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