SONNO – Haruki Murakami

Sonno, Haruki Murakami
Titolo: Sonno
Autore: Haruki Murakami, K. Menschik (illustrazioni)
Traduttore: A. Pastore
Copertina rigida: 77 pagine
Editore: Einaudi (2014)
Prezzo online: 12,75€

Continuo a ripetere che Murakami non mi piace eppure, molto stupidamente, continuo a dargli ancora possibilità, per poi pentirmene. Questa volta è toccato a Sonno, un romanzo molto breve (o piuttosto un racconto) e corredato da illustrazioni a volte incoerenti. Bah.
I temi del libro:
  • Sonno, come da titolo, e insonnia. La protagonista della storia non dorme, e questa è tutta la trama. 77 pagine quando ne sarebbe bastata una per scrivere "dato che non dormo impiego la notte facendo altre cose".
  • Routine. Da quando smette di dormire, questa tizia comincia a percepire la noia della sua vita, e solo la notte – che può dedicare completamente a se stessa e alla lettura – le sembra degna di essere vissuta. Cosa che posso anche capire, perché anche io vorrei solo leggere, ma magari non di persone che leggono perché non dormono, grazie.
  • Famiglia, forse. Non è che sia proprio un tema, ma diciamo che la protagonista parla anche del marito e del figlio, poi anche della suocera, ma sembra che lo faccia solo per rincarare la dose di noia e per riempire spazio, sempre perché dire solo "non dormo" non avrebbe fatto un racconto.

I personaggi non esistono. C'è questa protagonista che è caratterizzata dal solo non dormire e dalla superficialità con cui pensa a mantenersi in forma, non si capisce nemmeno a che scopo, dato che suo marito non le piace e non vuole incontrare altra gente. Gli altri sono tutti descritti da lei, con la stessa superficialità e pure con disprezzo. Ovviamente sono tutti dei cretini perché non sono come lei, che ha compreso il mistero della vita e sta su un livello superiore.
Ma che ne sanno loro, del resto fanno cose normali e dormono, mica leggono Anna Karenina tre volte di seguito in una settimana!

Lo stile è il solito di Murakami. Tranquillo, scialbo, spento, riferimenti sessuali inutili e fuori contesto. Cronaca di fatti senza nessun sentimento. La descrizione della visione notturna della tizia, tuttavia, è ben fatta e risulta perfino un po' inquietante, unica nota di merito.
Insomma, questa recensione me la potevo anche risparmiare, ma soprattutto d'ora in poi mi risparmierò di leggere altre sue opere. Se di solito vi piace, comunque, è probabile che apprezzerete anche questo.

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MUSICA – Yukio Mishima

Musica, Yukio Mishima
Titolo: Musica
Autore: Yukio Mishima
Traduttore: E. Ciccarella
Copertina flessibile: 208 pagine
Editore: Feltrinelli (2013)
Prezzo online: 7,65 €

Musica è il primo libro che ho letto di Yukio Mishima e, a essere sincera, sono rimasta delusa. In generale ho un rapporto difficile con gli autori giapponesi, a quanto pare.
I temi di questo romanzo sono interessanti, ed è il motivo per cui ho deciso di leggerlo (e quello per cui mi sento attratta anche da altri libri dell'autore).
I più importanti:
  • Sessualità, rapporto tra corpo e psiche. La musica del titolo è infatti una metafora dell'orgasmo, che la protagonista Reiko non riesce a "sentire". La trama del romanzo è costituita dall'indagine psicologica di questo suo problema.
  • Isteria. Presumibilmente, il disturbo di cui soffre Reiko e di cui vengono spiegati diversi sintomi.
  • Psicoterapia e sua presunta efficacia (per non dire miracolosità). Dal mio punto di vista è piuttosto irritante (in questo come in altri romanzi): la terapia non fa miracoli, soprattutto non in tempi così rapidi. Grazie al cielo lo psicanalista di turno, nonostante la sua presunzione, riconosce più volte i suoi fallimenti.

