L'UMILIAZIONE DEI NORTHMORE – Henry James

L'umiliazione dei Northmore, Henry James
Titolo: L'umiliazione dei Northmore
Autore: Henry James
Traduttore: E. Giachino
Copertina flessibile: 44 pagine
Editore: Elliot (2017)
Prezzo online: 4,99 € (ebook)

L'umiliazione dei Northmore è un racconto di Henry James, autore celeberrimo che io non avevo ancora mai letto. Non mi ha dato grandi soddisfazioni, ma si tratta solo di un breve racconto, sono ancora curiosa di leggere qualcosa di più sostanzioso.
Il tema fondamentale dell'Umiliazione dei Northmore è la rivalità tra due uomini, appunto Lord Northmore e il signor Hope che, a differenza del primo, non è mai riuscito ad affermarsi nella vita e nella carriera, pur essendo più intelligente. Entrambi muoiono all'inizio del racconto; la rivalità e l'ingiustizia vengono raccontate dal punto di vista della vedova Hope, che le vive in maniera bruciante, a quanto pare molto più del marito.
La rivalità tra i due uomini si trasferisce quindi sulle mogli. Mrs Hope vorrebbe tanto umiliare Mrs Northmore, nonché il ricordo del suo insulso e celebre marito, e in realtà non ne avrà neanche bisogno, perché ci penseranno da soli.
Ho trovato il finale insoddisfacente, e in generale credo che la storia potesse essere sviluppata in maniera molto più approfondita. In altre parole, è uno di quei casi in cui un libro mi sembra troppo breve e vago. Incompleto.

L'unica vera protagonista del racconto è Mrs Hope. Il presente e il passato sono interamente raccontati dal suo punto di vista, e gli altri personaggi vivono nel libro solo in virtù dei sentimenti di lei nei loro confronti. Sono quindi delle figure quasi indistinte, mentre lei è caratterizzata molto bene, proprio tramite la forza delle sue emozioni: l'invidia, il senso di ingiustizia, il desiderio di vendetta, il risentimento nei confronti non solo dei Northmore, ma anche di tutti coloro che in qualche modo hanno favorito l'affermazione sociale di Lord Northmore e, anche dopo la sua morte, continuano a mostrare il loro rispetto per il defunto assecondando con entusiasmo la vedova. È facile sentirsi partecipi e solidali nei confronti della signora Hope.
Sono invece assenti le descrizioni fisiche.

Lo stile di Henry James è molto scorrevole, pulito e lineare, ma anche piuttosto vuoto. Non c'è nulla da segnalare, si fa leggere con piacere ma non c'è un solo periodo, una sola parola che io abbia trovato apprezzabili. E mi dispiace.
Voglio sottolineare ancora una volta, tuttavia, che il libro è davvero breve, e mi sembra un po' poco per poter valutare lo stile dell'autore.
Nel frattempo posso solo dirvi che questa è stata una lettura piacevole e che di sicuro leggerò altro di Henry James.

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STORIA DI UNA CAPINERA – Giovanni Verga

Storia di una capinera

Titolo: Storia di una capinera

Autore: Giovanni Verga
Copertina flessibile : 145 pagine
Editore : Mondadori (2004)
Prezzo: 8,55 €


Storia di una capinera di Giovanni Verga è uno dei pochissimi classici italiani che mi piacciano. È un romanzo molto delicato e struggente, in cui l'autore, da uomo, ha saputo rappresentare molto bene la sensibilità di una ragazza di vent'anni, Maria, costretta a prendere i voti perché "di troppo" nella nuova famiglia del padre vedovo.

Alcuni temi del romanzo:

  • Reclusione e libertà. Per l'appunto, Maria è costretta alla clausura, a cui sfugge per un breve periodo a causa del colera. E in questo periodo assaporerà la libertà, l'amore, il risveglio dei sensi, in un crescendo che si rivelerà però deleterio, dato che a quella libertà dovrà presto rinunciare ancora.

