IL MONDO DI IERI – Stefan Zweig

 

Il mondo di ieri - Stefan Zweig

Titolo: Il mondo di ieri

Autore: Stefan Zweig

Traduttore: L. Paladino

Editore: Garzanti (2014)

Copertina flessibile: 460 pagine

Prezzo: 9,50 €


Il mondo di ieri è praticamente l'autobiografia di Stefan Zweig. Come ormai sanno anche i muri, io adoro Zweig, ma finora avevo letto solo i suoi racconti, e questo libro è ovviamente molto diverso. Se prima lo amavo come autore, dopo aver letto questo gli voglio bene anche come persona.

Il mondo di ieri è l'Europa prima delle guerre mondiali, il mondo sereno in cui l'autore è cresciuto e vissuto tra i grandi artisti e pensatori che ha avuto la fortuna di incontrare prima che tutto andasse a rotoli.

Tra i temi, infatti, citerei:

  • Guerra. Se ne parla piuttosto avanti nel libro, perché l'autore descrive appunto il mondo prima della guerra, ma racconta anche la paura di questa e come cambi tutto.

  • Politica. Il nazismo e i comportamenti del gregge invasato, e poi la furbizia di Hitler. Zweig spiega il modo in cui questo è riuscito a manipolare la massa a poco a poco, un passo alla volta, perché se fosse andato lì ad annunciare direttamente il suo piano folle, forse, nessuno gli avrebbe dato retta.

  • Vienna. L'autore ci racconta come si viveva nella sua città quando era piccolo, l'educazione e l'istruzione che venivano impartiti a lui e ai suoi coetanei, ma anche, più in generale, come differissero le mentalità e gli stili di vita in luoghi diversi.

  • Arte e cultura, di cui tutta la sua vita è stata piena.

  • Amicizia e solitudine. I rapporti di amicizia hanno avuto un grande peso nella vita di Zweig, che parla di un'amicizia pura, vera e rara. Eppure solo pochissimi di quei rapporti si sono rivelati autentici al punto da sopravvivere alle differenze ideologiche e alla guerra. E lui, da ebreo, ha sperimentato anche la peggiore delle solitudini.


I "personaggi" sono persone vere. Alcuni sono i familiari e gli amici dell'autore, altri sono grandi personalità che tutti conosciamo almeno di nome.

Più che i caratteri vengono descritti i modi, le strategie di adattamento ai cambiamenti dell'epoca, che si riflettono anche nell'aspetto condizionato dalle mode, e nei valori, quasi sempre socialmente condivisi. Anche se i toni non sono polemici, l'autore si rendeva conto fin troppo bene di come tutti fossero dei pecoroni, insomma.

Si distinguono almeno in parte gli artisti, che risultano in un certo senso migliori. Una delle cose più interessanti di questo libro è che mostra personaggi famosi come esseri umani. Noi conosciamo la loro arte e le loro teorie, ma Zweig ce li mostra come persone. E, come suo solito, riesce a cogliere la loro essenza e ce la mostra con pochi tratti, permettendoci di vederli.


Lo stile è sempre ineccepibile (anche se in questa edizione ho trovato diversi refusi). La scrittura di Zweig è bellissima e trascina sin dalle prime pagine, resta scorrevole anche quando tocca argomenti pesanti. Scritto da un altro, lo stesso libro risulterebbe probabilmente noioso.

Nella prima parte del libro Zweig trasmette tutto il suo entusiasmo per la vita, per l'arte, per le sue passioni e, forse, proprio alla luce di tutto questo, la parte finale risulta invece molto angosciante.

L'orrore della guerra lo capiamo tutti anche senza averla vissuta in prima persona, ma dopo aver letto questo libro mi sento dispiaciuta a livello personale per Zweig, per l'atmosfera alienante in cui è vissuto, per gli amici che se ne sono andati, per la patria che gli è stata tolta da sotto i piedi. Non riesco neanche a immaginare come debba essersi sentita, di fronte a tutto questo, una persona con la sua sensibilità. A parole si può dire davvero poco.


