VENT'ANNI DOPO – Alexandre Dumas

Vent'anni dopo - Alexandre Dumas
Titolo: Vent'anni dopo
Autore: Alexandre Dumas
Traduttore: L. Premi
Copertina rigida: 951 pagine (due romanzi)
Editore: Newton Compton Editori (2016)
Prezzo: 9,40 €

Vent'anni dopo di Alexandre Dumas è il seguito dei Tre moschettieri, e rispetto a quello mi è piaciuto un po' meno. È anche meno incentrato sulle figure dei moschettieri, che in alcune lunghe parti sono del tutto assenti. In ogni caso è un'altra lettura godibilissima, scorrevole e mai noiosa.
I temi sono un po' quelli già visti nel primo libro, in particolare:
  • Amicizia. Quella tra i moschettieri è sopravvissuta a vent'anni di separazione, anche se all'inizio sembra incrinata; qui sono perfino rivali, almeno da un punto di vista politico. Alquanto tristi le riflessioni su come l'amicizia cambi con l'età, ma del resto temo di essere abbastanza d'accordo. Le amicizie giovanili sono ben diverse da quelle adulte.
  • Politica, potere, valori e fedeltà, ai sovrani ma anche a certi ideali. Qui la politica ha un peso maggiore che nel primo libro, forse pure eccessivo a tratti. Del resto stiamo parlando di un romanzo storico, e i riferimenti alla situazione del periodo sono necessari.
  • Vendetta. Anche questa è forse più presente qui che nel primo libro, e anzi si ricerca proprio la vendetta per quanto avvenuto vent'anni prima, che del resto continua a tormentare la coscienza di tutti (tranne Porthos, che è scemo. Vedi più avanti).
  • Amore filiale e genitoriale. Su questo non dirò nulla per non fare spoiler.
  • Ovviamente intrighi, segreti e menzogne, ingredienti fondamentali dei romanzi di Dumas.

Per quanto riguarda i personaggi, le descrizioni sono perfette, ognuno ha i suoi modi e i suoi atteggiamenti personali, ma i quattro protagonisti mi hanno lasciata un po' perplessa perché, sì, hanno ancora le loro personalità ben definite, ma le ho trovate esasperate fino all'eccesso. In particolare Porthos incarna ormai lo stereotipo dell'energumeno grande, grosso e stupido, che si fa strada a suon di pugni, tipo Bud Spencer nei suoi film cult. Athos – che resta il mio preferito – ha smesso di essere un ubriacone e in compenso si avvicina a una santità poco verosimile. Mi piaceva di più quand'era infelice. D'Artagnan, ovviamente, sempre un infantile manipolatore presuntuoso.
Gli altri personaggi sono ben fatti: Grimaud, per esempio, ha una personalità e un modo di fare che lo rendono interessante; Beaufort è piuttosto divertente; Mazzarino è viscido e irritante; Mordaunt fa venire voglia di prenderlo a sprangate. Insomma, non certo dei personaggi anonimi o insignificanti.

Infine lo stile. Come ho detto, anche questo romanzo è molto scorrevole e trascinante, e in particolare i dialoghi, come già nei Moschettieri, rendono la lettura molto più immediata e veloce. Anche le descrizioni sono molto nitide, a volte raccapriccianti, sembra perfino di sentire i rumori. Non mancano brani commoventi, soprattutto un paio di discorsi di Athos, ma neanche parti un po' noiose, troppo politiche per i miei gusti.
Tuttavia in questa edizione, che comprende entrambi i romanzi, tradotti dalla stessa persona, la trascrizione di Vent'anni dopo è davvero pessima. È pieno, pieno di refusi e le virgole sono usate proprio a caso.
Senza dubbio consiglio sia I tre moschettieri sia Vent'anni dopo, ma forse sarebbe meglio scegliere un'altra edizione.

Qui ce ne sono alcune: https://amzn.to/2VzZQlD

UCCELLI DI ROVO – Colleen McCullough

Uccelli di rovo - Colleen McCullough
Titolo: Uccelli di rovo
Autore: Colleen McCullough
Traduttore: B. Oddera
Copertina flessibile: 558 pagine
Editore: Bompiani (2003)
Prezzo: 11,40 €

Uccelli di rovo di Colleen McCullough è un romanzo scritto molto bene, infatti sin dall'inizio mi è sembrato promettente. Poi ho cambiato idea.
Segue le vicende della famiglia Cleary, costituita perlopiù da uomini. Da ciò si evince quanto vari possano essere i temi. Tra i più incisivi citerei:
  • Differenze sociali, di genere, sessismo e discriminazioni di vario tipo. Anche i personaggi più elogiati, descritti come buoni e rari e unici ecc. sono in realtà degli ignoranti pieni di pregiudizi e molto maschilisti (comprese le donne).
  • Lavoro e denaro, onore e reputazione. I Cleary sono poveri e lavorano sodo, poi le loro sorti si risollevano ma in ogni caso passano tutta la vita a lavorare, anche quelli che potrebbero evitarlo.
  • Guerra, politica e religione. Competizioni tra uomini e anche con Dio.