  • Famiglia. Maria descrive la sua famiglia da un punto di vista praticamente esterno perché, per quanto lei ne faccia ufficialmente parte, in realtà ne è tagliata fuori. La sua vera famiglia erano il padre e la madre prima che quest'ultima morisse; col nuovo matrimonio del padre, nonostante la matrigna e i fratelli acquisiti, Maria una famiglia non ce l'ha più.

  • Amore. Un amore descritto in tutte le sue fasi attraverso le sensazioni di Maria, prima ancora che lei stessa se ne renda conto. Questo, per quanto mi riguarda, è il maggior merito di questo romanzo, e quindi di Verga: la descrizione dettagliata delle manifestazioni fisiche e psicologiche dei sentimenti. Purtroppo si tratta di un amore proibito, infelice, e quindi di un dolore talmente insopportabile da sfociare nella follia.


L'unico personaggio degno di nota è la stessa Maria. Storia di una capinera è un romanzo epistolare e tutto quello che sappiamo lo leggiamo dalle lettere di Maria: il suo punto di vista, la sua percezione delle cose, sono tutto ciò che conta.

È un personaggio notevole: è viva, esplode di emozioni e sensazioni che, come ho detto, si trasmettono al lettore in tutta la loro potenza. Nella prima parte del romanzo è sempre felice, grata di tutto quello che ha, perfino quando viene trattata ingiustamente. Perdona tutti, ama la vita in modo genuino. E la sua metamorfosi nel corso della storia è graduale, molto verosimile e struggente.

Tutti gli altri invece sono figure vaghe e solo funzionali, di contorno. Quasi quasi le personalità degli animali sono più definite di quelle umane.


Lo stile è bello e di lettura molto facile (anche se il linguaggio è un po' antiquato, in particolare l'uso – reiterato all'infinito – di "allorché"), appunto perché si tratta delle lettere di una diciannovenne ingenua e sempliciotta. L'uso dei puntini di sospensione e dei punti esclamativi è eccessivo ma, per lo stesso motivo di cui sopra, non si può sindacare nemmeno su questo, perché ognuno sarà pur libero di scrivere le sue lettere col proprio stile personale.

Le descrizioni ambientali sono molto vivide, piene dell'entusiasmo con cui Maria percepisce ogni cosa; così come sono molto dettagliate quelle dei suoi sentimenti, della nascita e dello sviluppo di quello che prova per Nino.

Non ci sono dialoghi lunghi o rilevanti, più che altro lei si limita a riportare qualche frase di particolare interesse.

Storia di una capinera è un grande classico che merita decisamente di essere letto, e in più lo consiglierei come primo approccio con l'autore. Del resto è il suo primo romanzo.


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IL SEGRETO DEL MALE – Craig Russell

 

Il segreto del male - Craig Russell

Titolo: Il segreto del male

Autore: Craig Russell

Traduttore: A. Russo

Editore: Piemme (2020)

Copertina rigida: 480 pagine

Prezzo: 17,95 €


Il segreto del male di Craig Russell ha una trama che potrebbe essere molto interessante, ma nel complesso mi ha alquanto deluso.

Essendo un thriller dovrebbe tenere col fiato sospeso, cosa che nel mio caso non è riuscito a fare, nonostante non manchino parti che trasmettono inquietudine.

Tra i temi trattati troviamo

  • Malattia mentale, e in particolare il disturbo dissociativo dell'identità. Gli argomenti psichiatrici mi interessano sempre molto, ma qui il disturbo viene trattato in modo fantasioso, con attenzione al lato cattivo dei pazienti, secondo lo stereotipo per cui chi soffre di questo disturbo avrebbe personalità divise tra "buone" e "cattive". A tal proposito:

  • "Il male", anch'esso trattato in modo molto banale, come dire "il diavolo": un'entità ben definita e quasi mitologica che incombe su tutti noi. Per favore.

  • Nazismo. Ecco, questo sì che è un vero male, e l'autore avrebbe potuto approfittarne per approfondire il discorso, invece l'ha messo di sfondo e non se n'è occupato granché.