I personaggi di Musica, come quelli di tutti i romanzi giapponesi che ho letto (mi dispiace fare questo confronto, ma sorge spontaneo), sono descritti in maniera discreta ma non ben caratterizzati. Le loro personalità vengono raccontate, ma non si percepiscono, non si vedono nei loro gesti; le loro emozioni (che pure sarebbero in questo caso molte e forti) non si sentono.
Il dottore ha gli stessi tratti caratteriali che, purtroppo, ho riscontrato in altri terapeuti, sia nella letteratura che nella realtà: presunzione, vanità, narcisismo. Il suo atteggiamento è insopportabile, le sue azioni e i suoi pensieri sono tali che io lo farei radiare dall'albo. Anche quando ha delle illuminazioni interessanti sembra che gli piovano dal cielo, lui stesso ammette che sono casuali. Bah.

Riguardo allo stile, all'inizio mi è parso diverso da quello – per dire – di Murakami o della Yoshimoto: quella sorta di calma pseudo poetica era assente, ma nel complesso non mi ha convinto lo stesso. Non c'è niente di notevole, se non qualche eccesso nella connotazione di cose inutili. Le descrizioni sono discrete, ma questo non basta a fare uno stile degno di attenzione. Inoltre il libro, che pure è abbastanza breve, mi è sembrato tirato un po' troppo per le lunghe. L'idea di base poteva essere molto interessante, ma non mi ha soddisfatto il modo in cui è stata sviluppata, soprattutto nella seconda metà. In definitiva mi ha annoiato.
Non è un libro che mi sento di consigliare, a meno che non vi interessino in modo particolare gli argomenti che tratta.

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UN ALBERO CRESCE A BROOKLYN – Betty Smith

Un albero cresce a Brooklyn, Betty Smith
Titolo: Un albero cresce a Brooklyn
Autore: Betty Smith
Traduttore: A. Pietribiasi
Copertina rigida: 576 pagine
Editore: Neri Pozza (2016)
Prezzo online: 12,32 €

Anni fa avevo iniziato a leggere Un albero cresce a Brooklyn di Betty Smith e l'avevo abbandonato dopo poche pagine. L'ho letto adesso grazie al GdL In omnia paratus creato da @ifeelbook (a cui dovreste partecipare, a proposito), e l'ho adorato.
All'inizio mi sembrava vuoto, un elenco di fatti fine a se stesso, ma procedendo con la lettura mi sono ritrovata sempre più affezionata ai personaggi e interessata alle loro vicende, fino alla fine che mi ha molto commosso.
È difficile elencare i temi toccati dal romanzo, perché racconta molti aspetti della vita. Ve ne dico qualcuno tra i principali.
  • La crescita, come da titolo. Che non riguarda solo "l'albero", ma tutti i personaggi, in particolare la protagonista Francie. Assistiamo alla sua evoluzione e trasformazione da bimbetta di undici anni a fanciulla dalla sensibilità e maturità fuori dal comune, e a come la sua vita cambia con lei.
  • Denaro, povertà, lavoro e istruzione. I protagonisti sono poveri, le loro vite sono segnate dalle condizioni economiche, nel bene e nel male. Più di una volta si presenta la scelta tra lavorare per necessità da una parte e, dall'altra, studiare per ottenere quell'istruzione che potrebbe migliorare almeno il futuro.
  • Amore, in diverse forme. L'amore materno, di cui ho apprezzato molto la rappresentazione realistica: Katie ammette perfino di preferire un figlio all'altro (e lo dimostra). Ma anche quello fraterno e familiare in generale, e quello romantico.
  • Pregiudizi. La prima parte del libro è una sorta di denuncia che mette in luce le differenze sociali e le discriminazioni tipiche di un certo tipo di società e di tempo. (Siamo nel 1912.)
  • Morte e perdita, trattate in maniera esemplare, dolorosa, davvero realistica.