I personaggi li avrei presi (quasi) tutti a pugni. Cominciamo dalle cose positive: le descrizioni fisiche sono favolose, e anche la caratterizzazione è buona, sono tutti molto credibili. Tuttavia quelli che si distinguono positivamente sono ben pochi.
Gli uomini sono quasi tutti terribili, sebbene si ripeta quanto sono bravi e buoni e belli. Padre Ralph sembra un maniaco e pure pedofilo.
Le donne sono pochissime e in particolare Meggie è pessima. Innanzi tutto è stupida; finché è una ragazzina la sua ingenuità può essere comprensibile, ma a una certa età essere ancora così idiote è imperdonabile. Mette gli uomini al centro del mondo, lo scopo della sua esistenza è avere figli e poi, quando li ha, non se ne prende cura adeguatamente. Ma non importa, quel che conta è che possa essere orgogliosa di aver "rubato" qualcosa ai suoi uomini! (Soprattutto il maschio, della femmina chi se ne frega.) Inoltre sembra isterica, fa la martire e poi sfoga il suo egocentrismo con scatti d'ira in cui dice cose senza senso, accusa gli altri e si mette in competizione con Dio perché le porta via tutti gli uomini importanti per lei. Ma magari scegliti qualcuno che non sia un prete, cretina! Che personaggio vomitevole.
Sua figlia Justine è la mia preferita, l'unica con un minimo di carattere e di intelligenza, e infatti tutti la odiano, mentre amano suo fratello Dane che è noiosissimo.
Insomma, NO. Non ci siamo.

Lo stile, per fortuna, è molto bello. La scrittura è scorrevole e coinvolgente, tiene viva l'attenzione nonostante i fatti siano fastidiosi. Le descrizioni – della natura, degli incendi – sono bellissime, con similitudini particolari. I dialoghi sono ben fatti e caratterizzanti, ma a volte troppo filosofici, soprattutto quando sono coinvolti Ralph e altri membri del clero. Arrivano a essere poco credibili.
A tratti si sfiora la blasfemia, dato che Meggie preferisce insultare Dio piuttosto che autoflagellarsi come meriterebbe.
Grazie al cielo c'è Justine, e almeno le scene in cui compare lei, i dialoghi in cui parla lei, danno il colore che manca a tutto il resto. Comunque troppo poco per salvare il romanzo.
Infine, la passione e l'amore di cui dovrebbe essere intriso non mi sono arrivati e in generale mi ha emozionato ben poco. Insomma, io non lo consiglierei.

In ogni caso si trova qui: https://amzn.to/2SZ8FDX

LE SETTE SORELLE – Lucinda Riley

Le sette sorelle - Lucinda Riley
Titolo: Le sette sorelle
Autore: Lucinda Riley
Traduttore: L. Maldera
Copertina flessibile: 576 pagine
Editore: Giunti Editore (2015)
Prezzo: 9,90 €

Le sette sorelle di Lucinda Riley è un romanzo storico che mi è piaciuto, tanto che probabilmente leggerò il resto della saga; tuttavia non è certo un capolavoro, anzi ha parecchi difetti e ho diverse critiche da muovere.
La trama è coinvolgente e lo rende un romanzo perfetto da leggere per pura evasione. Tra i temi trattati:
  • Scoperta di sé, attraverso la propria storia. Si tratta infatti della storia di Maia, che intraprende un lungo viaggio alla scoperta delle proprie origini. Adottata da Pa' Salt come le sue cinque sorelle (dovrebbero essere sette in totale, ma la settima non c'è), scoprirà la storia della sua famiglia d'origine, e lati di sé stessa che non sapeva di avere.
  • Libertà e indipendenza, tra i tesori più preziosi che Maia troverà nel suo percorso.
  • Arte. La storia di Izabela, antenata di Maia, si svolge in parte nella Francia bohémienne degli anni venti, tra architetti e scultori (realmente esistiti) e altri artisti vari. La costruzione del Cristo Redentore ha una particolare importanza in questa storia.
  • Amore, piuttosto tragico: non corrisposto, oppure sacrificato in nome di altre cose, come la famiglia, le convenzioni o la reputazione.