Per quanto riguarda i personaggi, ho trovato il protagonista Viktor ben poco credibile sin dalle prime pagine. Se uno psichiatra cercasse, come lui, di far ragionare i pazienti in maniera razionale, per me andrebbe radiato dall'albo. Se sei uno psichiatra, il minimo sindacale è che consideri la malattia mentale per quello che è, e che quindi tu sappia che non ha nulla di razionale.

Ad ogni modo, le descrizioni fisiche sono discrete e, più che le personalità, sono chiare le emozioni dei personaggi. Vojtech Skala, il più pericoloso dei pazienti, potrebbe essere un personaggio molto valido, anche con una storia interessante, invece si riduce a una macchietta che ripete sempre le stesse frasi e non incute alcun terrore.


La scrittura è molto scorrevole e non stanca, anche se il romanzo è piuttosto lungo. Le descrizioni sono belle ed efficaci e i dialoghi sono molto presenti, perché i personaggi raccontano in prima persona le proprie storie. Si tratta di colloqui terapeutici. In molti casi sono più che altro monologhi.

Nel complesso, purtroppo, il romanzo non riesce a essere inquietante come dovrebbe. Un'idea sprecata, che poteva essere sviluppata molto meglio. Tra l'altro ho trovato la risoluzione alquanto scontata e prevedibile.

Comunque. Come lettura d'evasione può andare bene.


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ARMADALE – Wilkie Collins

 

Titolo: Armadale

Autore: Wilkie Collins

Traduttore: D. Paladini

Copertina rigida: 668 pagine

Editore: Newton Compton (2016)

Prezzo: 4,65 €


Sono molto soddisfatta della mia decisione di leggere Wilkie Collins, e Armadale, il secondo tra i suoi romanzi che ho scelto di leggere, mi è piaciuto anche molto più del primo, Le foglie cadute (recensito qui). Qui l'intreccio, costruito soprattutto tramite i fraintendimenti tra i personaggi, è più complesso e ancora più avvincente.

Quali sono i temi trattati in questo romanzo?

  • Ereditarietà del male e delle colpe, che dai padri ricadono sui figli. È la maledizione che perseguita i due protagonisti e alimenta tutte le loro vicende. In modo molto più generico si parla di rapporti familiari e di "parenti serpenti".

  • Superstizione, destino, passato che si ripete. Tema strettamente collegato al primo: basterebbe non crederci e tutta la trama crollerebbe.

  • Scienza vs misticismo. È solo uno il passo in cui vengono messi a confronto in modo esplicito, ma tutto quello che succede dopo ha in qualche modo a che fare con questo. Come dicevo prima, tutto dipende dal significato, appunto mistico oppure scientifico, che si sceglie di attribuire alle cose.

Il tutto è infiocchettato da buoni sentimenti, lealtà, amicizia e amore. In realtà però anche qui c'è l'altra faccia della medaglia: l'amore non è affatto buono, perché sembra che tutti – anche i personaggi migliori, i cui sentimenti sono puri e onesti – si innamorino di Lydia Gwilt in modo ossessivo e annichilente, il che non è un bene per nessuno.


I personaggi di questo romanzo vengono presentati tramite ottime descrizioni fisiche, esaustive e vivide, e sono anche ben caratterizzati. Tanto che si vorrebbe prenderli a pugni perché, salvo poche eccezioni (Midwinter in particolare), sono davvero irritanti e/o viscidi.

Evidente è la personalità di Allan: svampito, impulsivo, a tratti sembra quasi affetto da ADHD. Resa ancora più lampante dalla contrapposizione con Midwinter, non a caso il mio personaggio preferito: introverso, misterioso e perfino tetro, una specie di reietto. A me piacciono sempre gli sfigati.

Lydia è ovviamente odiosa, falsa e manipolatrice come poche (mi viene in mente Milady dei Tre moschettieri, recensito qui), e si circonda di personaggi insopportabilmente viscidi come lei.

Come l'intreccio, anche i personaggi hanno qui un maggiore spessore e una maggiore complessità rispetto a quelli delle Foglie cadute, hanno dubbi e stati d'animo più sfaccettati e umani e sono tutti diversi tra loro.


