LA MORTE DI IVAN IL'IC – Lev Tolstoj

La morte di Ivan Il'ic - Lev Tolstoj
Titolo: La morte di Ivan Il'ič
Autore: Lev Tolstoj
Traduttore: Duchessa D'Andria
Copertina flessibile: 72 pagine
Editore: Gingko Edizioni (2015)
Prezzo: 6,99 €

La morte di Ivan Il'ič è un racconto breve ma molto denso del buon vecchio Lev Tolstoj, il quale dimostra come sempre una grande conoscenza della natura umana.
I temi trattati sono relativi alla morte e alla malattia, vissute da prospettive diverse. Da una parte abbiamo la moglie, i figli, i presunti amici, che sin dal primo capitolo – cioè al funerale del povero Ivan – mostrano spietatamente (al lettore) il loro atteggiamento frivolo, soltanto infastidito dalle incombenze che la morte comporta, dagli obblighi e le convenzioni; qualcuno mostra anche soddisfazione, se la morte di Ivan Il'ič gli risulta vantaggiosa. Dall'altra abbiamo, nei capitoli successivi, la storia di un malato che si vede sottrarre la vita da sotto il naso, che ha avuto soddisfazioni che si rivelano ormai effimere e senza significato. Abbiamo la solitudine di una persona che avrebbe bisogno almeno di compassione, ma non può averla perché gli altri sono vivi e in salute, estranei alla morte e ormai anche a lui.

Tolstoj è un maestro nello studio dei personaggi: le descrizioni fisiche sono spettacolari, in particolare – ahimè – quella del cadavere, di cui mostra perfino l'espressione facciale.
Per il resto, non mancano i dettagli su posture e gesti, ma soprattutto quello che emerge sono gli atteggiamenti dei personaggi di fronte alla morte (altrui): la stupidaggine con cui l'affrontano, la falsità dei sentimenti ostentati, la tristezza obbligata. In realtà ognuno pensa a sé stesso, e semmai si preoccupa della propria morte, che prima o poi dovrà arrivare.
Non so per quale motivo, nei romanzi/racconti russi, così spesso i mariti odino le mogli. Come se odiare la moglie fosse una buona norma sociale, un obbligo dettato dalla loro cultura.

Per quanto riguarda lo stile, è abbastanza inutile commentare Tolstoj. Mi pare superfluo dire che il racconto è ovviamente scritto benissimo, la prosa è elegante, le descrizioni ottime, piene di dettagli e si soffermano su particolari in apparenza irrilevanti che invece condensano una miriade di informazioni utili. Tolstoj è davvero uno di quegli autori bravissimi a mostrare, più che a dire.
I dialoghi sono anch'essi molto ben studiati, mettono bene in luce la falsità dei personaggi, nonché le loro vere intenzioni. Infine, l'angoscia del protagonista è perfettamente rappresentata e passa al lettore, che si ritrova a identificarsi con Ivan, a sentire tutta la sua solitudine.
Va be', leggete Tolstoj, che vi fa bene.

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LA MORTE DELLA PIZIA – Friedrich Dürrenmatt

La morte della Pizia - Friedrich Dürrenmatt
Titolo: La morte della pizia
Autore: Friedrich Dürrenmatt
Traduttore: R. Colorni
Copertina flessibile: 68 pagine
Editore: Adelphi
Prezzo: 7,60 €

La morte della Pizia di Friedrich Dürrenmatt è un romanzo completamente diverso da quello che mi aspettavo. È molto ironico ed è una rivisitazione alquanto irriverente di tradizioni e personaggi molto cari agli antichi Greci.
Tanto per cominciare, proprio l'oracolo e la funzione della Pizia vengono ridicolizzati, in quanto Pannychis – appunto la Pizia protagonista della storia –, ormai vecchia, confessa di aver sempre e solo inventato tutti i messaggi "divini" che ha consegnato a chiunque l'abbia consultata, e mette perfino in discussione l'esistenza degli dèi. In particolare, l'oracolo di cui si parla è quello che riguarda Edipo, con relativi genitori e la Sfinge. Infatti, mi duole dirlo, un altro tema è quello dell'incesto.
Quello che c'è di buono, a mio parere, è il tentativo di riportare la volontà divina a delle scelte e responsabilità che sono in realtà personali.