I personaggi sono descritti in maniera discreta, sia fisicamente sia caratterialmente; il problema è che i caratteri vengono per l'appunto solo descritti a parole, non realmente mostrati. Se non, forse, attraverso i contenuti dei discorsi (ma, anche lì, è solo quello che dicono, non come lo dicono). Anche quei personaggi che dovrebbero essere più vivi – in particolare Bel, che viene descritta come un uragano di passione, un leone in gabbia – risultano in realtà fin troppo docili e scialbi, stereotipati e poco incisivi.
Quelli che un po' si fanno notare sono, come sempre, i personaggi più negativi: CeCe per la sua antipatia, Luiza per la sua cattiveria compiaciuta. Niente di che, comunque.

Lo stile è molto scorrevole e semplice, ma non particolarmente trascinante. Anzi, più che semplice direi sempliciotto, banale, per niente elegante; contiene errori e periodi formulati senza troppa cura.
Le descrizioni perlomeno sono buone, abbastanza precise; i dialoghi non hanno nulla di notevole, ma rendono la narrazione più immediata.
Il romanzo è pieno di stereotipi: gli italiani sono caldi e passionali, i francesi sono artisti eccentrici e superficiali, i portoghesi sono amichevoli e alla mano e così via. Insomma.
Riassumendo: da un punto di vista tecnico Le sette sorelle è pieno di difetti, ma per intrattenimento è una lettura molto piacevole.

Se vi interessa lo trovate qui: https://amzn.to/2yJkOqR

PERSUASIONE – Jane Austen

Persuasione - Jane Austen
Titolo: Persuasione
Autore: Jane Austen
Traduttore: A. L. Zazo
Copertina flessibile: 340 pagine
Editore: Mondadori (2002)
Prezzo: 9,50 €

Persuasione è uno dei migliori romanzi di Jane Austen e, non a caso, uno dei meno letti. Come sottolineato da gente ben più competente e autorevole di me – tra cui Virginia Woolf, nello scritto incluso in questa edizione –, è l'ultimo romanzo scritto dall'autrice e si differenzia dai precedenti per la sua maturità. È più romantico e molto introspettivo: qui non sono tanto i balli e le vicende dei personaggi a farla da padrone, quanto le emozioni e i pensieri di Anne Elliot, protagonista della storia.
Principali temi:
  • Persuasione (ma va'). Anne si è praticamente rovinata la vita sottomettendosi all'influenza degli altri e mettendo da parte i suoi sogni. Per fortuna recupera (con dieci anni di ritardo, ma sono dettagli).
  • Tempo. Altra grande differenza rispetto ai romanzi precedenti: in nessun altro viene data tanta importanza né al tempo che passa (qui assolutamente centrale) né al periodo storico, a cui Persuasione fa spesso riferimento.
  • Denaro, prestigio, reputazione, apparenze, pregiudizi e compagnia bella. Come al solito, Jane Austen ritrae perfettamente la società del suo tempo (che poi non è tanto diversa dalla nostra), in cui la ricchezza e i titoli sono di fondamentale importanza per distinguere le persone perbene da quelle, ecco... povere. O semplicemente meno ricche.
  • Amore, quello romantico e quello familiare. Con il primo, malgrado certe decisioni infelici, Anne avrà alla fine più fortuna, mentre il secondo è totalmente assente nella sua vita. Non ricordo altre eroine austeniane così maltrattate e poco considerate dalla propria famiglia.

I personaggi sono descritti molto bene, nell'aspetto e, soprattutto, negli atteggiamenti e nei modi di fare. Le loro personalità risultano ben chiare anche se non sono particolarmente approfondite (o profonde). Mary spicca tra tutti per il suo vittimismo, che la rende difficile da sopportare sebbene vi siano personaggi moralmente peggiori di lei, come William Elliot, subdolo e del tutto privo di empatia o di coscienza, e la signora Clay, un po' più innocua ma pur sempre una vipera. Tutti i personaggi sono nettamente divisi tra buoni e cattivi, anche se la maggior parte sono solo superficiali e noncuranti.
Anne si distingue dagli altri, per la sua superiorità intellettuale e morale, e in generale per la sua vita interiore, attorno a cui ruota tutto il romanzo. Tuttavia potrebbe risultare a tratti noiosa, forse per questo è meno amata delle altre protagoniste di Jane Austen. Sembra anche che l'autrice ci abbia messo molto di sé stessa, per la cronaca.

