VENT'ANNI DOPO – Alexandre Dumas

Vent'anni dopo - Alexandre Dumas
Titolo: Vent'anni dopo
Autore: Alexandre Dumas
Traduttore: L. Premi
Copertina rigida: 951 pagine (due romanzi)
Editore: Newton Compton Editori (2016)
Prezzo: 9,40 €

Vent'anni dopo di Alexandre Dumas è il seguito dei Tre moschettieri, e rispetto a quello mi è piaciuto un po' meno. È anche meno incentrato sulle figure dei moschettieri, che in alcune lunghe parti sono del tutto assenti. In ogni caso è un'altra lettura godibilissima, scorrevole e mai noiosa.
I temi sono un po' quelli già visti nel primo libro, in particolare:
  • Amicizia. Quella tra i moschettieri è sopravvissuta a vent'anni di separazione, anche se all'inizio sembra incrinata; qui sono perfino rivali, almeno da un punto di vista politico. Alquanto tristi le riflessioni su come l'amicizia cambi con l'età, ma del resto temo di essere abbastanza d'accordo. Le amicizie giovanili sono ben diverse da quelle adulte.
  • Politica, potere, valori e fedeltà, ai sovrani ma anche a certi ideali. Qui la politica ha un peso maggiore che nel primo libro, forse pure eccessivo a tratti. Del resto stiamo parlando di un romanzo storico, e i riferimenti alla situazione del periodo sono necessari.
  • Vendetta. Anche questa è forse più presente qui che nel primo libro, e anzi si ricerca proprio la vendetta per quanto avvenuto vent'anni prima, che del resto continua a tormentare la coscienza di tutti (tranne Porthos, che è scemo. Vedi più avanti).
  • Amore filiale e genitoriale. Su questo non dirò nulla per non fare spoiler.
  • Ovviamente intrighi, segreti e menzogne, ingredienti fondamentali dei romanzi di Dumas.

Per quanto riguarda i personaggi, le descrizioni sono perfette, ognuno ha i suoi modi e i suoi atteggiamenti personali, ma i quattro protagonisti mi hanno lasciata un po' perplessa perché, sì, hanno ancora le loro personalità ben definite, ma le ho trovate esasperate fino all'eccesso. In particolare Porthos incarna ormai lo stereotipo dell'energumeno grande, grosso e stupido, che si fa strada a suon di pugni, tipo Bud Spencer nei suoi film cult. Athos – che resta il mio preferito – ha smesso di essere un ubriacone e in compenso si avvicina a una santità poco verosimile. Mi piaceva di più quand'era infelice. D'Artagnan, ovviamente, sempre un infantile manipolatore presuntuoso.
Gli altri personaggi sono ben fatti: Grimaud, per esempio, ha una personalità e un modo di fare che lo rendono interessante; Beaufort è piuttosto divertente; Mazzarino è viscido e irritante; Mordaunt fa venire voglia di prenderlo a sprangate. Insomma, non certo dei personaggi anonimi o insignificanti.

Infine lo stile. Come ho detto, anche questo romanzo è molto scorrevole e trascinante, e in particolare i dialoghi, come già nei Moschettieri, rendono la lettura molto più immediata e veloce. Anche le descrizioni sono molto nitide, a volte raccapriccianti, sembra perfino di sentire i rumori. Non mancano brani commoventi, soprattutto un paio di discorsi di Athos, ma neanche parti un po' noiose, troppo politiche per i miei gusti.
Tuttavia in questa edizione, che comprende entrambi i romanzi, tradotti dalla stessa persona, la trascrizione di Vent'anni dopo è davvero pessima. È pieno, pieno di refusi e le virgole sono usate proprio a caso.
Senza dubbio consiglio sia I tre moschettieri sia Vent'anni dopo, ma forse sarebbe meglio scegliere un'altra edizione.

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UCCELLI DI ROVO – Colleen McCullough

Uccelli di rovo - Colleen McCullough
Titolo: Uccelli di rovo
Autore: Colleen McCullough
Traduttore: B. Oddera
Copertina flessibile: 558 pagine
Editore: Bompiani (2003)
Prezzo: 11,40 €

Uccelli di rovo di Colleen McCullough è un romanzo scritto molto bene, infatti sin dall'inizio mi è sembrato promettente. Poi ho cambiato idea.
Segue le vicende della famiglia Cleary, costituita perlopiù da uomini. Da ciò si evince quanto vari possano essere i temi. Tra i più incisivi citerei:
  • Differenze sociali, di genere, sessismo e discriminazioni di vario tipo. Anche i personaggi più elogiati, descritti come buoni e rari e unici ecc. sono in realtà degli ignoranti pieni di pregiudizi e molto maschilisti (comprese le donne).
  • Lavoro e denaro, onore e reputazione. I Cleary sono poveri e lavorano sodo, poi le loro sorti si risollevano ma in ogni caso passano tutta la vita a lavorare, anche quelli che potrebbero evitarlo.
  • Guerra, politica e religione. Competizioni tra uomini e anche con Dio.