Nessuno dei personaggi mi ha colpito. O meglio, forse dovrei dire che Giocasta mi ha fatto un po' senso, le sue spiegazioni sui rapporti incestuosi con Edipo mi hanno alquanto disgustata e la dicono lunga sulla sua personalità. Voglio dire che è caratterizzata solo attraverso il suo racconto di quella particolare vicenda.
Per il resto, le personalità dei personaggi non sono molto rilevanti, ma tutti sono furbi e corrotti. La personalità della stessa Pannychis non è molto approfondita, ma il succo del discorso sta nel suo prendersi gioco delle tradizioni, del suo stesso lavoro e di tutti i personaggi che l'hanno consultata, bevendosi le sue invenzioni come se fossero profezie divine.

Nemmeno lo stile mi ha colpito molto. È scorrevole e ironico, forse pure troppo: compaiono termini decisamente troppo moderni rispetto all'ambientazione (in particolare "kitsch") e, anche se la cosa può far sorridere, scade nel ridicolo. Mi è parso che volesse essere divertente senza riuscirci sul serio.
Come ho detto, i racconti di Giocasta mi hanno abbastanza disgustata, ma non ho trovato nient'altro di notevole. Il romanzo però è molto breve, quindi si legge facilmente, non è mai pesante né noioso. È una lettura piacevole e originale, va bene per evasione ma non aspettatevi molto altro.

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LE ORE – Michael Cunningham

Le ore - Michael Cunningham
Titolo: Le ore
Autore: Michael Cunningham
Traduttore: I. Cotroneo
Copertina flessibile: 169 pagine
Editore: Bompiani (2004)
Prezzo: 11,40 €

Le ore di Michael Cunningham è uno dei libri più belli che abbia mai letto. Secondo me l'hanno letto in troppo pochi, e il film non gli rende per niente giustizia.
Si tratta di tre vite, o meglio tre precisi momenti delle vite di tre donne (tra cui Virginia Woolf), in qualche modo collegati dalla letteratura e le rose gialle.
Tra i temi trattati:
  • Letteratura, appunto, che ha un ruolo fondamentale per tutte e tre le protagoniste e che in un certo senso le salva, è un rifugio. Anche se non può fare miracoli, ahimè.
  • Autostima, aspettative e obblighi sociali, inadeguatezza e fallimento. Tutte e tre le protagoniste vogliono disperatamente qualcosa e si sentono fallite perché non l'ottengono. E tutte e tre fuggono da questa sensazione orribile, dalle aspettative degli altri, ognuna in un modo diverso.
  • Depressione, suicidio. Va be', Virginia Woolf la conoscete tutti. Ma neanche Laura Brown scherza, e non a caso è uno dei miei personaggi preferiti di sempre.
  • Amore, e soprattutto la sua assenza. "C'è così poco amore nel mondo."

I personaggi sono perfettamente visibili, chiari, le descrizioni fisiche scarseggiano ma, quando ci sono, sono molto efficaci.
Per il resto sono vivi, anche quando sono depressi e vogliono morire, sono fasci di emozioni e pensieri veicolati in maniera esemplare. Soprattutto la paura. E, nel caso di Clarissa, l'amore esagerato, stranamente verosimile, per tutto ciò che la circonda, comprese le persone.
Come ho detto, Laura Brown è per me un bellissimo personaggio, a cui mi sento molto legata, ma anche in Virginia e in Clarissa ho visto parti di me, le ho capite, le ho amate.

