Titolo: I Buddenbrook
Autore: Thomas Mann
Traduttore: M. C. Minicelli
Editore: Newton Compton Editori (2018)
Copertina rigida: 484 pagine
Prezzo: 4,65 €
Nonostante la sua fama e la sua importanza, non ho letto molto di Thomas Mann, ma devo dire che I Buddenbrook mi è piaciuto moltissimo, non tanto per la trama quanto per la scrittura, di cui parlerò dopo.
Vediamo prima i temi:
Denaro, e in generale agiatezza e condizione sociale. La famiglia Buddenbrook se la passa molto bene da un punto di vista economico, almeno fino a un certo punto, e questo è cruciale nella vita di ogni suo membro.
Famiglia. Piuttosto ovvio, dato che il romanzo segue le vicende di una famiglia per quattro generazioni, mettendo in luce le relazioni tra genitori e figli, tra fratelli, tra coniugi. E, relativamente a questi ultimi, ampio spazio ha appunto anche il tema del matrimonio con tutti i suoi accessori: obblighi sociali e convenienza, infelicità domestica, divorzio.
Reputazione. Tanto più che sono ricchi, i Buddenbrook tengono molto alla propria reputazione, a quello che pensano gli altri. Peccato che in realtà non riescano bene a mantenerla, in particolare Christian e Tony, che la macchiano ripetutamente e pure in modi alquanto eclatanti.
Educazione, soprattutto nella parte finale che riguarda Hanno, l'ultimo rampollo della famiglia. In particolare si parla di un'educazione alla virilità, all'essere uomo: quella che Thomas vorrebbe impartire al figlio, la stessa che molti genitori, ancora oggi, dovrebbero imparare a considerare scorretta e deleteria.
In realtà i temi sono tantissimi. Ne elenco qualcun altro, anche se non spenderò altre parole a riguardo: politica, salute e malattia, morte, arte, ruoli e aspettative.
Le descrizioni dei personaggi sono magnifiche, soprattutto quelle dei particolari ridicoli che li rendono perfettamente umani. E anche i caratteri sono chiarissimi ed evidenti. Più che dalle personalità, tuttavia, i personaggi sono caratterizzati dai loro valori: per alcuni possono essere l'amore e la famiglia, per altri il denaro e il lavoro e così via, e questo porta inevitabilmente anche ai più interessanti tra i dialoghi – ovvero scontri – presenti nel romanzo. Tra l'altro, la personalità non è importante quanto il decoro e la reputazione, quindi lasciamola pure da parte.
Gli uomini, comunque, ne escono malissimo. I personaggi maschili di questo romanzo sono irritanti e intollerabili, proprio perché sono raccontati così bene anche coi loro palesi difetti. Solo Hanno si salva, e il fatto di non essere come gli altri gli viene anche rimproverato e rinfacciato come se fosse un male.
Alle donne invece va un po' meglio, nonostante i difetti che, ovviamente, hanno anche loro. Ma almeno non fanno schifo.
Lo stile, come dicevo all'inizio, è il maggior pregio di questo romanzo. È una scrittura piena, densa ed elegante. Le descrizioni sono perfette, ricchissime di dettagli ed estremamente minuziose, coinvolgono tutti i sensi: sembra davvero di vedere e percepire tutto; anzi di più, perché quando guardiamo qualcosa ci perdiamo un sacco di dettagli che, invece, nelle descrizioni di Mann abbondano, come anche similitudini e metafore che rendono il tutto ancora più vivido.
Lo stile è anche vario, perché alcuni intervalli di tempo vengono condensati nella corrispondenza epistolare tra diversi personaggi e gli eventi, quindi, raccontati con lo stile personale di chi scrive in quel momento.
I picchi stilistici (e concettuali) più alti vengono raggiunti, a mio avviso, nel discorso di Tony sulla dignità e nelle riflessioni di Thomas alla fine della sua vita.
Insomma, I Buddenbrook è decisamente un libro che vale la pena di leggere.
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