I personaggi li avrei presi (quasi) tutti a pugni. Cominciamo dalle cose positive: le descrizioni fisiche sono favolose, e anche la caratterizzazione è buona, sono tutti molto credibili. Tuttavia quelli che si distinguono positivamente sono ben pochi.
Gli uomini sono quasi tutti terribili, sebbene si ripeta quanto sono bravi e buoni e belli. Padre Ralph sembra un maniaco e pure pedofilo.
Le donne sono pochissime e in particolare Meggie è pessima. Innanzi tutto è stupida; finché è una ragazzina la sua ingenuità può essere comprensibile, ma a una certa età essere ancora così idiote è imperdonabile. Mette gli uomini al centro del mondo, lo scopo della sua esistenza è avere figli e poi, quando li ha, non se ne prende cura adeguatamente. Ma non importa, quel che conta è che possa essere orgogliosa di aver "rubato" qualcosa ai suoi uomini! (Soprattutto il maschio, della femmina chi se ne frega.) Inoltre sembra isterica, fa la martire e poi sfoga il suo egocentrismo con scatti d'ira in cui dice cose senza senso, accusa gli altri e si mette in competizione con Dio perché le porta via tutti gli uomini importanti per lei. Ma magari scegliti qualcuno che non sia un prete, cretina! Che personaggio vomitevole.
Sua figlia Justine è la mia preferita, l'unica con un minimo di carattere e di intelligenza, e infatti tutti la odiano, mentre amano suo fratello Dane che è noiosissimo.
Insomma, NO. Non ci siamo.

Lo stile, per fortuna, è molto bello. La scrittura è scorrevole e coinvolgente, tiene viva l'attenzione nonostante i fatti siano fastidiosi. Le descrizioni – della natura, degli incendi – sono bellissime, con similitudini particolari. I dialoghi sono ben fatti e caratterizzanti, ma a volte troppo filosofici, soprattutto quando sono coinvolti Ralph e altri membri del clero. Arrivano a essere poco credibili.
A tratti si sfiora la blasfemia, dato che Meggie preferisce insultare Dio piuttosto che autoflagellarsi come meriterebbe.
Grazie al cielo c'è Justine, e almeno le scene in cui compare lei, i dialoghi in cui parla lei, danno il colore che manca a tutto il resto. Comunque troppo poco per salvare il romanzo.
Infine, la passione e l'amore di cui dovrebbe essere intriso non mi sono arrivati e in generale mi ha emozionato ben poco. Insomma, io non lo consiglierei.

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LE SETTE SORELLE – Lucinda Riley

Le sette sorelle - Lucinda Riley
Titolo: Le sette sorelle
Autore: Lucinda Riley
Traduttore: L. Maldera
Copertina flessibile: 576 pagine
Editore: Giunti Editore (2015)
Prezzo: 9,90 €

Le sette sorelle di Lucinda Riley è un romanzo storico che mi è piaciuto, tanto che probabilmente leggerò il resto della saga; tuttavia non è certo un capolavoro, anzi ha parecchi difetti e ho diverse critiche da muovere.
La trama è coinvolgente e lo rende un romanzo perfetto da leggere per pura evasione. Tra i temi trattati:
  • Scoperta di sé, attraverso la propria storia. Si tratta infatti della storia di Maia, che intraprende un lungo viaggio alla scoperta delle proprie origini. Adottata da Pa' Salt come le sue cinque sorelle (dovrebbero essere sette in totale, ma la settima non c'è), scoprirà la storia della sua famiglia d'origine, e lati di sé stessa che non sapeva di avere.
  • Libertà e indipendenza, tra i tesori più preziosi che Maia troverà nel suo percorso.
  • Arte. La storia di Izabela, antenata di Maia, si svolge in parte nella Francia bohémienne degli anni venti, tra architetti e scultori (realmente esistiti) e altri artisti vari. La costruzione del Cristo Redentore ha una particolare importanza in questa storia.
  • Amore, piuttosto tragico: non corrisposto, oppure sacrificato in nome di altre cose, come la famiglia, le convenzioni o la reputazione.