Lo stile è meraviglioso. Una scrittura stupenda, poetica, ricercata ed elegante, curatissima.
I dialoghi (ma anche i monologhi, i flussi di pensieri e sentimenti) sono ottimi, definiscono ulteriormente le personalità dei personaggi.
Le descrizioni sono anch'esse molto curate, con dettagli a cui sarebbe facile non pensare affatto, ma Michael Cunningham per fortuna ci pensa e arricchisce così il suo romanzo di realtà.
Io amo questo libro e mi è molto caro, non posso fare altro che consigliarlo. Ma vi avverto anche che, nel caso in cui non doveste sentirvi partecipi, potrebbe risultarvi noioso. Non è un libro da leggere per evasione.

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ALLY NELLA TEMPESTA – Lucinda Riley

Titolo: Ally nella tempesta
Autore: Lucinda Riley
Traduttore: S. Reggiani, L. Taiuti
Copertina flessibile: 656 pagine
Editore: Giunti Editore (2018)
Prezzo: 9,60 €

Ally nella tempesta di Lucinda Riley è il secondo libro della serie Le sette sorelle, e mi è piaciuto più del primo.
Le storie sono ovviamente tutte simili: Pa' Salt, l'uomo che le ha adottate e che ha dato a ognuna di loro il nome di una stella delle Pleiadi, è morto, e in ogni libro una delle sorelle – in questo caso appunto la seconda, Alcyone detta Ally – va alla ricerca delle proprie origini seguendo gli indizi lasciati dall'uomo prima della sua morte.
Nonostante io mi senta molto simile a Maia, protagonista del primo libro, il secondo mi ha coinvolto di più da un punto di vista emotivo, forse perché, nonostante io sia siciliana, so che mi sentirei più a casa in un paese nordico e freddo e sono sempre stata affascinata proprio dalla Norvegia, dove Ally trova le sue origini. In alcuni momenti mi ha perfino commosso il suo riconoscere parti di sé che non sapeva di avere, mi sono immaginata in un luogo del genere e l'ho sentito molto mio. Ma a voi di questo non frega niente.
Parliamo dunque di altri temi:
  • Coraggio vs paura. Ally è una leader, considerata la più coraggiosa delle sorelle, e si trova costretta ad affrontare con grande forza una serie di sciagure che metterebbero alla prova chiunque.
  • Musica. Se la storia di Maia era legata soprattutto all'architettura e alla scultura, quella di Ally è invece legata alla musica. A questo punto suppongo che le storie di tutte le sorelle saranno legate a quelle di grandi artisti. In questo caso è Edvard Grieg.
  • Denaro e libertà. Le ragazze hanno la fortuna di essere ricche e, in quanto tali, libere di fare praticamente qualsiasi cosa. Da poveraccia quale sono, trovo abbastanza snervante leggere con quanta facilità programmino viaggi da un giorno all'altro e possano permettersi qualsiasi capriccio.
  • Guerra e nazismo, che riguardano solo una parte della storia, piccola ma rilevante.
E poi i temi ovvi che la trama comporta: famiglia (particolare attenzione è dedicata alla maternità), morte e lutto, identità e ricerca di sé.

Riguardo ai personaggi, le descrizioni fisiche sono buone ed esaurienti. Ally mi è piaciuta molto anche se non ho assolutamente nulla in comune con lei; la sua personalità emerge con chiarezza, così come quella di Theo, uno dei personaggi maschili più importanti. Anche le personalità delle altre sorelle sono rese in modo chiaro, sebbene compaiano per poco.
Ho trovato Grieg poco credibile, ma è una questione di trama, non di costruzione del personaggio. Trovo poco saggio prendere un personaggio conosciuto come lui e calarlo in situazioni non documentate storicamente: la mia mente si inceppa sull'inverosimiglianza. La stessa storia, con un generico musicista famoso senza nome, mi sarebbe risultata più credibile.
Purtroppo, visti anche i periodi storici, ci sono un sacco di vecchi squallidi che si innamorano di ragazzine.