Infine lo stile. Ancora un paragone con Le foglie cadute: in entrambi i romanzi la scrittura è molto coinvolgente e scorrevole, ma qui è più densa, il linguaggio è più ricco. Anche qui troviamo molti dialoghi e lettere, e quindi parte degli eventi è raccontata direttamente dai personaggi, con i loro personali modi di esprimersi e le loro emozioni che fanno da filtro. Tutto ciò contribuisce, tra l'altro, alla loro ottima caratterizzazione.

Le descrizioni sono bellissime, anche se c'è un punto in particolare che ho trovato leggermente noioso: un picnic raccontato un po' alla Jane Austen, ovvero un evento del tutto privo di interesse e pieno di particolari inutili. Però mette bene in luce la personalità di Pedgift junior, altro personaggio che ho molto apprezzato.

Tirando le somme, Armadale è un romanzo che mi è piaciuto davvero un sacco, e credo inoltre che possa andar bene un po' per tutti i gusti, quindi lo consiglio assolutamente.


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LA STANZA DI GIOVANNI – James Baldwin

La stanza di Giovanni - James Baldwin

 

Titolo: La stanza di Giovanni

Autore: James Baldwin

Traduttore: A. Clericuzio

Editore: Fandango Libri (2017)

Copertina flessibile: 221 pagine

Prezzo: 16,62 €


La stanza di Giovanni è il primo libro che ho letto di James Baldwin, e ho intenzione di leggerne altri. Se non altro per lo stile, che ho molto apprezzato.

Questo romanzo parla di un ragazzo che tenta di negare la propria omosessualità, tema ormai trito e ritrito ma sempre molto importante. C'è da dire che La stanza di Giovanni è stato pubblicato negli anni '50, perciò in realtà il tema non era ancora così all'ordine del giorno; e inoltre è stato scritto da un autore nero, che quindi sa bene cosa sia il pregiudizio.

Si fa presto a elencare i temi principali: sessualità, pregiudizi e lotta interiore; sessismo, misoginia, donne oggetto e violenza; morte (perlopiù procurata da altri, ovvero omicidio e pena di morte).


I personaggi sono chiarissimi, le descrizioni ottime e i caratteri scavati a fondo anche attraverso i dialoghi. Vengono mostrati (dal punto di vista del protagonista David) gesti, espressioni facciali, sguardi.

Sono tutti piuttosto squallidi, comunque. David in primis non mi è piaciuto per niente; capisco le sue difficoltà, ma non bastano a giustificare i suoi comportamenti. Giovanni è forse il personaggio migliore, quello più vivo, ma è anche patetico. Hella è imbarazzante e una pessima rappresentante del genere femminile, non tanto per le sue idee, ma per la facilità con cui le comunica al suo uomo palesemente sessista.


Lo stile mi ha coinvolto molto, la scrittura è semplice ma non povera, mi ha davvero assorbito. Ottimi soprattutto i dialoghi, da cui traspaiono alla perfezione le intenzioni dei personaggi, oltre che le loro idee e i loro sentimenti (quelli di Giovanni in particolare).

Come ho detto sono molto curiosa di leggere altro di James Baldwin. A dire la verità mi sono resa conto di non aver mai letto autori neri prima d'ora, il che è vergognoso, quindi d'ora in avanti cercherò di impegnarmi in questo senso.

Detto ciò, adieu.


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IL VISCONTE DI BRAGELONNE – Alexandre Dumas

Il visconte di Bragelonne - Alexandre Dumas

 

Titolo: Il visconte di Bragelonne

Autore: Alexandre Dumas

Traduttore: T. Monicelli

Editore: Newton Compton (2016)

Copertina rigida: 1283 pagine

Prezzo: 9,90 €


Il visconte di Bragelonne di Alexandre Dumas è il terzo libro del ciclo dei moschettieri ed è lunghissimo e bellissimo. Tutti e tre i libri sono stati per me una sorpresa: non avrei mai immaginato che potessero piacermi tanto, e questo è il più bello di tutti.