Comunque. Il libro è qui: https://amzn.to/3vVAOhU

TARTARUGHE ALL'INFINITO – John Green

Tartarughe all'infinito - John Green
Titolo: Tartarughe all'infinito
Autore: John Green
Traduttore: B. Masini
Copertina rigida: 352 pagine
Editore: Rizzoli (2017)
Prezzo online: 12,35 €

Ho deciso di leggere Tartarughe all'infinito di John Green solo perché, per caso, ho scoperto che la protagonista Aza è affetta da OCD, il che mi ha incuriosito. Ma questo libro è stato per me un'enorme delusione.
Temi trattati da questo romanzo:
  • Ansia. Aza, appunto, ha un Disturbo Ossessivo Compulsivo ma, anche senza addentrarci in diagnosi e termini tecnici, diciamo che tutta la sua vita è dominata dall'ansia, in particolare dalla paura ossessiva di batteri e infezioni. Come ho già dichiarato in altre occasioni, i temi relativi alla salute mentale mi stanno molto a cuore, e ammetto che la condizione di Aza, come la sua consapevolezza di essere "pazza" e anormale, mi hanno toccato. Ma purtroppo questo non basta a fare di Tartarughe all'infinito un buon romanzo.
  • Famiglia. Le famiglie che compaiono nel libro sono tutte un po' disastrate, ognuna a modo suo, e i personaggi non si confrontano solo tra di loro, ma è come se ogni famiglia si confrontasse con l'altra relativamente a diversi punti (rapporti familiari, economia domestica, risorse eccetera).
  • Amicizia (e lealtà). In questo libro ha un peso maggiore rispetto all'amore, direi. Anche se nessuno dei due temi è trattato in maniera soddisfacente, secondo me.

I personaggi sono spenti. Non hanno personalità, tranne forse Daisy, l'unica con un po' di carattere e vivacità.
Anche la madre di Aza mi è piaciuta a tratti. In alcuni momenti ho pensato che le madri di figli con disturbi psichiatrici (ma anche solo le madri) dovrebbero essere tutte come lei. Tuttavia sto parlando solo dei comportamenti descritti in maniera diretta; per il resto anche lei sembra piuttosto vuota.
Nelle interazioni tra i personaggi non c'è traccia del benché minimo pathos e anche i dialoghi sono vuoti e scialbi.

A proposito di dialoghi, che dire dello stile? Niente più di quello che ho già detto. Scialbissimo anche quello. Le descrizioni dei personaggi non esistono (e okay, potrebbe essere una scelta legittima), quelle ambientali non si capiscono e sono insufficienti. Non c'è alcuna bellezza in questa scrittura.
Ho anche trovato molti errori e il linguaggio pseudo giovanile degli adolescenti è sgrammaticato, confuso e ridicolo, la punteggiatura usata a caso o non usata affatto, "tipo" ripetuto all'infinito. Molto fastidioso.
Il finale è l'apoteosi della scialberia e nel complesso il libro risulta noioso, cosa che proprio un libro per ragazzi non dovrebbe mai essere. Bocciato.

Se la mia recensione non vi ha scoraggiato e volete comprare comunque questo libro, potete trovarlo qui: https://amzn.to/2OcBqdW

TEQUILA A COLAZIONE – Erica Orloff

Titolo: Tequila a colazione
Autore: Erica Orloff
Traduttore: A. Romeo
Copertina flessibile : 234 pagine
Editore: Mondadori

Questa recensione è del tutto inutile, perché Tequila a colazione non si trova più neanche in giro. Ma Erica Orloff ha scritto altri romanzi e io vi consiglio di starne alla larga.

Quando ero giovane amavo la chick-lit. Tuttora non mi dispiace, alcuni libri sono carini e possono essere ottimi tappabuchi quando non si ha voglia o energia per leggere cose più impegnative. Questo libro, tuttavia, non lo consiglierei nemmeno per quello. È solo stupido.

I temi sono quelli ricorrenti nella chick-lit:

  • Amore e solitudine. La protagonista Cassie ha seri problemi con l'amore, ad accettarlo e a darlo, e in più ha una sorta di relazione a distanza con un uomo mai incontrato dal vivo.

  • Letteratura. Cassie è una editor – mestiere molto quotato tra le protagoniste della chick-lit, chissà perché – e ha a che fare con scrittori, giornalisti, grandi capolavori della letteratura e romanzetti da quattro soldi che però vendono un sacco.

  • Famiglia. Sì, ha anche una difficile situazione familiare. Anche se in realtà lei la rende più difficile di quanto non sia.