I personaggi sono descritti in maniera discreta, sia fisicamente sia caratterialmente; il problema è che i caratteri vengono per l'appunto solo descritti a parole, non realmente mostrati. Se non, forse, attraverso i contenuti dei discorsi (ma, anche lì, è solo quello che dicono, non come lo dicono). Anche quei personaggi che dovrebbero essere più vivi – in particolare Bel, che viene descritta come un uragano di passione, un leone in gabbia – risultano in realtà fin troppo docili e scialbi, stereotipati e poco incisivi.
Quelli che un po' si fanno notare sono, come sempre, i personaggi più negativi: CeCe per la sua antipatia, Luiza per la sua cattiveria compiaciuta. Niente di che, comunque.

Lo stile è molto scorrevole e semplice, ma non particolarmente trascinante. Anzi, più che semplice direi sempliciotto, banale, per niente elegante; contiene errori e periodi formulati senza troppa cura.
Le descrizioni perlomeno sono buone, abbastanza precise; i dialoghi non hanno nulla di notevole, ma rendono la narrazione più immediata.
Il romanzo è pieno di stereotipi: gli italiani sono caldi e passionali, i francesi sono artisti eccentrici e superficiali, i portoghesi sono amichevoli e alla mano e così via. Insomma.
Riassumendo: da un punto di vista tecnico Le sette sorelle è pieno di difetti, ma per intrattenimento è una lettura molto piacevole.

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PERSUASIONE – Jane Austen

Persuasione - Jane Austen
Titolo: Persuasione
Autore: Jane Austen
Traduttore: A. L. Zazo
Copertina flessibile: 340 pagine
Editore: Mondadori (2002)
Prezzo: 9,50 €

Persuasione è uno dei migliori romanzi di Jane Austen e, non a caso, uno dei meno letti. Come sottolineato da gente ben più competente e autorevole di me – tra cui Virginia Woolf, nello scritto incluso in questa edizione –, è l'ultimo romanzo scritto dall'autrice e si differenzia dai precedenti per la sua maturità. È più romantico e molto introspettivo: qui non sono tanto i balli e le vicende dei personaggi a farla da padrone, quanto le emozioni e i pensieri di Anne Elliot, protagonista della storia.
Principali temi:
  • Persuasione (ma va'). Anne si è praticamente rovinata la vita sottomettendosi all'influenza degli altri e mettendo da parte i suoi sogni. Per fortuna recupera (con dieci anni di ritardo, ma sono dettagli).
  • Tempo. Altra grande differenza rispetto ai romanzi precedenti: in nessun altro viene data tanta importanza né al tempo che passa (qui assolutamente centrale) né al periodo storico, a cui Persuasione fa spesso riferimento.
  • Denaro, prestigio, reputazione, apparenze, pregiudizi e compagnia bella. Come al solito, Jane Austen ritrae perfettamente la società del suo tempo (che poi non è tanto diversa dalla nostra), in cui la ricchezza e i titoli sono di fondamentale importanza per distinguere le persone perbene da quelle, ecco... povere. O semplicemente meno ricche.
  • Amore, quello romantico e quello familiare. Con il primo, malgrado certe decisioni infelici, Anne avrà alla fine più fortuna, mentre il secondo è totalmente assente nella sua vita. Non ricordo altre eroine austeniane così maltrattate e poco considerate dalla propria famiglia.

I personaggi sono descritti molto bene, nell'aspetto e, soprattutto, negli atteggiamenti e nei modi di fare. Le loro personalità risultano ben chiare anche se non sono particolarmente approfondite (o profonde). Mary spicca tra tutti per il suo vittimismo, che la rende difficile da sopportare sebbene vi siano personaggi moralmente peggiori di lei, come William Elliot, subdolo e del tutto privo di empatia o di coscienza, e la signora Clay, un po' più innocua ma pur sempre una vipera. Tutti i personaggi sono nettamente divisi tra buoni e cattivi, anche se la maggior parte sono solo superficiali e noncuranti.
Anne si distingue dagli altri, per la sua superiorità intellettuale e morale, e in generale per la sua vita interiore, attorno a cui ruota tutto il romanzo. Tuttavia potrebbe risultare a tratti noiosa, forse per questo è meno amata delle altre protagoniste di Jane Austen. Sembra anche che l'autrice ci abbia messo molto di sé stessa, per la cronaca.