Come sempre, il maggior pregio dei romanzi di Dumas è la trama, estremamente coinvolgente e mai noiosa. Quindi io vi elencherò alcuni temi, ma in realtà contano poco perché l'importante è il racconto dei fatti. Comunque:

  • Storia, politica, potere. È un romanzo storico, non penso sia necessario dilungarsi su questo punto.

  • Dinamiche di corte, intrighi, etichetta, onore e conseguenti duelli e combattimenti per difenderlo.

  • Amore, spesso ostacolato da titoli e status sociale, ma anche influenzato da, o addirittura confuso con seduzione e potere. Per fortuna ci sono Raoul e Athos a sollevare la qualità del sentimento.

  • Onestà e inganno, fiducia, amicizia, che fin troppo spesso è però falsa e opportunista.

  • Morte.


I personaggi sono accuratamente descritti, e i modi di fare di ciascuno risultano chiari sin dalla prima apparizione. Anche le espressioni facciali sono ben visibili, le emozioni manifeste e, di conseguenza, i caratteri molto espliciti ed evidenti.

Le donne, come al solito, sono pessime e fanno davvero una magrissima figura, che siano ricche o povere, belle o brutte. Chi volesse insultare le donne in modo colto dovrebbe fare riferimento a Dumas.

Gli uomini non sono sempre molto migliori, ma ci sono alcuni gentiluomini esemplari, come Raoul e Athos, che sono davvero commoventi. Athos, serio, fermo e distinto, affidabile e onesto, rimane il mio preferito tra i quattro moschettieri. Ma qui mi ha commosso anche Porthos, che pure è relegato al ruolo di energumeno senza cervello per quasi tutta la durata della saga.

Luigi XIV mi ha fatto schifo. E, nonostante tutto, fino alla fine non sono riuscita ad affezionarmi a d'Artagnan. Pazienza.


Infine lo stile. Come ho sempre detto, Dumas scrive in modo molto appassionante e coinvolgente, tanto che anche un mattone di queste dimensioni riesce a rimanere interessante e a incuriosire fino alla fine. La scrittura è molto fluida e scorrevole nonostante le solite cerimonie e l'affettazione del linguaggio del tempo, e il testo è pieno di dialoghi che rendono il tutto più fluido e immediato, e che chiariscono ancora meglio i caratteri dei personaggi, perché da essi traspaiono tutte le loro emozioni e il loro fervore. Le descrizioni sono dettagliate e precise, alcune davvero bellissime, arricchite da similitudini poetiche e suggestive. Tutti gli ultimi capitoli sono molto commoventi, ma bellissimi e necessari per arrivare alla fine di questa storia.

Purtroppo questa edizione – l'unica disponibile in italiano – contiene molti errori e, soprattutto, la punteggiatura è usata proprio a caso.

Ad ogni modo vi consiglio assolutamente di leggere tutti e tre i libri e quest'ultimo in particolare. È una lettura che richiede molto tempo, ma ne vale la pena senza ombra di dubbio.


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IL GIARDINO DI CEMENTO – Ian McEwan

Il giardino di cemento - Ian McEwan

 

Titolo: Il giardino di cemento

Autore: Ian McEwan

Traduttore: S. Bertola

Editore: Einaudi (2015)

Copertina flessibile: 150 pagine

Prezzo: 10,92 €


Suppongo che Ian McEwan non faccia per me. Sorvolando sul Mio romanzo viola profumato (recensito qui), Il giardino di cemento è il suo terzo libro che non mi piace. Ho letto tante recensioni piene di entusiasmo, ma sinceramente non ho capito che cosa ci abbia trovato la gente di così interessante.

Le aree tematiche sono principalmente due:

  • Famiglia. Una famiglia disfunzionale, in cui i genitori non sono granché e a un certo punto muoiono (se volete aggiungiamo anche morte e lutto tra i temi, ma in realtà mi sono sembrati più un mezzo per parlare di altro). Ergo vediamo dei ragazzini adolescenti prematuramente alle prese con delle grosse responsabilità. Le gestiscono come possono, ovvero non le gestiscono.