I personaggi fanno schifo. Le descrizioni sono appena sufficienti, quanto basta per immaginare in modo vago l'aspetto di ognuno. Caratterialmente sono tutti uguali, e Cassie è intollerabile. È sboccata, volgare, maleducata e per niente professionale. Risponde male a tutti senza motivo, deve fare per forza la dura anche se non c'entra niente. Dalle reazioni degli uomini si direbbe che è sexy e molto femminile, perché ovviamente tutti la adorano, ma non si capisce perché: in realtà sembra uno scaricatore di porto, ed è anche molto inopportuna. È un'accozzaglia di cose casuali che insieme non fanno una personalità.

Michael, l'"eroe" maschile, non ha nulla di interessante ed è pure sdolcinato, e neanche in modo carino. Nessuno ha molto senso tranne, forse, Maria, che comunque non è un personaggio molto rilevante.


Nemmeno lo stile ha qualcosa di buono. È molto semplice e vuoto, pieno di parolacce, come in uno sforzo di sembrare... boh, forse giovanile? I personaggi danno nomi propri agli oggetti, cosa che personalmente trovo rivoltante, soprattutto se non sono neanche nomi originali.

Le descrizioni sono praticamente assenti, mentre i dialoghi sono numerosi, ma troppo cretini per risultare credibili.

Uno dei pregi della chick-lit è che dovrebbe divertire, almeno far sorridere ogni tanto. Invece qui il senso dell'umorismo è forzato e pessimo, si percepisce lo sforzo di sembrare simpatico ma non fa ridere neanche i polli.

Va be'. Leggete qualcosa di meglio, per favore.

IL DOTTOR SEMMELWEIS – Louis-Ferdinand Céline

Il dottor Semmelweis - Louis-Ferdinand Céline
Titolo: Il dottor Semmelweis
Autore: Louis-Ferdinand Céline
Traduttore: O. Fatica, E. Czerkl
Copertina flessibile: 136 pagine
Editore: Adelphi (1975)
Prezzo: 11,40 €

So che Louis-Ferdinand Céline è molto amato ma, a essere sincera, io ho trovato Il dottor Semmelweis piuttosto noioso.
Si tratta della biografia del suddetto dottor Ignác Fülöp Semmelweis, il quale "umanamente era un maldestro" ma, a quanto pare, era pure alquanto brillante. Semmelweis studiò e scoprì le cause della febbre puerperale, di cui morivano fin troppe partorienti.
La sua scoperta oggi sembra banale: lui fu il primo a capire che a contagiare le pazienti erano gli studenti e gli stessi medici con le loro mani infette. Era dunque sufficiente lavare con cura o disinfettare le mani prima degli interventi perché il tasso di morte tra le partorienti calasse drasticamente. Nonostante il successo tangibile di questa banalissima tecnica, il povero dottore – come del resto tutti i geni – incontrò l'opposizione e perfino l'odio della quasi totalità dei medici suoi contemporanei, il che lo portò dritto tra le braccia della pazzia e poi della morte.

Qui non si può parlare di personaggi, innanzi tutto perché sono persone realmente esistite, e poi perché comunque i caratteri sono ben poco importanti. Quello che conta è la vicenda in sé, la scoperta di Semmelweis e il fatto che sia stata così osteggiata senza un vero motivo. Una nota di merito va alla perseveranza del dottore, il quale avrebbe potuto scegliere di lavarsene le mani (ahah) e mandare al diavolo tutti; invece si avvelenò il sangue per tutta la vita pur di portare avanti la sua causa.

Lo stile mi ha lasciato molto perplessa. La vicenda di per sé è anche interessante, ma la scrittura non è riuscita a prendermi. All'inizio del libro l'autore stesso dice che ciò che importa è il contenuto e non la forma, ma in verità la forma è così pretenziosa da affossare il contenuto (anche se questa è una sensazione che ho avuto solo nella prima parte). In ogni caso non ho niente da dichiarare, non posso riconoscere alcuna buona qualità alla scrittura di Céline, mi ha solo annoiato molto.
Non so, perciò, se consiglierei il libro; come ho detto, il contenuto è interessante e il libro breve, perciò non si tratta di un gran sacrificio. Ma di sicuro avrebbe potuto essere raccontato in modo più coinvolgente.