Lo stile di Jane Austen è apprezzabile soprattutto per la sua ironia. Mentre tutti parlano di grandi storie d'amore, per me il maggior pregio dell'autrice è proprio il suo farsi beffe dell'amore, in genere superficiale o fondato sulla convenienza, e delle "tecniche di corteggiamento" standard diffuse in società.
La scrittura è scorrevole ma anche elegante. La punteggiatura mi è sembrata un po' confusa, le frasi a volte troppo lunghe.
I dialoghi sono caratterizzanti, rendono i personaggi più vivi e comprensibili, ma spesso sono anche vuoti e noiosi, incentrati su banalità, proprio perché vuoti sono i personaggi. La narrazione si sofferma spesso su particolari frivoli e inutili, proprio perché, appunto, Jane Austen amava sottolineare ironicamente la superficialità delle interazioni sociali.
Quando Anne partecipa alla conversazione troviamo però anche dei contenuti validi, e in particolare mi riferisco al discorso, nella parte finale, sulla costanza dei sentimenti maschili e femminili. Anne è molto saggia.
Consiglierei la lettura del romanzo? Mettiamola così: io non sono un'amante di Jane Austen, ma di sicuro fareste molto meglio a leggere Persuasione che non Orgoglio e Pregiudizio, ecco.

Qui ci sono diverse edizioni: https://amzn.to/2KEzvhy

L'AVVERSARIO – Emmanuel Carrère

L'Avversario - Emmanuel Carrère
Titolo: L'Avversario
Autore: Emmanuel Carrère
Traduttore: E. Vicari Fabris
Copertina flessibile: 169 pagine
Editore: Adelphi (2012)
Prezzo: 16,15 €

L'Avversario di Emmanuel Carrère è un libro che mi è decisamente piaciuto. Non avevo nemmeno intenzione di leggerlo, ho letto la prima pagina per caso e mi sono subito sentita spinta a continuare.
Si tratta di uno studio del caso Jean-Claude Romand, criminale mitomane che ha assassinato genitori, moglie e figli per "proteggersi" dalle sue stesse menzogne. Allegria.
Il mio breve riassunto preannuncia già i temi:
  • Il crimine è il fulcro della vicenda, e non si tratta nemmeno solo degli omicidi, ma di tutto quello che viene prima. Gli omicidi attuati da Romand, infatti, sono in fondo "solo" un modo per ovviare a tutto il resto, a tutte le menzogne, gli imbrogli, i furti che ha perpetrato per diciotto anni ai danni di tutte le persone nella sua vita.
  • Aspettative sociali e inadeguatezza. A quanto pare, tutte le costruzioni di Romand nascono dal suo senso di inadeguatezza, dall'impossibilità di rispondere alle aspettative. Sembra perfino depresso, ma è poi la verità? Man mano che si procede nella lettura si comincia a pensare che tutto in lui sia falso; qualsiasi stato d'animo e sentimento smette di essere credibile.
  • Manipolazione, per l'appunto. Una volta condannato e in condizione di doversi "giustificare", Romand fa ampio uso della religione per perorare la sua causa e mostrare il suo pentimento. E c'è perfino chi gli crede. Ma, di nuovo, chi può dire davvero se sia autentico o meno?

Per quanto riguarda i personaggi, ho trovato le descrizioni fisiche insufficienti, eppure nonostante questo risultano ben chiari e visibili, si arriva a conoscerli e a simpatizzare con loro. Mi sono perfino sentita molto in sintonia con Romand, fino a un certo punto. Ma poi tutto degenera: dopo un po' risulta essere solo uno schifoso manipolatore e tale resta fino alla fine, quando vorrebbe far credere di star espiando le sue colpe. Forse manipola anche se stesso, non si capisce nemmeno se creda davvero in quello che dice oppure no.
Tutti sembrano caratterizzati soprattutto da quello che fanno. Non sorprende, quindi, che Romand si costruisca una vita immaginaria in cui ha almeno lo stesso successo di tutta la sua cerchia di conoscenze. A lungo andare, però, ho trovato tutti un po' stereotipati.