Sullo stile non c'è granché da dire. È molto scorrevole e piacevole da leggere, la lunghezza del romanzo non pesa per nulla. Ci sono delle parti di cui non mi importava nulla, riguardo alla navigazione e le gare di vela, eppure non mi sono annoiata per niente.
Descrizioni e dialoghi sono decenti ma non hanno nulla di speciale, anzi alcuni personaggi (Theo in particolare) parlano in modo vagamente antiquato nonostante la giovane età. Mi chiedo se sia colpa della traduzione.
In ogni caso Ally nella tempesta mi ha tenuto compagnia per una decina di giorni, ed è stato per me una lettura estremamente piacevole.

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NON TI CREDO – Sophie Hannah

Non ti credo - Sophie Hannah
Titolo: Non ti credo
Autore: Sophie Hannah
Traduttore: S. Lauzi
Copertina rigida: 378 pagine
Editore: Garzanti (2009)
Prezzo: 9,40 €

Ho letto Non ti credo di Sophie Hannah diversi anni fa, e di solito non rileggo i thriller, perché non c'è gusto quando sai già tutto. Ho riletto questo perché lo ricordavo come uno dei migliori thriller che avessi mai letto, e confermo la mia idea. Dato che si tratta del secondo volume della serie Spilling CID (ma può essere letto come libro indipendente senza alcun problema, come ho fatto io la prima volta), nel frattempo ho letto anche il primo, Non è mia figlia, anch'esso un ottimo thriller che tocca temi interessanti – ma Non ti credo resta a mio parere migliore.
Alcuni temi:
  • Fiducia e tradimento. Il romanzo ci sbatte in faccia una verità che tutti preferiremmo ignorare: faremmo meglio a non fidarci mai di nessuno, perché proprio le persone che più amiamo, quelle che ci sono più vicine, possono farci il male peggiore.
  • Misoginia e violenza sessuale. È su questo che vertono le indagini del sergente Charlie Zailer e del detective Simon Waterhouse (protagonisti dell'intera serie), perché il criminale ricercato è uno stupratore seriale che ha violentato diverse donne, più o meno con le stesse modalità ma affinate nel tempo.
  • Lavoro e successo, quello delle vittime. Lo stupratore sceglie infatti le sue prede tra una serie di donne indipendenti, con lavori di prestigio, spesso libere professioniste o comunque con carriere importanti e molto proficue.
  • Amore, trattato davvero con molto pessimismo. Amore per le persone sbagliate, non corrisposto, cieco e capace di giustificare le azioni più abiette.

I personaggi sono descritti bene, con molti dettagli, e anche le loro personalità sono descritte più che mostrate. Inoltre sembra che tutti siano o patetici, e quindi deboli, o aggressivi, e quindi "forti" (si fa per dire). Comunque nel complesso li ho trovati ben fatti ed efficacemente ambigui, considerato anche che in genere nei thriller non si presta molta attenzione alla caratterizzazione, perché la parte importante è costituita dagli eventi.
Naomi, protagonista della vicenda nonché voce narrante di alcuni capitoli, non mi è risultata molto simpatica, sembra illogica e presuntuosa, ma per fortuna alla fine rinsavisce un minimo.

Ho apprezzato lo stile che, come sempre nei thriller (almeno in quelli buoni), è molto scorrevole e coinvolgente, incuriosisce e spinge a continuare la lettura. In realtà si potrebbe parlare di stili al plurale, perché i capitoli sono suddivisi tra il racconto di Naomi in prima persona e le indagini della polizia (e anche le vite private dei detective).
Le descrizioni sono buone, i dialoghi funzionali alla narrazione ma non particolarmente notevoli. Una cosa che mi ha stranito è l'uso continuo di imperativi, come se tutti si dessero ordini a vicenda. Non so se sia un "problema" della traduzione o se fosse intenzionale da parte dell'autrice.
In ogni caso la vicenda è molto ben orchestrata e crea la giusta suspense dovuta da un thriller. Consiglio la lettura agli amanti del genere senza ombra di dubbio.