Trovate Il dottor Semmelweis qui: https://amzn.to/2VuJQQ9

PAPÀ GORIOT – Honoré de Balzac

 

Papà Goriot - Honoré de Balzac

Titolo: Papà Goriot

Autore: Honoré de Balzac

Traduttore: E. Klersy Imberciadori

Editore: Garzanti (2015)

Copertina flessibile: 309 pagine

Prezzo: 7,65 €


Da tempo volevo leggere Honoré de Balzac e, complice una promozione, mi sono convinta ad acquistare Papà Goriot, uno dei suoi romanzi più famosi. Vi dico subito che mi è piaciuto.

Vediamo quali sono i temi trattati in questo libro:

  • Società, di cui Balzac fa un bel ritratto. "Bel" si fa per dire: questa società non ne esce molto bene, ma il ritratto è bello in quanto realistico e molto chiaro. Come spesso succede nei classici, vengono messe in luce tutte le sfaccettature peggiori: l'importanza attribuita allo status, i pregiudizi nei confronti delle persone meno importanti – peggio ancora se decadute da una posizione precedentemente più alta –, i tentativi di scalata sociale perché quello è l'obiettivo della vita.

  • Denaro. Tema strettamente collegato al precedente, perché se non sei ricco non sei nessuno. È il denaro che ha fatto prima la fortuna e poi la sfortuna del povero Goriot, e non a caso è proprio lui a dire che "il denaro procura tutto, perfino delle figlie".

  • Amore, che fa acqua da tutte le parti perché, in accordo con quanto sopra, è ovviamente un amore superficiale, che dipende da cose senza importanza. Fa eccezione l'amore paterno di Goriot per le figlie, che addirittura eccede nel senso opposto.


I personaggi sono descritti in maniera minuziosa, risultano perfettamente visibili da un punto di vista estetico, e sono molto ben definiti anche i caratteri e i modi di fare. Nei dialoghi sono riconoscibili ancora prima che venga chiarito di chi si tratta.

Sono quasi tutti stronzi, ma non in modo piatto, perché ognuno lo è a modo suo. Quelli che non sono stronzi sono stupidi e si fanno infinocchiare dagli altri. Le donne sono quasi tutte pessime, non certo esempi da seguire.

Goriot è commovente ma anche stucchevole, perché il suo amore è davvero eccessivo, cieco, patetico.


Lo stile è molto bello, ma su questo non avevo dubbi. La scrittura è elegante e fluida, non pesante. Le descrizioni sono lunghe e minuziose – cosa che non tutti apprezzano –, rese più efficaci da metafore, e i dialoghi sono anch'essi molto efficaci: rendono più immediato il racconto e, come ho detto prima, ancora più chiare le personalità dei personaggi, che risultano autentici e riconoscibili nel loro modo di parlare.

Papà Goriot è non a caso un grande classico, e ovviamente non posso fare altro che consigliarvelo.


Qui trovate varie edizioni: https://amzn.to/3xsuXB9

LA LUNGA NOTTE DEL DOTTOR GALVAN – Daniel Pennac

La lunga notte del dottor Galvan - Daniel Pennac
Titolo: La lunga notte del dottor Galvan
Autore: Daniel Pennac
Traduttore: Y. Mélaouah
Copertina flessibile: 80 pagine
Editore: Feltrinelli
Prezzo: 6,65 €

Ho sempre sentito parlare – ovviamente – di Daniel Pennac, ma non avevo mai letto nessuna delle sue opere. La lunga notte del dottor Galvan mi ha deluso, devo dire. L'ho trovato piuttosto stupido e inutile e non ho capito dove volesse andare a parare. Ma so di essere io ad avere qualche problema con i libri (a modo loro) spiritosi, grotteschi o demenziali. Non capisco se devo cercare qualche significato nascosto o se sono scritti per divertire, considerato che io non mi diverto affatto.
Comunque. Se vogliamo fingere che questo libro abbia un vero contenuto e quindi estrapolare dei temi, citerei la vanità insieme all'incompetenza, un'accoppiata che noi tutti conosciamo molto bene in questo momento storico. E poi boh, la medicina? Non lo so davvero.