Lo stile è il miglior pregio del libro. La scrittura, come ho detto, mi ha catturata già alla prima pagina. È così coinvolgente e di facile lettura che ho deciso senza dubbio di leggere a breve qualcos'altro di Carrère.
Tuttavia non riesco a trovare particolari pregi tecnici. Il lessico, le descrizioni e i dialoghi non mi hanno colpito in alcun modo, non saprei spiegare perché mi abbia coinvolto così tanto, perché in realtà non c'è niente di notevole. Ho solo avuto per tutto il tempo questa sensazione di godermi la lettura e voler continuare a leggere.
In ogni caso L'Avversario è un libro che consiglio e che penso potrebbe soddisfare un po' tutti i gusti.

Eccovi il link d'acquisto: https://amzn.to/2VujpNH

IL BUIO OLTRE LA SIEPE – Harper Lee

Il buio oltre la siepe - Harper Lee
Titolo: Il buio oltre la siepe
Autore: Harper Lee
Traduttore: A. D'Agostino Schanzer
Copertina rigida: 290 pagine
Editore: Feltrinelli (2014)
Prezzo: 9,03 €

Il buio oltre la siepe di Harper Lee è un romanzo famosissimo, probabilmente il più citato in assoluto quando si parla di razzismo. È inutile che vi dica quanto è bello, denso di significato e commovente. Di sicuro è un libro che va letto, è un dovere morale.
I temi:
  • Razzismo, appunto, ma non solo quello; piuttosto qualsiasi forma di pregiudizio e discriminazione. Verso i neri ma anche verso i poveri, verso i malati, verso i meno colti, verso chiunque abbia una cultura o uno stile di vita diverso dal proprio, o il coraggio di compiere scelte un po' fuori dal comune.
  • Famiglia ed educazione. Non a caso li metto insieme, perché qui l'autrice rende molto chiaro il legame tra le due cose. A Maycomb è netta la differenza tra chi cresce o è cresciuto in ambienti "perbene" e chi invece non è (stato) altrettanto fortunato.
  • Giustizia, sia nel senso di legge vera e propria, sia nel senso di coscienza e valori personali. Temi, questi, che lasciano l'amaro in bocca, perché alla fine tutta questa giustizia non c'è, se non concentrata in pochi, piccoli nuclei.

I personaggi sono ben fatti e ognuno ha un suo significato e un suo peso. Le descrizioni fisiche, quando presenti, sono molto buone (molto efficace quella dei dettagli disgustosi della signora Dubose), ma di alcuni personaggi anche molto centrali non si sa fino alla fine come sono fatti esattamente, a partire da Scout, la bambina di otto anni che racconta in prima persona tutta la vicenda.
Quanto a caratterizzazione, invece, non ho proprio niente da ridire. Ogni personaggio è caratterizzato da specifiche qualità (o difetti): la saggezza e l'integrità di Atticus; la gentilezza e la positività di Miss Maudie, anche nei momenti peggiori; l'idiozia di Scout – scusate, ma non saprei proprio quale altro termine usare per descrivere questa bambina insopportabile e davvero cretina, malgrado sia circondata da persone con un bel po' di sale in zucca.
Mi è piaciuto moltissimo Jem, forse l'unico che davvero cresce e si evolve nel corso della storia. E ho trovato Tom – che compare in un'unica scena – quasi commovente col suo modo di fare così educato, rispettoso e sottomesso.

Per quanto riguarda lo stile, il linguaggio mi è sembrato un po' datato, la scelta di alcune parole ormai in disuso appesantisce il tutto, tanto più che a tratti si dilunga su dettagli a mio parere irrilevanti, allungando il brodo in modo noioso.
Tuttavia, nel complesso la scrittura è piacevole; le descrizioni sono belle, precise e vive, e i dialoghi sono molto buoni, spesso pacati e ragionati (non quando parla Scout, ovviamente), soprattutto quelli tra Atticus e i suoi figli. Lui spiega in modo molto semplice – alla portata di bambini, appunto – dei concetti importanti, e le sue "lezioni" sono forse ciò che più di tutto conferisce valore al libro.
Il buio oltre la siepe è un bellissimo romanzo e, come ho detto, dovrebbero leggerlo tutti. È importante.