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LA CATTEDRALE DEL MARE – Ildefonso Falcones

La cattedrale del mare - Ildefonso Falcones
Titolo: La cattedrale del mare
Autore: Ildefonso Falcones
Traduttore: R. Bovaia
Copertina rigida: 642 pagine
Editore: TEA (2017)
Prezzo: 10 €

La cattedrale del mare è il libro più famoso di Ildefonso Falcones, che tutti avevano già letto tranne me. È un romanzo appassionante, una lettura molto piacevole, ma non un capolavoro.
È piuttosto lungo e percorre praticamente tutta la vita di Arnau, dalla sua nascita alla vecchiaia, quindi tocca moltissimi temi. Eccone alcuni:
  • Società medievale. La cattedrale del mare è un romanzo storico: racconta della costruzione della basilica Santa Maria del Mar a Barcellona, avvenuta nel medioevo, e dipinge un quadro di quel periodo storico. Troviamo quindi il vassallaggio, la schiavitù e tutte quelle istituzioni che in breve legittimavano abusi, razzismo, pregiudizi e violenza gratuita. La condizione della donna è particolarmente difficile da digerire, non solo per la sottomissione d'obbligo nei confronti di padri, mariti e uomini in generale, ma soprattutto per la ricorrenza delle violenze sessuali. Legali, per giunta. E a tal proposito:
  • Legge e (in)giustizia. La cosiddetta "giustizia" medievale fa accapponare la pelle; la corruzione e la finta moralità di cui il romanzo è pieno, incarnate da alcuni personaggi in particolare, arrivano a livelli vomitevoli.
  • Religione, fede, eresia. Altri temi tipicamente medievali, tanto più che, appunto, si parla della costruzione di una chiesa. E la Madonna ha un significato molto particolare per il protagonista.
Tra gli altri, infine, troviamo politica, economia e il solito, onnipresente amore.

Le descrizioni fisiche dei personaggi non sono molto approfondite, più che altro vengono sottolineati specifici dettagli – per esempio gli occhi castani di Aledis – ma di molti non si sa nemmeno se hanno, chessò, capelli scuri o chiari.
I comportamenti sono invece abbastanza definiti, anche se in molti casi sono obbligati, soprattutto nella prima parte, in cui i servi della gleba sono costretti a sottomettersi alle volontà dei signori. Bernat è un personaggio ben fatto: si percepiscono la sua volontà ferma, la sua determinazione e le sue priorità.
I bambini sono spesso più definiti degli adulti, in particolare Joanet, che a sei anni dimostra più carattere di tanti altri, e Margarida, che già da piccola manifesta la sua natura da vipera.
Ho apprezzato Aledis, anche lei un'insopportabile manipolatrice sin da piccola, ma è forse il personaggio che si evolve maggiormente – migliorando – nella storia. In realtà anche Joan cambia molto, ma in peggio.

Riguardo allo stile, il racconto coinvolge ed è ben scritto. Descrizioni e dialoghi non hanno nulla di eccezionale, ma nel complesso sono buoni. Alcune descrizioni sono molto realistiche e, in quanto tali, ributtanti, come quelle relative alla peste, ma anche alle torture, le frustate e altre cose altrettanto amene.
Ho trovato molto bello il modo in cui Bernat parla al figlio, pieno di premura, attenzione e amore, in un romanzo in cui moltissimi personaggi sono dei bruti o, perlomeno, dei manipolatori il cui scopo è danneggiare o umiliare gli altri.
Riassumendo, La cattedrale del mare è una lettura molto appassionante che può tenere buona compagnia per parecchio tempo, e può soddisfare un po' tutti i gusti.