Nota di originalità, i personaggi sono "caratterizzati" (si fa per dire, anche perché quasi tutti compaiono per brevi momenti) dai loro biglietti da visita: dal loro contenuto e dal loro stile, dalla quantità di parole e così via. Attraverso i biglietti intravediamo la personalità e soprattutto l'ego di ogni personaggio.
L'azione però è poca e non molto incisiva: si tratta di medici, sono molti e si susseguono velocemente, ma ognuno di loro si limita a fare una diagnosi e fine della storia. Il protagonista, Gerard Galvan, è anche piuttosto antipatico.

Lo stile... Non lo so. Vista la fama di Pennac mi aspettavo qualcosa di molto più bello. Forse il libro non mi è piaciuto proprio a causa delle mie aspettative. Fatto sta che non mi è sembrato niente di che, è un libro che avrebbe potuto scrivere chiunque si creda simpatico senza esserlo. Mi dispiace stare qui a lamentarmi di un autore così amato, ma io non sono riuscita a trovarci niente. Forse è ironico; forse nasconde perle di saggezza camuffate che a me sono sfuggite; forse Pennac fa uso di sottigliezze troppo acute per il mio cervello. Non lo so, io vi posso solo ripetere che a me non è piaciuto. Pazienza.

Se siete curiosi il libro è qui: https://amzn.to/2L1zQdL
Se volete insultarmi, invece, potete usare i commenti.

IL VIAGGIO NEL PASSATO – Stefan Zweig

 

Il viaggio nel passato

Titolo: Il viaggio nel passato

Autore: Stefan Zweig

Traduttore: A. Ruchat

Editore: Ibis (2012)

Copertina flessibile: 84 pagine

Prezzo: 7,60 €


Non spenderò molte parole per parlare del Viaggio nel passato di Stefan Zweig, che tra l'altro è anche brevissimo. Ho detto tante altre volte che amo follemente questo autore; il libro in questione non mi ha forse colpito quanto altre sue opere, ma in realtà non è da meno e credo che lo rileggerò presto.

Il tema fondamentale è l'amore: un amore interrotto dalla guerra e mai soddisfatto, poi ritrovato e che, nonostante questo, lascia comunque quell'insoddisfazione, quella sensazione di incompiuto. Un amore che è più vivo nei pensieri e nelle idee che non nei fatti concreti. L'amore con le sue dinamiche di potere e schiavitù.


I personaggi, com'è tipico di Zweig, non sono descritti in modo molto approfondito da un punto di vista estetico, perché non avrebbe senso e sarebbe superfluo. Zweig indaga la psicologia dei personaggi, ritrae in modo magnifico le loro emozioni, i loro stati d'animo e le relative manifestazioni, gli sguardi e i gesti. Non ci dice esattamente come appaiono, eppure possiamo immaginarli senza alcuna difficoltà: questo è il grande talento dell'autore.


Sullo stile di Zweig non potrei mai avere nulla da ridire perché è perfetto. Scrittura meravigliosa, coinvolgente e scorrevole ma mai vuota, anzi pregna di significati e di sostanza. Perfette anche le descrizioni. Le poche presenti, cioè.

Zweig è uno dei pochissimi autori di cui leggerei veramente tutto, perché so che ne vale sempre la pena anche solo per la sua prosa.

Purtroppo questa edizione fa schifo, ma mi pare non ce ne siano altre in giro. Il testo è pieno di refusi, alcune parole sono del tutto mancanti e la punteggiatura è messa a caso. Non so come si faccia a pubblicare roba così, capisco che errare è umano ma non ci vuole molto a revisionare un testo così breve. Comunque.


Lo trovate qui: https://amzn.to/3vB9Snr

A LONDRA – Henry James

A Londra, Henry James
Titolo: A Londra
Autore: Henry James
Traduttore: U. Bonanate
Copertina flessibile: 78 pagine
Editore: Lindau (2015)
Prezzo: 9,59 €

A Londra è un breve saggio di Henry James, perciò partiamo dal presupposto che non ha una trama e che quindi non è il genere di libro che leggo di solito, dato che prediligo i romanzi o comunque la fiction.
Detto questo, il titolo lascia poco all'immaginazione: si tratta di un saggio su Londra, praticamente una lunga e dettagliata descrizione della città. Una descrizione non proprio imparziale, perché i sentimenti dell'autore nei confronti di questa città trapelano da ogni parola.
Henry James era palesemente innamorato di Londra, le riconosceva un numero infinito di difetti, eppure l'amava nonostante quelli e, anzi, dice in modo molto chiaro che sarebbe impossibile amare Londra senza amare anche i suoi difetti. In realtà a tratti si direbbe una specie di amore-odio, perché James dice addirittura che "a Londra non si può essere felici", ma alla fine quello che viene fuori è un profondo affetto, anche nei confronti degli aspetti negativi.

