Titolo: La tredicesima storia
Autore: Diane Setterfield
Traduttore: G. Granato
Copertina flessibile: 446 pagine
Editore: Mondadori (2018)
Prezzo: 11,87 €
La tredicesima storia di Diane Setterfield è un libro potenzialmente molto bello, ma che non mi ha convinta del tutto. È un romanzo gotico in cui passato e presente si intrecciano, un po' sullo stile di Kate Morton (qui le mie recensioni), ma mi è parso che mancasse qualcosa.
Ecco i temi:
- Libri, letteratura e lettura. La parte iniziale del romanzo mi ha colpito per il suo bellissimo modo di parlare dei libri e della lettura come di cose preziose e significative, vissute in maniera personale, tutti concetti in cui qualsiasi lettore potrebbe rispecchiarsi. Le storie fittizie si contrappongono alla verità, ma forse, invece, ne sono solo delle metafore.
- Malattia mentale, pregiudizi e discriminazione. Nella famiglia Angelfield, protagonista della storia, sembra che tutti abbiano qualche problema psichiatrico, e ovviamente ne pagano le conseguenze.
- Psicologia (in particolare dei gemelli), educazione e socializzazione. Adeline ed Emmeline sono gemelle, e questo le condiziona prepotentemente, e anche Margaret aveva una gemella, che le manca ogni giorno anche se non l'ha mai conosciuta.
- Famiglia, per l'appunto. La famiglia Angelfield non è l'unica presentata nel libro e tutte, più o meno, sono disfunzionali. Del resto tutti i romanzi – come il mondo – sono pieni di famiglie disfunzionali, altrimenti non ci sarebbero storie.
- Morte ed elaborazione del lutto. Elaborazione disfunzionale come tutto il resto, ça va sans dire.
I personaggi non mi hanno entusiasmato. Da un punto di vista fisico le descrizioni sono ottime: sono molto chiari i gesti, gli atteggiamenti, i modi di fare, di camminare, di parlare, di ridere, il tono di voce di ogni personaggio, e questo è un grande merito. Per il resto sono tutti o solo buoni o solo cattivi e in più, come ho detto, mentalmente disturbati. Forse per questo non hanno bisogno di vere personalità. Hanno una loro aura esterna, ma non sono riuscita a vedere dentro di loro, a percepire le loro emozioni e i loro stati d'animo.
In particolare Margaret, colei che scopre e dipana tutta la storia, non mi è piaciuta. E non mi è piaciuto il processo d'indagine: ha illuminazioni improvvise e poco credibili, che svelano i misteri senza spiegarli davvero, e il lettore deve accontentarsi di prenderne atto solo perché a lei si è accesa la lampadina dal nulla, senza veri indizi.
Lo stile invece è notevole. La scrittura è molto scorrevole e coinvolgente ma anche ricca ed elegante. Le descrizioni sono bellissime, minuziose, piene di dettagli e vivide, sembra davvero di assistere alle scene. Particolarmente notevoli quelle del degrado di casa Angelfield.
Anche i dialoghi sono buoni, credibili e non scontati. Tuttavia, man mano che il racconto procede, l'ho trovato sempre più tendente al delirio (da parte di Margaret, non di Vida Winter). Inoltre, secondo me manca di pathos: le emozioni non mi sono arrivate, se non, alla fine, quelle di Aurelius, che però è un personaggio secondario. Ho trovato alcune cose del tutto superflue, in particolare l'ultimo capitolo, completamente insensato, e mi è rimasto un senso di vaghezza.
Come ho detto all'inizio, trovo che La tredicesima storia sia un romanzo con un bel potenziale, all'inizio molto promettente, ma poi qualcosa si perde. Quindi lo consiglierei solo per svago; se vi piace il genere, mi butterei decisamente su altri autori.
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