Potete acquistarlo qui: https://amzn.to/39hXxst

IL GRANDE INVERNO – Kristin Hannah

Il grande inverno - Kristin Hannah
Titolo: Il grande inverno
Autore: Kristin Hannah
Traduttore: F. Garlaschelli
Copertina flessibile: 446 pagine
Editore: Mondadori (2019)
Prezzo: 11,87 €

Visti i commenti che leggo in giro, mi aspettavo molto da Kristin Hannah ma, ahimè, Il grande inverno mi è piaciuto davvero poco. La storia c'è e sarebbe anche interessante, ma la scrittura e i personaggi lasciano davvero a desiderare e rendono il tutto inverosimile.
I temi, appunto, potrebbero essere interessanti:
  • Disturbo post-traumatico da stress. Ernt ha combattuto nella guerra del Vietnam e ne è tornato completamente distrutto, ha incubi spaventosi e la sua personalità è compromessa per sempre. Il problema è che è diventato anche violento, e a pagarne le conseguenze sono Cora e Leni, sua moglie e sua figlia, vere protagoniste della storia. Tanto che dovrei separare un secondo tema, quello della
  • Violenza domestica, purtroppo a lungo giustificata da Cora in nome dell'amore che prova per suo marito.
  • Il grande inverno dell'Alaska, l'isolamento, i pericoli e le ripercussioni psicologiche di determinate scelte di vita.
  • Amore, che come è ovvio è un amore tossico e nocivo, completamente disfunzionale, fatto di violenza e possessività; ma c'è anche l'amore puro e disinteressato, l'amicizia, la solidarietà e tutte queste amenità.
  • Morte e lutto, che del resto si trovano un po' ovunque.

I personaggi di questo libro sono a dir poco imbarazzanti. Ma partiamo dagli aspetti positivi.
Le descrizioni sono buone, atteggiamenti e comportamenti sono molto chiari e definiti ed Ernt, nella sua follia, è un personaggio ben fatto, almeno all'inizio. Poi diventa un'accozzaglia di stereotipi.
Detto questo, tutti mancano di personalità, e non sono semplicemente vuoti o spenti; non sono proprio credibili, e non ce n'è uno capace di una reazione sensata e ragionevole. Tutti dicono e fanno solo la cosa sbagliata al momento sbagliato, con rare eccezioni che tuttavia durano appena un secondo, dopodiché pensi "ah no, mi ero illusa".
Large Marge è l'unico personaggio simpatico e con un minimo di carattere, che spicca tra tutti gli altri.

Riguardo allo stile, ho apprezzato molto le descrizioni ambientali, molto suggestive, e un paio di momenti commoventi (anche quelli brevissimi, giusto il tempo di illudersi prima di tornare sui propri passi). Per il resto, la scrittura è semplice e scorrevole, di certo non di difficile lettura, ma nonostante ciò non riesce a essere molto coinvolgente. Nel complesso mi ha annoiato.
I dialoghi in particolare li ho trovati patetici, perché come dicevo prima i personaggi dicono solo un'idiozia dietro l'altra, non rispondono mai adeguatamente a nulla. E tutti non fanno che ripetere "lo sai, vero?".
Tuttavia, leggo in giro commenti pieni di entusiasmo, di persone che hanno trovato il romanzo tanto coinvolgente da non poter smettere di leggerlo, e perfino "scritto bene", quindi ecco... io non trovo un solo motivo per consigliarlo, ma a quanto pare non faccio testo.

Eccolo qui, comunque: https://amzn.to/2UG6ojJ

IL VIOLINO NERO – Maxence Fermine

Il violino nero - Maxence Fermine
Titolo: Il violino nero
Autore: Maxence Fermine
Traduttore: S. C. Perroni
Copertina flessibile: 143 pagine
Editore: Bompiani (2003)
Prezzo: 11 €

Il violino nero è il libro più bello che io abbia letto di Maxence Fermine, anche se tutti continuano a lodare solo Neve, ed è anche uno dei miei preferiti in assoluto. È un libriccino piccolo, si legge in pochissimo tempo, ma è pura poesia e musica, con un che di vagamente inquietante che lo rende ancora più bello.
Il tema fondamentale è la musica. I protagonisti Johannes ed Erasmus sono rispettivamente un violinista geniale e un liutaio che è stato allievo di Francesco Stradivari. Tutti i loro discorsi vertono sulla musica, e c'è una voce angelica che entrambi – separatamente – hanno sentito in momenti significativi della propria vita.
E poi ci sono guerra, sogni e aspirazioni, l'importanza di vivere la vita prima di raccontarla tramite l'arte.