Il saggio è scritto molto bene, non credo che qualcuno possa avere dubbi a riguardo. Le descrizioni – praticamente tutto il libro – sono ottime, con bellissime similitudini, ricche di particolari e, come ho detto, di tutto l'affetto che l'autore nutre per la città. Lui non perde occasione di sottolineare gli innumerevoli difetti della città, oserei dire che quasi la insulta, eppure la ama profondamente.
Tuttavia, purtroppo, il suo amore non è contagioso, o almeno non è riuscito a contagiare me. È impossibile non percepirlo, però non si riesce a provare lo stesso entusiasmo durante la lettura. Al contrario, per quanto mi riguarda mi sono annoiata. Per fortuna il saggio è breve, quindi non risulta troppo pesante e si può leggere tranquillamente. Dal mio punto di vista, però, non ne vale la pena, a meno che non amiate già Londra e allora, forse, parteciperete dei sentimenti di Henry James.

Il libro si trova qui: https://amzn.to/2FSjIdm

I BUDDENBROOK – Thomas Mann

 

Titolo: I Buddenbrook

Autore: Thomas Mann

Traduttore: M. C. Minicelli

Editore: Newton Compton Editori (2018)

Copertina rigida: 484 pagine

Prezzo: 4,65 €


Nonostante la sua fama e la sua importanza, non ho letto molto di Thomas Mann, ma devo dire che I Buddenbrook mi è piaciuto moltissimo, non tanto per la trama quanto per la scrittura, di cui parlerò dopo.

Vediamo prima i temi:

  • Denaro, e in generale agiatezza e condizione sociale. La famiglia Buddenbrook se la passa molto bene da un punto di vista economico, almeno fino a un certo punto, e questo è cruciale nella vita di ogni suo membro.

  • Famiglia. Piuttosto ovvio, dato che il romanzo segue le vicende di una famiglia per quattro generazioni, mettendo in luce le relazioni tra genitori e figli, tra fratelli, tra coniugi. E, relativamente a questi ultimi, ampio spazio ha appunto anche il tema del matrimonio con tutti i suoi accessori: obblighi sociali e convenienza, infelicità domestica, divorzio.

  • Reputazione. Tanto più che sono ricchi, i Buddenbrook tengono molto alla propria reputazione, a quello che pensano gli altri. Peccato che in realtà non riescano bene a mantenerla, in particolare Christian e Tony, che la macchiano ripetutamente e pure in modi alquanto eclatanti.

  • Educazione, soprattutto nella parte finale che riguarda Hanno, l'ultimo rampollo della famiglia. In particolare si parla di un'educazione alla virilità, all'essere uomo: quella che Thomas vorrebbe impartire al figlio, la stessa che molti genitori, ancora oggi, dovrebbero imparare a considerare scorretta e deleteria.

In realtà i temi sono tantissimi. Ne elenco qualcun altro, anche se non spenderò altre parole a riguardo: politica, salute e malattia, morte, arte, ruoli e aspettative.


Le descrizioni dei personaggi sono magnifiche, soprattutto quelle dei particolari ridicoli che li rendono perfettamente umani. E anche i caratteri sono chiarissimi ed evidenti. Più che dalle personalità, tuttavia, i personaggi sono caratterizzati dai loro valori: per alcuni possono essere l'amore e la famiglia, per altri il denaro e il lavoro e così via, e questo porta inevitabilmente anche ai più interessanti tra i dialoghi  ovvero scontri  presenti nel romanzo. Tra l'altro, la personalità non è importante quanto il decoro e la reputazione, quindi lasciamola pure da parte.

Gli uomini, comunque, ne escono malissimo. I personaggi maschili di questo romanzo sono irritanti e intollerabili, proprio perché sono raccontati così bene anche coi loro palesi difetti. Solo Hanno si salva, e il fatto di non essere come gli altri gli viene anche rimproverato e rinfacciato come se fosse un male.

