Titolo: Schegge
Autore: Sebastian Fitzek
Traduttore: C. Crivellaro
Copertina flessibile: 360 pagine
Editore: Elliot (2010)
Schegge è finora il peggior romanzo che ho letto di Sebastian Fitzek. Non solo non è per niente all'altezza degli altri, ma è addirittura povero e ridicolo, per niente credibile. La trama è semplicemente stupida.
Tra i temi:
- Memoria. Il punto è la cancellazione dei ricordi, che di per sé potrebbe anche essere interessante, ma – mi spiace ripeterlo – il tutto è costruito in maniera davvero ridicola e non verosimile.
- Identità, che ovviamente è correlata ai ricordi. In pratica: se i nostri ricordi fossero rimossi, saremmo ancora noi stessi?
- Gaslighting, ovvero quella tecnica di manipolazione mentale che consiste nel far credere a qualcuno di essere impazzito. La cosa triste è che sembra l'autore voglia farlo anche col lettore, ma il tutto risulta incomprensibile solo perché è confuso, non certo ben orchestrato.
- Amore, gelosia, vendetta.
- "Giustizia", nel senso di "occhio per occhio". Tema toccato molto brevemente alla fine, non poi così rilevante. E, ancora una volta, vissuto in maniera poco credibile dai personaggi.
A proposito dei personaggi, sono stati una delusione anche quelli. Come dico sempre, in un thriller o un giallo non è necessaria una grande caratterizzazione dei personaggi, perché non è quello il punto; in questo caso però i personaggi neanche ci sono, non lasciano alcun segno, agiscono per modo di dire. Non sembrano persone vere ma dei fantocci. Anche le descrizioni fisiche sono piuttosto vaghe.
Benny, per esempio, dovrebbe essere un personaggio interessante, pieno di contraddizioni: è descritto come molto sensibile e quasi angelico, ma ha anche un lato oscuro. Il problema è che non arriva proprio come persona complessa, ma solo come un elenco incoerente di aggettivi. Come dire "sono angelico e sono anche stronzo, ma non farò niente di sensato per dimostrarlo, credetemi sulla parola".
Il peggio è che alcuni di loro dovrebbero, vorrebbero avere carattere, in particolare la moglie di Marc (non ricordo neanche il nome, pazienza), ma non ci riescono manco per sbaglio.
Lo stile di Fitzek mi è sempre piaciuto, non ha nulla di particolarmente notevole ma è coinvolgente. Tuttavia in questo romanzo perfino lo stile lascia a desiderare. Magari è un problema di traduzione, non saprei. Di sicuro è scorrevole, ma questo è l'unico pregio; per il resto è troppo semplice, quasi elementare (con molti errori, anche). Non mi ha coinvolto affatto. Anche dove dovrebbe esserci pathos... be', c'è, ma nel senso che è patetico, nel modo più negativo possibile.
Insomma, Schegge mi ha lasciato davvero insoddisfatta, non ho proprio nulla di buono da dire. Non lo consiglierei di certo, piuttosto leggete qualcos'altro dell'autore, per esempio La terapia o Il ladro di anime.
Au revoir.
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