I personaggi sono... non so bene come dirlo. L'impressione che ho con i libri di Fermine è che non si tratti realmente di persone, ma di simboli, di allegorie. Non hanno un aspetto né una personalità ben definiti, anche se molti di loro (non solo in questo libro) vengono descritti come diafani, delicati, spesso con occhi e capelli scuri. Più che altro sono caratterizzati dalle loro passioni; è importante la forza con cui desiderano e sentono, non tanto il loro modo di essere o dei comportamenti specifici. Hanno anche tutti lo stesso modo di parlare, che è poi quello dell'autore che parla attraverso loro. Insomma, più che raccontare le vicende dei personaggi, sembra che Fermine li usi per veicolare dei messaggi.

Infine lo stile. Come ho detto il libro è poesia pura, e in generale Maxence Fermine ha appunto un modo di scrivere molto poetico, ma in modo semplicissimo e scorrevole, con frasi brevi e concise, fatte per raggiungere chiunque.
I dialoghi tra i personaggi sembrano in realtà riflessioni di una stessa persona, come se ognuno di loro incarnasse una parte dello stesso individuo, e le descrizioni sono quasi assenti in quanto non necessarie. È uno stile molto più evocativo che descrittivo.
È un genere che può piacere o non piacere, e io in generale non lo amo. Ma per qualche motivo questo libro in particolare mi è rimasto nel cuore, l'ho letto sette volte! Grazie al formato e alla copertina è anche esteticamente bello come oggetto (lo stesso vale per Neve). Di conseguenza non posso che consigliarlo.

LA TREDICESIMA STORIA – Diane Setterfield

La tredicesima storia - Diane Setterfield
Titolo: La tredicesima storia
Autore: Diane Setterfield
Traduttore: G. Granato
Copertina flessibile: 446 pagine
Editore: Mondadori (2018)
Prezzo: 11,87 €

La tredicesima storia di Diane Setterfield è un libro potenzialmente molto bello, ma che non mi ha convinta del tutto. È un romanzo gotico in cui passato e presente si intrecciano, un po' sullo stile di Kate Morton (qui le mie recensioni), ma mi è parso che mancasse qualcosa.
Ecco i temi:
  • Libri, letteratura e lettura. La parte iniziale del romanzo mi ha colpito per il suo bellissimo modo di parlare dei libri e della lettura come di cose preziose e significative, vissute in maniera personale, tutti concetti in cui qualsiasi lettore potrebbe rispecchiarsi. Le storie fittizie si contrappongono alla verità, ma forse, invece, ne sono solo delle metafore.
  • Malattia mentale, pregiudizi e discriminazione. Nella famiglia Angelfield, protagonista della storia, sembra che tutti abbiano qualche problema psichiatrico, e ovviamente ne pagano le conseguenze.
  • Psicologia (in particolare dei gemelli), educazione e socializzazione. Adeline ed Emmeline sono gemelle, e questo le condiziona prepotentemente, e anche Margaret aveva una gemella, che le manca ogni giorno anche se non l'ha mai conosciuta.
  • Famiglia, per l'appunto. La famiglia Angelfield non è l'unica presentata nel libro e tutte, più o meno, sono disfunzionali. Del resto tutti i romanzi – come il mondo – sono pieni di famiglie disfunzionali, altrimenti non ci sarebbero storie.
  • Morte ed elaborazione del lutto. Elaborazione disfunzionale come tutto il resto, ça va sans dire.

I personaggi non mi hanno entusiasmato. Da un punto di vista fisico le descrizioni sono ottime: sono molto chiari i gesti, gli atteggiamenti, i modi di fare, di camminare, di parlare, di ridere, il tono di voce di ogni personaggio, e questo è un grande merito. Per il resto sono tutti o solo buoni o solo cattivi e in più, come ho detto, mentalmente disturbati. Forse per questo non hanno bisogno di vere personalità. Hanno una loro aura esterna, ma non sono riuscita a vedere dentro di loro, a percepire le loro emozioni e i loro stati d'animo.
In particolare Margaret, colei che scopre e dipana tutta la storia, non mi è piaciuta. E non mi è piaciuto il processo d'indagine: ha illuminazioni improvvise e poco credibili, che svelano i misteri senza spiegarli davvero, e il lettore deve accontentarsi di prenderne atto solo perché a lei si è accesa la lampadina dal nulla, senza veri indizi.