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MENDEL DEI LIBRI – Stefan Zweig

Mendel dei libri - Stefan Zweig
Titolo: Mendel dei libri
Autore: Stefan Zweig
Traduttore: N. Giacon
Copertina flessibile: 96 pagine
Editore: Garzanti (2016)
Prezzo: 6,55 €

Mendel dei libri è il primo libro che ho letto di Stefan Zweig, quello che ai tempi mi ha fatto innamorare di lui.
Come sempre, non accadono molti eventi rilevanti, si tratta più che altro del ritratto di un personaggio, tale Jakob Mendel, detto "dei libri" perché conosce, almeno di nome, praticamente tutti i libri dell'universo, e a lui si rivolgono studenti o studiosi che hanno bisogno di trovare materiale su un determinato argomento. Questa sua passione lo distrae dal mondo e dalla vita vera, si rende conto a stento di quello che gli accade intorno, non si accorge nemmeno della guerra. E proprio questa sua estraniazione segnerà il suo destino e gli costerà molto cara.
Tra i temi, dunque, citerei i libri, la memoria, la guerra e il nazismo, la solitudine.

Il libro non è altro che la descrizione e la rappresentazione di un personaggio, appunto Mendel, come sono spesso i libri di Zweig. Una descrizione minuziosamente accurata sia dell'aspetto, sia dei gesti, degli atteggiamenti e del suo funzionamento mentale, perfino degli sguardi.
Al di là del protagonista, i personaggi sono pochi e non molto rilevanti ma, anche quando compaiono per poche righe, sono anche loro ben caratterizzati attraverso piccoli gesti e movenze.

Infine lo stile. L'ho scritto in tutte le mie recensioni dei romanzi di Zweig: la sua scrittura è perfetta. Bellissima, scorrevole e trascinante, le frasi sono lunghe ma mai troppo complesse o difficili da seguire, è come un flusso che trasporta il lettore anche contro la sua volontà.
Le descrizioni in genere, come quelle dei singoli personaggi, sono vivide e accurate, e i dialoghi sono rilevanti grazie ai gesti più che alle parole. Sono funzionali alla caratterizzazione dei personaggi, poiché li mostrano in azione in maniera molto efficace, tipica di Zweig.
Non posso che consigliarvi la lettura di questo romanzo, come di tutti gli altri dell'autore.

UNA SPOLA DI FILO BLU – Anne Tyler

Una spola di filo blu - Anne Tyler
Titolo: Una spola di filo blu
Autore: Anne Tyler
Traduttore: L. Pignatti
Copertina flessibile: 391 pagine
Editore: Guanda (2016)
Prezzo: 11,40 €

Una spola di filo blu è il primo romanzo che ho letto di Anne Tyler, autrice di cui avevo sentito parlare molto bene. Mi ha ricordato un po' (sto per dire un'eresia) Franzen; se parliamo di scrittura non c'è proprio paragone, ovviamente, ma qualcosa nelle vicende e nel modo di presentarle mi ha fatto pensare a lui. Nel complesso è stata una bella lettura, ma non mi ha colpito molto e non credo resterà a lungo nei miei ricordi.
Vediamo alcuni temi:
  • Famiglia. Stiamo parlando di una storia familiare, che salta da una generazione all'altra, e tutte le vicende riguardano le relazioni tra coniugi, fratelli, cugini. Qua e là c'è qualche personaggio estraneo alla famiglia, ma non serve praticamente a nulla.
  • Aspettative (collegate anch'esse alla famiglia, perlopiù) e, di conseguenza, competizione e aspettative. Come in tutte le famiglie di questo mondo, non può mancare la (sana?) competizione tra fratelli, come non possono mancare i figli "bravi" e quelli sbandati. Sembrerebbero dei cliché, ma l'autrice è stata brava a renderli verosimili.
  • Vecchiaia e adolescenza. In realtà vediamo i vari personaggi in diverse epoche delle loro vite, ma queste due fasi (e direi la vecchiaia in primis) hanno un peso particolare. E alla vecchiaia segue la morte, ahimè.
  • Amore. Anche se è piuttosto ben nascosto, in alcuni momenti emerge a sorpresa, ed è bello perché è un amore reale, non sdolcinato o stucchevole. È l'amore delle persone vere, imperfette, spesso odiose e insopportabili.