  • Adolescenza, appunto. In particolare tutta la sfera della sessualità – sessualità che sfocia quasi nella perversione –, con annesse gelosia e competizione.

A dirvi la verità certe tematiche mi interessano molto, ed è proprio per questo che avevo deciso di leggere il libro, ma il modo in cui sono state trattate non mi ha convinta affatto. Va be'.


I personaggi sono descritti molto bene, forse anche troppo: certe cose avrei preferito non "vederle". Molto chiare anche le personalità, ben rese perfino le espressioni facciali.

Detto questo, comunque, Jack e Julie mi hanno alquanto disgustata, soprattutto lui. È il peggior esempio possibile di adolescente maschio: stupido, petulante, volutamente fastidioso, non si lava, puzza, vive in funzione dei suoi ormoni... insomma. Ma del resto mi sono sembrati quasi tutti piuttosto stupidi e senza senso. Resi ottimamente, per carità, ma non è il tipo di gente di cui mi piace leggere. Gli adolescenti preferisco immaginarli come Holden Caulfield o James Sveck. Intelligenti e tristi.


Per quanto riguarda lo stile, invece, devo riconoscere a McEwan i suoi meriti. Anche se a me non sono piaciuti, i suoi libri sono senza dubbio scritti molto bene. Bella scrittura, per niente povera e anzi molto coinvolgente, si lascia leggere con facilità ma in questo caso, sebbene il romanzo non sia molto lungo, a un certo punto mi ha stancata per tutti i motivi di cui sopra. E nemmeno una bella scrittura è riuscita a salvarlo.

Mi dispiace ma per me è bocciato.


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PADRI E FIGLI – Ivan S. Turgenev

Padri e figli - Ivan S. Turgenev
Titolo: Padri e figli
Autore: Ivan S. Turgenev
Traduttore: F. Romanini
Copertina flessibile: 224 pagine
Editore: Crescere (2017)
Prezzo: 4,65 €

Credo che Padri e figli sia il romanzo più conosciuto di Ivan Turgenev, ed è la prima sua opera che ho letto. Sono rimasta un po' delusa, l'ho trovato molto meno denso degli altri classici russi che ho letto, ma credo che la colpa sia anche dell'edizione orribile.
In ogni caso, vediamo quali sono i temi trattati dall'autore in questo romanzo.
  • Famiglia, ma soprattutto confronto tra generazioni. È a questo che fa riferimento il titolo. Non si tratta tanto dei rapporti tra genitori e figli, quanto di un confronto intellettuale tra "vecchi" e "giovani"; che poi siano parenti conta poco.
  • Nichilismo e scienza vs poesia, appendici del primo tema: l'amore per la scienza, la razionalità e l'intelletto caratterizzano i giovani (nonché "i veri uomini"), mentre la poesia è più tradizionale e inutile, tipica delle generazioni precedenti e ormai superata.
  • Amore (vs infatuazione), percepito e vissuto come debolezza perché compromette appunto il raziocinio e l'intelletto dei veri uomini di cui sopra.
  • Perdita, infelicità, morte. La scelta del personaggio da uccidere, secondo me, non è casuale: è come se Turgenev avesse tolto di mezzo quel personaggio che in fondo era morto sin dall'inizio, proprio in quanto così attaccato alla ragione e nemico dei sentimenti. Nonostante tutti lo amino, pare che senza di lui stiano molto meglio, e continuano a vivere perché non disprezzano tutto come lui.

Le descrizioni fisiche dei personaggi sono molto minuziose, ma in quanto a carattere l'unico che mi sia piaciuto è Pavel Petrovic. Non è fatto per risultare simpatico, anzi viene descritto come un personaggio spento, stanco e rassegnato, ma nella sua sobrietà e tristezza a me è piaciuto molto e trovo che si distingua dagli altri, che pure sono – se vogliamo – molto più vivi di lui.
Il grande protagonista resta comunque Bazarov, che io ho trovato insopportabile, con il suo nichilismo e i suoi atteggiamenti da uomo superiore che non deve chiedere mai e ha sempre ragione. Ostenta il suo essere intellettuale ma in fondo non capisce niente, si fa forte del suo disprezzo per (quasi) tutto e tutti e il suo cinismo è eccessivo. Ve lo dice una che con cinismo e nichilismo ha una certa confidenza.

