Titolo: Brevi interviste con uomini schifosi
Autore: David Foster Wallace
Traduttore: O. Fatica, G. Granato
Copertina flessibile: 328 pagine
Editore: Einaudi (2016)
Prezzo online: 11,05 €
Premetto che io voglio troppo bene a David Foster Wallace per criticare con obiettività un qualsiasi suo scritto. Detto questo, comunque, Brevi interviste con uomini schifosi è un'opera geniale, ma a tratti anche difficile da capire. Si tratta di una raccolta di racconti, che mostrano per l'appunto degli uomini schifosi, non necessariamente in modo disgustoso, alla maniera di Palahniuk – anche se i personaggi disgustosi non mancano –, ma spesso in modo soltanto normale, un po' come Franzen.
È molto difficile parlare di questo libro: per me è stato come leggere tanti libri diversi, perfino scritti da autori diversi.
I temi toccati, a parte appunto lo schifo dell'umanità, sono tanti: dall'amore al sesso, alla violenza, la genitorialità, la fede, la depressione raccontata in maniera chiara e reale, senza nessuna traccia di melodramma. Soprattutto, quello che colpisce dell'autore è la sua profonda, sconcertante sensibilità e comprensione della natura umana, e anche di se stesso, che a tratti si mette completamente a nudo (anche se, a uno sguardo poco attento, risulta ben camuffato) ed è anche molto duro con se stesso.
Che dire dei personaggi? Il titolo parla molto chiaro. Si tratta di uomini schifosi, ridicoli, veri (seppur fittizi). In copertina si parla di "un catalogo di mostri atrocemente normali", definizione che più azzeccata di così si muore.
Non solo fanno schifo, ma fanno ancora più schifo nella presunzione con cui cercano di giustificare o di spiegare il loro far schifo. Ed è proprio questo a farmi dire che Wallace ha capito fin troppo bene la psicologia umana: avrebbe potuto limitarsi a descrivere comportamenti schifosi, invece descrive il modo in cui i comportamenti schifosi vengono pensati, ragionati, messi in atto e vissuti. Un genio, insomma. (Ve l'ho detto che sono di parte.)
Wallace è molto sarcastico ed è capace di divertire, ma soprattutto fa pensare, perché la sua ironia nasconde ben altro.
Lo stile è pazzesco. Ho detto che sembra di leggere libri diversi di autori diversi perché credo che nessun altro sia in grado di scrivere in maniera così varia. Ogni racconto ha un suo stile particolare. La caratteristica comune a tutti è la ricchezza di vocabolario, l'intelligenza che trasuda da ogni parola. Le descrizioni, anche solo di uno sguardo, sono perfette. A un certo punto neanche importa più che cosa si sta leggendo, perché ci si sente schiacciati dalla bellezza della scrittura.
Il racconto che ho preferito è Chiesa fatta senza le mani, che mi ha ricordato addirittura Virginia Woolf. Una scrittura meravigliosa e poetica, complessa e ricchissima.
DFW era un genio, ma non lo siamo tutti, e quindi seguirlo non è sempre facile. Scritta da qualsiasi altro autore, un'opera del genere sarebbe stata un labirinto confusionario e insensato, invece l'ha scritta lui e leggendola si ha l'impressione di farsi un giro nel suo cervello. Un cervello molto, molto interessante.
Leggere questo libro è stata senza dubbio un'esperienza più intellettiva che emotiva (tralasciando la rabbia e il disgusto), e io dai libri cerco soprattutto emozioni. Perciò non potrei metterlo tra i miei libri del cuore, ma comunque posso solo inchinarmi di fronte a una mente e una penna del genere. Nel bene o nel male, è diverso da qualunque altra cosa io abbia letto nella mia vita.
Leggetelo. Non per forza questo libro, ma almeno l'autore.
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