Titolo: Il violino nero
Autore: Maxence Fermine
Traduttore: S. C. Perroni
Copertina flessibile: 143 pagine
Editore: Bompiani (2003)
Prezzo: 11 €
Il violino nero è il libro più bello che io abbia letto di Maxence Fermine, anche se tutti continuano a lodare solo Neve, ed è anche uno dei miei preferiti in assoluto. È un libriccino piccolo, si legge in pochissimo tempo, ma è pura poesia e musica, con un che di vagamente inquietante che lo rende ancora più bello.
Il tema fondamentale è la musica. I protagonisti Johannes ed Erasmus sono rispettivamente un violinista geniale e un liutaio che è stato allievo di Francesco Stradivari. Tutti i loro discorsi vertono sulla musica, e c'è una voce angelica che entrambi – separatamente – hanno sentito in momenti significativi della propria vita.
E poi ci sono guerra, sogni e aspirazioni, l'importanza di vivere la vita prima di raccontarla tramite l'arte.
I personaggi sono... non so bene come dirlo. L'impressione che ho con i libri di Fermine è che non si tratti realmente di persone, ma di simboli, di allegorie. Non hanno un aspetto né una personalità ben definiti, anche se molti di loro (non solo in questo libro) vengono descritti come diafani, delicati, spesso con occhi e capelli scuri. Più che altro sono caratterizzati dalle loro passioni; è importante la forza con cui desiderano e sentono, non tanto il loro modo di essere o dei comportamenti specifici. Hanno anche tutti lo stesso modo di parlare, che è poi quello dell'autore che parla attraverso loro. Insomma, più che raccontare le vicende dei personaggi, sembra che Fermine li usi per veicolare dei messaggi.
Infine lo stile. Come ho detto il libro è poesia pura, e in generale Maxence Fermine ha appunto un modo di scrivere molto poetico, ma in modo semplicissimo e scorrevole, con frasi brevi e concise, fatte per raggiungere chiunque.
I dialoghi tra i personaggi sembrano in realtà riflessioni di una stessa persona, come se ognuno di loro incarnasse una parte dello stesso individuo, e le descrizioni sono quasi assenti in quanto non necessarie. È uno stile molto più evocativo che descrittivo.
È un genere che può piacere o non piacere, e io in generale non lo amo. Ma per qualche motivo questo libro in particolare mi è rimasto nel cuore, l'ho letto sette volte! Grazie al formato e alla copertina è anche esteticamente bello come oggetto (lo stesso vale per Neve). Di conseguenza non posso che consigliarlo.
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