Le descrizioni fisiche dei personaggi sono discrete, ma a dire la verità non c'era neanche tanto da sforzarsi, dato che quasi tutti i componenti della famiglia sono spigolosi, con capelli neri e occhi azzurri.
Anche la caratterizzazione è buona; in particolare, per un bel po' di tempo, il personaggio di Abby spicca in maniera significativa, forse addirittura con prepotenza, esagerato nelle sue manifestazioni (di qualsiasi emozione). Ma anche di altri vengono fuori ossessioni e fissazioni, comportamenti caratteristici che si ripetono nel corso degli anni, cosa che ho apprezzato perché sembra voler sottolineare come le persone in fondo non cambino mai.
Comunque, più che i caratteri, le vere protagoniste del romanzo sono le storie dei personaggi, e sono soprattutto queste a caratterizzarli.

Riguardo allo stile, direi che è senza infamia e senza lode. Coinvolgente quanto basta, ma non trascinante, a tratti pure tedioso.
Le descrizioni sono scarse perché non hanno alcuna rilevanza; più che altro hanno invece importanza i dialoghi, poiché il libro si fonda soprattutto sulle interazioni tra i personaggi. Ed effettivamente i dialoghi sono realistici e verosimili; il che significa spesso anche noiosi, non molto avvincenti, perché – diciamocelo – in almeno la metà dei casi ascoltare le persone non è che sia poi così interessante. Perciò questo realismo è comunque un pregio del libro.
Insomma, Una spola di filo blu non mi ha entusiasmato, però è sicuramente una lettura valida (e poi non mancano i colpi di scena).

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EMMA – Jane Austen

Emma - Jane Austen
Titolo: Emma
Autore: Jane Austen
Traduttore: A.L. Zazo
Copertina flessibile: 530 pagine
Editore: Mondadori (2002)
Prezzo: 10,45 €

Emma è, a mio parere, il miglior romanzo di Jane Austen, il meno noioso. Se non altro perché la protagonista si evolve nel corso della storia, a differenza di tutte le altre eroine austeniane.
Tra i temi trattati o, più che altro, mostrati:
  • Amore e corteggiamento. I romanzi di Jane Austen sono tutti più o meno romantici, ma qui l'amore viene mostrato in maniera più originale, come frutto di macchinazioni e manipolazioni, o comunque accompagnato da esse. Ovviamente alla fine l'amore autentico trionfa per tutti, blablabla.
  • Società, reputazione e pregiudizi. Come sempre, anche qui l'autrice fa un bel ritratto della società del tempo, mettendo in mostra i pregiudizi verso i più poveri, ma anche la pietà nei loro confronti.
  • Intelligenza e solitudine. Emma è dichiaratamente intelligente, la sua intelligenza viene più volte lodata e sottolineata in tutto il romanzo e la distingue da ogni altro personaggio (anche degli altri romanzi). A quanto pare, Jane Austen pensa e ci ricorda che l'intelligenza è fonte di solitudine, proprio perché non è così diffusa. Emma è circondata da persone che ama, ma che non saranno mai all'altezza del suo intelletto. Inoltre, c'è da dire che lei stessa non lo usa sempre in modo appropriato.
  • Vecchiaia e gioventù. Sembra che i personaggi del romanzo siano suddivisi in modo netto tra vecchi e giovani, e la cosa triste è che non si capisce bene dove si collochi Emma, sebbene abbia solo 21 anni. Vive con l'anziano padre, ha a che fare spesso con persone più grandi di lei e ha ben poche occasioni di socializzare con i suoi coetanei. Insomma, è abbastanza sprecata.

Le descrizioni fisiche dei personaggi di Emma sono carenti, di alcuni non si sa fino a alla fine come siano fatti. I caratteri invece sono molto chiari, spesso anche esasperati. Sono ben evidenti la vivacità, il buonsenso, la saggezza, la dolcezza e tutte le caratteristiche attribuite a ognuno di loro, e soprattutto a cosa tengono e a cosa no.
Emma è la mia preferita tra le protagoniste di Jane Austen, è molto più viva delle altre, intelligente e di carattere vivace, intraprendente e smaniosa di fare. In più, come ho detto, a differenza delle altre si evolve nel corso della storia.
Amo anche il signor Knightley, a sua volta il miglior personaggio maschile dell'autrice. Molto meglio di Darcy, a mio modesto parere.