Lo stile invece è notevole. La scrittura è molto scorrevole e coinvolgente ma anche ricca ed elegante. Le descrizioni sono bellissime, minuziose, piene di dettagli e vivide, sembra davvero di assistere alle scene. Particolarmente notevoli quelle del degrado di casa Angelfield.
Anche i dialoghi sono buoni, credibili e non scontati. Tuttavia, man mano che il racconto procede, l'ho trovato sempre più tendente al delirio (da parte di Margaret, non di Vida Winter). Inoltre, secondo me manca di pathos: le emozioni non mi sono arrivate, se non, alla fine, quelle di Aurelius, che però è un personaggio secondario. Ho trovato alcune cose del tutto superflue, in particolare l'ultimo capitolo, completamente insensato, e mi è rimasto un senso di vaghezza.
Come ho detto all'inizio, trovo che La tredicesima storia sia un romanzo con un bel potenziale, all'inizio molto promettente, ma poi qualcosa si perde. Quindi lo consiglierei solo per svago; se vi piace il genere, mi butterei decisamente su altri autori.

La tredicesima storia è qui: https://amzn.to/2J7MWFY

I TRE MOSCHETTIERI – Alexandre Dumas

I tre moschettieri - Alexandre Dumas
Titolo: I tre moschettieri
Autore: Alexandre Dumas
Traduttore: L. Premi
Copertina rigida: 951 pagine (due romanzi)
Editore: Newton Compton Editori (2016)
Prezzo: 9,40 €

Ho letto I tre moschettieri di Alexandre Dumas perché, per qualche motivo, mi era venuto il pallino, e al contempo temevo che non fosse troppo il mio genere e che quindi non mi sarebbe piaciuto. Invece l'ho adorato! Nonostante la mole, è uno dei libri più avvincenti e più scorrevoli che abbia mai letto, e per leggerlo ho impiegato lo stesso tempo che impiego per libri molto più brevi.
I temi potete immaginarli anche senza aver letto il libro:
  • Valore, onore e coraggio
  • Amore, anche se è quello classico e stupido fondato sull'aspetto delle persone
  • Amicizia e solidarietà ("Tutti per uno" eccetera)
  • Politica: realisti vs cardinalisti, legge vs religione
  • Morale: giustizia, coscienza, vendetta
  • Intrighi e segreti di corte che coinvolgono: matrimoni, adultèri, tradimenti di vario genere, ovviamente l'etichetta e le apparenze

I personaggi sono ottimi, come già quelli del Conte di Montecristo. Le descrizioni fisiche sono accuratissime e la caratterizzazione è perfetta: ogni personaggio ha i suoi atteggiamenti caratteristici sin dalla sua prima apparizione. Anzi, a rendere il tutto più interessante è proprio la diversità tra i personaggi, a volte una vera e propria contrapposizione (e complementarità) di caratteri, in particolare quelli di Porthos e Aramis. Il mio preferito però è Athos: riservato, taciturno, misantropo, infelice e tormentato, sul depresso andante. Se non fosse anche un alcolizzato, magari...
Ho trovato invece d'Artagnan alquanto antipatico. È la classica testa calda che sprizza furbizia, ottiene riconoscimenti senza fare praticamente nulla ed è anche un falso manipolatore, perfino nei confronti dei suoi amici, che invece mostrano lealtà reciproca e autentica.
Infine, Milady è un personaggio eccezionale, anche se naturalmente la si vorrebbe vedere bruciare tra le fiamme dell'inferno per quanto è vipera e subdola.

Dumas ha uno stile che cattura. Ha scritto dei romanzi immensi ma la lunghezza non pesa per niente, al contrario: a me è dispiaciuto finire I tre moschettieri e adesso mi sto costringendo a leggere qualcos'altro ma, a dire il vero, non vedo l'ora di leggere Vent'anni dopo. Per come scrive e per i suoi personaggi, Dumas finisce dritto tra i miei autori preferiti in assoluto, e in più mi sta facendo appassionare ai romanzi storici.
Tutte le descrizioni sono ottime e molto dettagliate, i dialoghi suonano spesso formali e affettati, con giri di parole anche per esprimere le emozioni più istintive. Sono comunque credibili, in quanto perfettamente adeguati al contesto, e sono frequenti e spesso lunghi: rendono il flusso più diretto e rapido, contribuendo così allo scorrere della trama, e palesano le emozioni e i caratteri dei personaggi.
Ho apprezzato l'edizione perché, nonostante il volume, è abbastanza leggera e facile da tenere in mano, ma ho anche trovato molti refusi.
I tre moschettieri è un libro che consiglierei a tutti, penso sarebbe in grado di coinvolgere davvero chiunque. È la lettura perfetta per questo periodo in cui siamo costretti a casa.

Eccolo anche in altre edizioni: https://amzn.to/39SgdQL