Alle donne invece va un po' meglio, nonostante i difetti che, ovviamente, hanno anche loro. Ma almeno non fanno schifo.


Lo stile, come dicevo all'inizio, è il maggior pregio di questo romanzo. È una scrittura piena, densa ed elegante. Le descrizioni sono perfette, ricchissime di dettagli ed estremamente minuziose, coinvolgono tutti i sensi: sembra davvero di vedere e percepire tutto; anzi di più, perché quando guardiamo qualcosa ci perdiamo un sacco di dettagli che, invece, nelle descrizioni di Mann abbondano, come anche similitudini e metafore che rendono il tutto ancora più vivido.

Lo stile è anche vario, perché alcuni intervalli di tempo vengono condensati nella corrispondenza epistolare tra diversi personaggi e gli eventi, quindi, raccontati con lo stile personale di chi scrive in quel momento.

I picchi stilistici (e concettuali) più alti vengono raggiunti, a mio avviso, nel discorso di Tony sulla dignità e nelle riflessioni di Thomas alla fine della sua vita.

Insomma, I Buddenbrook è decisamente un libro che vale la pena di leggere.


Lo trovate qui: https://amzn.to/3jpnD3o

L'UMILIAZIONE DEI NORTHMORE – Henry James

L'umiliazione dei Northmore, Henry James
Titolo: L'umiliazione dei Northmore
Autore: Henry James
Traduttore: E. Giachino
Copertina flessibile: 44 pagine
Editore: Elliot (2017)
Prezzo online: 4,99 € (ebook)

L'umiliazione dei Northmore è un racconto di Henry James, autore celeberrimo che io non avevo ancora mai letto. Non mi ha dato grandi soddisfazioni, ma si tratta solo di un breve racconto, sono ancora curiosa di leggere qualcosa di più sostanzioso.
Il tema fondamentale dell'Umiliazione dei Northmore è la rivalità tra due uomini, appunto Lord Northmore e il signor Hope che, a differenza del primo, non è mai riuscito ad affermarsi nella vita e nella carriera, pur essendo più intelligente. Entrambi muoiono all'inizio del racconto; la rivalità e l'ingiustizia vengono raccontate dal punto di vista della vedova Hope, che le vive in maniera bruciante, a quanto pare molto più del marito.
La rivalità tra i due uomini si trasferisce quindi sulle mogli. Mrs Hope vorrebbe tanto umiliare Mrs Northmore, nonché il ricordo del suo insulso e celebre marito, e in realtà non ne avrà neanche bisogno, perché ci penseranno da soli.
Ho trovato il finale insoddisfacente, e in generale credo che la storia potesse essere sviluppata in maniera molto più approfondita. In altre parole, è uno di quei casi in cui un libro mi sembra troppo breve e vago. Incompleto.

L'unica vera protagonista del racconto è Mrs Hope. Il presente e il passato sono interamente raccontati dal suo punto di vista, e gli altri personaggi vivono nel libro solo in virtù dei sentimenti di lei nei loro confronti. Sono quindi delle figure quasi indistinte, mentre lei è caratterizzata molto bene, proprio tramite la forza delle sue emozioni: l'invidia, il senso di ingiustizia, il desiderio di vendetta, il risentimento nei confronti non solo dei Northmore, ma anche di tutti coloro che in qualche modo hanno favorito l'affermazione sociale di Lord Northmore e, anche dopo la sua morte, continuano a mostrare il loro rispetto per il defunto assecondando con entusiasmo la vedova. È facile sentirsi partecipi e solidali nei confronti della signora Hope.
Sono invece assenti le descrizioni fisiche.

Lo stile di Henry James è molto scorrevole, pulito e lineare, ma anche piuttosto vuoto. Non c'è nulla da segnalare, si fa leggere con piacere ma non c'è un solo periodo, una sola parola che io abbia trovato apprezzabili. E mi dispiace.
Voglio sottolineare ancora una volta, tuttavia, che il libro è davvero breve, e mi sembra un po' poco per poter valutare lo stile dell'autore.
Nel frattempo posso solo dirvi che questa è stata una lettura piacevole e che di sicuro leggerò altro di Henry James.

L'umiliazione dei Northmore lo trovate qui: https://amzn.to/2BIIlqa