Per quanto riguarda lo stile, le descrizioni sono notevoli, molto accurate, con belle similitudini e un'ottima scelta degli aggettivi, ma il romanzo è fatto soprattutto di dialoghi. Dialoghi molto caratterizzanti (soprattutto per i due personaggi di cui ho parlato), ben fatti, spesso filosofici, con una dialettica interessante: si discute di nichilismo, delle tradizioni russe, di scienza e di poesia, di virilità e debolezza, di amore, e Bazarov è sempre coinvolto: sono le sue idee che si scontrano con quelle altrui.
Tuttavia, l'edizione non è delle migliori: è piena di refusi, soprattutto errori di punteggiatura (okay, non tutti sono maniaci della punteggiatura, ma qui è usata davvero troppo male). In compenso quasi tutti i nomi russi hanno l'accento grafico, così è più facile leggerli, ma spesso sono anche scritti male (molto frequente il carattere "è" al posto di "č"). Ciliegina sulla torta: in quarta di copertina è riassunta tutta la trama. TUTTA, compreso il finale. Tanto vale leggere solo la copertina.
Insomma, sicuramente vale la pena di leggere Padri e figli ma, per il vostro bene, comprate un'altra edizione.

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DOMANI ANDRÀ MEGLIO – Betty Smith

 

Titolo: Domani andrà meglio

Autore: Betty Smith

Traduttore: A. Pietribiasi

Editore: Neri Pozza (2019)

Copertina flessibile: 313 pagine

Prezzo: 14,72 €


Dopo aver letto Un albero cresce a Brooklyn, che mi era piaciuto un sacco, ho voluto leggere anche Domani andrà meglio di Betty Smith, e probabilmente leggerò ancora altre sue opere.

Da un punto di vista emotivo, Domani andrà meglio non mi ha coinvolto tanto quanto il primo, però è stata una bella lettura ed è senza dubbio un ottimo romanzo.

I temi trattati in questo libro sono alquanto tristi:

  • Denaro. La povertà ma anche il lavoro e l'indipendenza – che non è, ovviamente, solo economica, ma passa anche da quello. La dipendenza di diversi personaggi è una dipendenza dalle madri di cui sono succubi, e a cui sentono sempre di dovere qualcosa.

  • Ruolo della donna. Se la donna non sforna figli non vale nulla, è meno donna delle altre, potrebbe anche sparire perché tanto non serve a niente. Concetto odioso ma ancora presente perfino adesso, nel 2021. Figuriamoci negli anni quaranta.

  • Incompetenza affettiva, tratto che appartiene a ogni singolo personaggio del romanzo. Non ce n'è uno capace di provare o manifestare amore in modo normale. E di conseguenza l'amore, il matrimonio, tutto è spento. Tutti si accontentano di una vita scialba e insoddisfacente, pensando che forse domani andrà meglio, ma non è mai così.


Le descrizioni fisiche dei personaggi sono carenti, ma le personalità sono invece ben chiare, definite ed evidenti, come i loro sentimenti, i difetti e le incapacità. Ho parlato di incompetenza affettiva e c'è anche una grande difficoltà nella comunicazione, spesso anche con sé stessi.

Le madri, come ho accennato, incombono sui figli come presenze arcigne, rovinano loro la vita, consapevolmente o meno. In particolare Flo, madre della protagonista Margy, è una donna veramente irritante e difficile da tollerare, eppure è uno dei personaggi più riusciti e di sicuro si distingue per carattere.


Lo stile di Betty Smith è veramente notevole. L'avevo già apprezzato in Un albero cresce a Brooklyn, e Domani andrà meglio ha confermato la mia idea.