Lo stile di Jane Austen è sempre molto piacevole, scorrevole ed elegante, anche se non mancano parti noiosissime grazie alla sua abitudine di sottolineare, anche molto lungamente, la frivolezza della società borghese.
Non ho trovato descrizioni degne di nota, mentre sono più notevoli i dialoghi, perché caratterizzano bene i personaggi e sono, appunto, indicativi di come molti di loro siano concentrati su cose del tutto irrilevanti e frivole. Sono spesso infarciti di vuotezza e inutilmente prolissi, mille parole quando se ne potrebbe usare una sola. In particolare i monologhi della signorina Bates, che parla per pagine e pagine senza mai dire nulla di rilevante.
I più interessanti sono gli scambi tra Emma e il signor Knightley, l'unico che la rimproveri e la "educhi", cercando di renderla una persona migliore, a differenza degli altri che la ritengono già perfetta.
Come ho già detto a proposito di Persuasione, io non sono una grande fan di Jane Austen, ma se proprio volete leggerla io vi consiglio questi due romanzi, piuttosto che Orgoglio e Pregiudizio.

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HUNGER GAMES – Suzanne Collins

Hunger Games - Suzanne Collins
Titolo: Hunger Games
Autore: Suzanne Collins
Traduttore: F. Paracchini, S. Brogli
Copertina flessibile: 418 pagine
Editore: Mondadori (2019)
Prezzo: 12,35 €

Hunger Games di Suzanne Collins appartiene a un genere che non amo leggere, perciò mi ero sempre rifiutata di farlo. Non so perché a un certo punto mi sia venuta la curiosità, comunque l'ho letto e non mi è dispiaciuto, anche se non mi ha entusiasmata e non leggerò il seguito.
È soprattutto un romanzo crudele, non solo perché è pieno di violenza, ma perché è psicologicamente crudele, nei confronti dei personaggi – quasi privati della loro umanità (che tuttavia sopravvive) – e anche del lettore.
Elenco alcuni temi molto velocemente, perché sono sicura che tutti conosciate la storia meglio di me.
  • Famiglia, in senso ampio. Appartenenza a un gruppo, a una casta sociale, a uno dei distretti in cui è suddivisa la nazione di Panem.
  • Depressione, morte e lutto.
  • Povertà.
  • Guerra e sopravvivenza.
  • Amore, amicizia, solidarietà vs competizione.
  • Vendetta vs gratitudine.

I personaggi di Hunger Games lasciano a desiderare, ma questo era prevedibile. Le descrizioni fisiche sono buone, mentre la caratterizzazione è affidata a una sola qualità per ciascuno, che viene dichiarata più che mostrata (per esempio uno è coraggioso, uno è buono, uno è furbo e così via).
Katniss, la protagonista, è relativamente ben fatta. Le sue emozioni e reazioni, o la loro assenza (intenzionale), sono chiare e hanno conseguenze sui suoi comportamenti, cosa che non si può dire degli altri.
Un altro personaggio che ho apprezzato e che risulta particolarmente chiaro è quello di Rue, descritta con una certa attenzione anche nel suo modo di fare, i suoi atteggiamenti e movimenti.

Lo stile non è proprio notevole, ma devo dire che è discreto. È scorrevole come in ogni young adult, ma non troppo povero o banale. La scrittura è abbastanza curata (nei limiti del possibile) ma anche vuota, priva di significati; la narrazione non manca di pathos, o almeno non sempre. A tratti è doloroso, ma alcuni avvenimenti oggettivamente drammatici vengono raccontati come fatterelli quotidiani.
I dialoghi sono abbastanza decenti, si percepiscono le emozioni dei personaggi e la loro rassegnazione, mentre le descrizioni non hanno nulla di notevole.
Il mio entusiasmo è scarso perché io non amo il genere, ma per chi invece lo apprezza è una lettura che ritengo valida.