I personaggi del libro sono molto verosimili e ho provato per loro sentimenti contrastanti. Spesso mi hanno fatto arrabbiare, soprattutto Johnny e Katie, che ho trovato insopportabile come madre e avrei voluto prendere a sprangate. Ma il romanzo è lungo e, volenti o nolenti, si impara pian piano a conoscere bene tutti, a scoprire le loro debolezze e i loro sentimenti, e si finisce per amarli.
Francie è una protagonista meravigliosa. All'inizio sembrava anonima e perfino poco credibile, ma cresce molto nel corso della storia, e poi mi somiglia, perciò non ho potuto che immedesimarmi, partecipare alle sue gioie e ai suoi dolori, assistere alle sue scelte (non sempre approvandole) e volerla abbracciare. Le ho voluto molto bene.

Lo stile non è degno di nota, purtroppo. Il romanzo è scritto bene e facile da leggere, ma non c'è niente da segnalare. Le descrizioni sono insufficienti, fatta eccezione per alcune pagine riguardanti una morte con relativo funerale. Lì la narrazione diventa all'improvviso molto più ricca e pregnante.
Non mancano picchi di pathos struggente, che però non riescono a rendere le emozioni come dovrebbero. Mi sono arrivate eccome, non lo nego, ma è solo il significato a trasmetterle, non le parole.
Malgrado ciò, penso sia chiaro che il libro mi è piaciuto tanto e lo reputo un'ottima lettura.

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MOLTO FORTE, INCREDIBILMENTE VICINO – Jonathan Safran Foer

Molto forte, incredibilmente vicino, Jonathan Safran Foer
Titolo: Molto forte, incredibilmente vicino
Autore: Jonathan Safran Foer
Traduttore: M. Bocchiola
Copertina flessibile: 351 pagine
Editore: Guanda (2011)
Prezzo online: 11,05 €

Ho letto Molto forte, incredibilmente vicino di Jonathan Safran Foer tre volte, e l'ho amato ogni volta. È uno dei libri più belli che abbia letto in tutta la mia vita, e uno dei più emozionanti: ho riso e/o pianto praticamente a ogni pagina.
Il tema fondamentale è l'elaborazione del lutto, in cui confluiscono in realtà due temi: la morte e la guerra. Questo libro racconta delle vere tragedie in maniera profonda e commovente, ma le condisce anche di quotidianità e di freschezza grazie all'adorabile protagonista, Oskar.
Altro tema fondamentale è l'amore. Questo libro è pieno, pieno d'amore: quello di una madre per il figlio, di una nonna per il nipote, di un bambino che fa della felicità dei suoi cari la sua raison d'être. C'è anche l'amore romantico, che comunque è il meno importante qui.

I personaggi del romanzo sono meravigliosi, in particolare Oskar. Anzi, io trovo questo libro così doloroso non solo perché racconta avvenimenti oggettivamente tragici, ma soprattutto perché Oskar è un bambino, è tenero e soffre, e un bambino di quell'età non dovrebbe soffrire così. Per tutto il tempo della lettura avrei voluto abbracciarlo.
La sua personalità, peraltro molto particolare, è resa benissimo, così come anche i caratteri degli altri personaggi, che sembra di vedere e di sentire con chiarezza, e di conoscerli da sempre. Ognuno ha il suo modo di parlare, le sue reazioni, il suo modo di esprimere sentimenti e così via, anche quelli che compaiono solo in una pagina.
Insomma: grazie, Jonathan.

Anche lo stile è notevole e, soprattutto, vario. La storia è narrata in prima persona da Oskar, quindi lo stile si addice a un bambino di otto anni (per quanto singolare), che tuttavia è anche in grado di descrivere le cose in maniera molto efficace. I suoi racconti si alternano poi a lettere scritte dai suoi nonni, che hanno ognuno il suo stile personale e ben riconoscibile.
Se proprio devo trovare un difetto, potrei dire che la resa dei dialoghi non mi ha fatto impazzire, perché sono trascritti in maniera atipica. Troppe frasi che si susseguono (nel caso di Oskar) e carenza di punteggiatura (per gli altri due). E i salti temporali possono creare confusione. Nonostante ciò non ho trovato nessuna parte noiosa o poco coinvolgente.
Io non sarò mai in grado di esprimere il mio amore per questo romanzo, vorrei che i libri fossero tutti così belli, struggenti e divertenti allo stesso tempo. Se non l'avete ancora letto non so proprio cosa state aspettando.