Lo stile di Jane Austen è apprezzabile soprattutto per la sua ironia. Mentre tutti parlano di grandi storie d'amore, per me il maggior pregio dell'autrice è proprio il suo farsi beffe dell'amore, in genere superficiale o fondato sulla convenienza, e delle "tecniche di corteggiamento" standard diffuse in società.
La scrittura è scorrevole ma anche elegante. La punteggiatura mi è sembrata un po' confusa, le frasi a volte troppo lunghe.
I dialoghi sono caratterizzanti, rendono i personaggi più vivi e comprensibili, ma spesso sono anche vuoti e noiosi, incentrati su banalità, proprio perché vuoti sono i personaggi. La narrazione si sofferma spesso su particolari frivoli e inutili, proprio perché, appunto, Jane Austen amava sottolineare ironicamente la superficialità delle interazioni sociali.
Quando Anne partecipa alla conversazione troviamo però anche dei contenuti validi, e in particolare mi riferisco al discorso, nella parte finale, sulla costanza dei sentimenti maschili e femminili. Anne è molto saggia.
Consiglierei la lettura del romanzo? Mettiamola così: io non sono un'amante di Jane Austen, ma di sicuro fareste molto meglio a leggere Persuasione che non Orgoglio e Pregiudizio, ecco.

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L'AVVERSARIO – Emmanuel Carrère

L'Avversario - Emmanuel Carrère
Titolo: L'Avversario
Autore: Emmanuel Carrère
Traduttore: E. Vicari Fabris
Copertina flessibile: 169 pagine
Editore: Adelphi (2012)
Prezzo: 16,15 €

L'Avversario di Emmanuel Carrère è un libro che mi è decisamente piaciuto. Non avevo nemmeno intenzione di leggerlo, ho letto la prima pagina per caso e mi sono subito sentita spinta a continuare.
Si tratta di uno studio del caso Jean-Claude Romand, criminale mitomane che ha assassinato genitori, moglie e figli per "proteggersi" dalle sue stesse menzogne. Allegria.
Il mio breve riassunto preannuncia già i temi:
  • Il crimine è il fulcro della vicenda, e non si tratta nemmeno solo degli omicidi, ma di tutto quello che viene prima. Gli omicidi attuati da Romand, infatti, sono in fondo "solo" un modo per ovviare a tutto il resto, a tutte le menzogne, gli imbrogli, i furti che ha perpetrato per diciotto anni ai danni di tutte le persone nella sua vita.
  • Aspettative sociali e inadeguatezza. A quanto pare, tutte le costruzioni di Romand nascono dal suo senso di inadeguatezza, dall'impossibilità di rispondere alle aspettative. Sembra perfino depresso, ma è poi la verità? Man mano che si procede nella lettura si comincia a pensare che tutto in lui sia falso; qualsiasi stato d'animo e sentimento smette di essere credibile.
  • Manipolazione, per l'appunto. Una volta condannato e in condizione di doversi "giustificare", Romand fa ampio uso della religione per perorare la sua causa e mostrare il suo pentimento. E c'è perfino chi gli crede. Ma, di nuovo, chi può dire davvero se sia autentico o meno?

Per quanto riguarda i personaggi, ho trovato le descrizioni fisiche insufficienti, eppure nonostante questo risultano ben chiari e visibili, si arriva a conoscerli e a simpatizzare con loro. Mi sono perfino sentita molto in sintonia con Romand, fino a un certo punto. Ma poi tutto degenera: dopo un po' risulta essere solo uno schifoso manipolatore e tale resta fino alla fine, quando vorrebbe far credere di star espiando le sue colpe. Forse manipola anche se stesso, non si capisce nemmeno se creda davvero in quello che dice oppure no.
Tutti sembrano caratterizzati soprattutto da quello che fanno. Non sorprende, quindi, che Romand si costruisca una vita immaginaria in cui ha almeno lo stesso successo di tutta la sua cerchia di conoscenze. A lungo andare, però, ho trovato tutti un po' stereotipati.

Lo stile è il miglior pregio del libro. La scrittura, come ho detto, mi ha catturata già alla prima pagina. È così coinvolgente e di facile lettura che ho deciso senza dubbio di leggere a breve qualcos'altro di Carrère.
Tuttavia non riesco a trovare particolari pregi tecnici. Il lessico, le descrizioni e i dialoghi non mi hanno colpito in alcun modo, non saprei spiegare perché mi abbia coinvolto così tanto, perché in realtà non c'è niente di notevole. Ho solo avuto per tutto il tempo questa sensazione di godermi la lettura e voler continuare a leggere.
In ogni caso L'Avversario è un libro che consiglio e che penso potrebbe soddisfare un po' tutti i gusti.

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