La scrittura coinvolge sin dalla prima pagina, le descrizioni sono buone e, soprattutto, i dialoghi sono molto realistici: spesso sono privi di contenuti rilevanti e le risposte dei personaggi sono brevi e vuote, ma non l'ho percepito come un difetto, perché è così che parlano le persone vere. Non è che in genere i dialoghi tra gli esseri umani siano molto interessanti.

Domani andrà meglio è quindi un romanzo che ho letto con piacere e che consiglierei.


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RACCONTI DI PIETROBURGO – Nikolaj Gogol'

Titolo: Racconti di Pietroburgo
Autore: Nikolaj Gogol'
Traduttore: F. M. Mariano
Copertina flessibile: 224 pagine
Editore: Mondadori (1990)
Prezzo: 8 €

Avevo già letto i Racconti di Pietroburgo di Nikolaj Gogol' mille anni orsono, e me li ricordavo piuttosto leggeri e umoristici. Non so perché; stavolta mi hanno alquanto angosciato.
Diciamo che l'umorismo, o almeno un pizzico d'ironia, non manca, e si sfocia nel grottesco soprattutto con Il naso; comunque non sono certo raccontini scritti per divertire. Gogol' fa un ritratto della società pietroburghese non proprio positivo e tocca, tra gli altri, i seguenti temi:
  • Reputazione e tutto ciò che comporta. Come spesso nei classici russi e, in genere, in un certo tipo di società, la reputazione è tutto: ognuno è identificato da titoli, meriti, riconoscimenti, dal suo reddito e dal suo abbigliamento. E le donne dalla loro bellezza. Tuttavia l'apparenza inganna, e troviamo qui riferimenti a una sorta di legame tra ricchezza e corruzione da una parte e, dall'altra, povertà e disperazione, perdizione e angoscia (Il cappotto), ma anche serenità (Il ritratto). Per farla breve, i poveri non possono che essere vittime dei ricchi, o di chiunque stia più in alto nella gerarchia sociale. A proposito:
  • Politica, burocrazia e giustizia. Quest'ultima praticamente inesistente per i motivi di cui sopra.
  • Maschilismo e stereotipi (estesi anche al di là del genere). Anche questi sono temi ricorrenti nei classici russi, tanto che dovrei smetterla di menzionarli perché non sono neanche temi, sono semplicemente elementi costitutivi della società.
  • Arte e talento vs produrre per vendere (Il ritratto). Un tema attualissimo e a noi molto familiare, direi.
  • Pazzia.

Nei racconti non c'è mai molto spazio per l'indagine dei personaggi. Le descrizioni fisiche sono sufficienti, mentre la caratterizzazione è affidata, più che a gesti o comportamenti, alle storie dei personaggi, alle loro funzioni e ai loro mestieri, e soprattutto all'opinione che hanno di sé stessi.
Più che le loro personalità, ad essere rilevante è ciò che suscitano negli altri, il timore che incutono grazie alla loro importanza sociale, il rispetto che ottengono; ma sempre grazie alla loro posizione, non tanto a loro reali qualità. Un mondo molto triste, insomma, ma anche molto verosimile e vicino al nostro.

Lo stile è ineccepibile. Se c'è una cosa innegabile riguardo ad autori così importanti, è che senza dubbio sapevano scrivere. La scrittura è infatti bellissima, molto ricercata e raffinata, anche dove i contenuti non sono così elevati.
Ho trovato un po' noioso solo Il ritratto, che pure poteva essere molto interessante in quanto a trama, ma ho avuto la sensazione che si dilungasse troppo e inutilmente.
L'autore ironizza sull'assurdità dei temi scelti, come se non stesse parlando di sé stesso e, a volte, alla fine di un racconto, lo commenta quasi come se non riuscisse a spiegarsi quella scelta assurda.
Senza alcun dubbio ritengo questa lettura più che valida e, soprattutto se non conoscete Gogol', vi consiglio di leggere questa raccolta piuttosto che il suo celebre Le anime morte, per dire.

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