L'UMILIAZIONE DEI NORTHMORE – Henry James
STORIA DI UNA CAPINERA – Giovanni Verga

Titolo: Storia di
una capinera
Storia di una capinera di Giovanni Verga è uno dei pochissimi classici italiani che mi piacciano. È un romanzo molto delicato e struggente, in cui l'autore, da uomo, ha saputo rappresentare molto bene la sensibilità di una ragazza di vent'anni, Maria, costretta a prendere i voti perché "di troppo" nella nuova famiglia del padre vedovo.
Alcuni temi del romanzo:
Reclusione e libertà. Per l'appunto, Maria è costretta alla clausura, a cui sfugge per un breve periodo a causa del colera. E in questo periodo assaporerà la libertà, l'amore, il risveglio dei sensi, in un crescendo che si rivelerà però deleterio, dato che a quella libertà dovrà presto rinunciare ancora.
Famiglia. Maria descrive la sua famiglia da un punto di vista praticamente esterno perché, per quanto lei ne faccia ufficialmente parte, in realtà ne è tagliata fuori. La sua vera famiglia erano il padre e la madre prima che quest'ultima morisse; col nuovo matrimonio del padre, nonostante la matrigna e i fratelli acquisiti, Maria una famiglia non ce l'ha più.
Amore. Un amore descritto in tutte le sue fasi attraverso le sensazioni di Maria, prima ancora che lei stessa se ne renda conto. Questo, per quanto mi riguarda, è il maggior merito di questo romanzo, e quindi di Verga: la descrizione dettagliata delle manifestazioni fisiche e psicologiche dei sentimenti. Purtroppo si tratta di un amore proibito, infelice, e quindi di un dolore talmente insopportabile da sfociare nella follia.
L'unico personaggio degno di nota è la stessa Maria. Storia di una capinera è un romanzo epistolare e tutto quello che sappiamo lo leggiamo dalle lettere di Maria: il suo punto di vista, la sua percezione delle cose, sono tutto ciò che conta.
È un personaggio notevole: è viva, esplode di emozioni e sensazioni che, come ho detto, si trasmettono al lettore in tutta la loro potenza. Nella prima parte del romanzo è sempre felice, grata di tutto quello che ha, perfino quando viene trattata ingiustamente. Perdona tutti, ama la vita in modo genuino. E la sua metamorfosi nel corso della storia è graduale, molto verosimile e struggente.
Tutti gli altri invece sono figure vaghe e solo funzionali, di contorno. Quasi quasi le personalità degli animali sono più definite di quelle umane.
Lo stile è bello e di lettura molto facile (anche se il linguaggio è un po' antiquato, in particolare l'uso – reiterato all'infinito – di "allorché"), appunto perché si tratta delle lettere di una diciannovenne ingenua e sempliciotta. L'uso dei puntini di sospensione e dei punti esclamativi è eccessivo ma, per lo stesso motivo di cui sopra, non si può sindacare nemmeno su questo, perché ognuno sarà pur libero di scrivere le sue lettere col proprio stile personale.
Le descrizioni ambientali sono molto vivide, piene dell'entusiasmo con cui Maria percepisce ogni cosa; così come sono molto dettagliate quelle dei suoi sentimenti, della nascita e dello sviluppo di quello che prova per Nino.
Non ci sono dialoghi lunghi o rilevanti, più che altro lei si limita a riportare qualche frase di particolare interesse.
Storia di una capinera è un grande classico che merita decisamente di essere letto, e in più lo consiglierei come primo approccio con l'autore. Del resto è il suo primo romanzo.
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IL SEGRETO DEL MALE – Craig Russell
Titolo: Il segreto del male
Autore: Craig Russell
Traduttore: A. Russo
Editore: Piemme (2020)
Copertina rigida: 480 pagine
Prezzo: 17,95 €
Il segreto del male di Craig Russell ha una trama che potrebbe essere molto interessante, ma nel complesso mi ha alquanto deluso.
Essendo un thriller dovrebbe tenere col fiato sospeso, cosa che nel mio caso non è riuscito a fare, nonostante non manchino parti che trasmettono inquietudine.
Tra i temi trattati troviamo
Malattia mentale, e in particolare il disturbo dissociativo dell'identità. Gli argomenti psichiatrici mi interessano sempre molto, ma qui il disturbo viene trattato in modo fantasioso, con attenzione al lato cattivo dei pazienti, secondo lo stereotipo per cui chi soffre di questo disturbo avrebbe personalità divise tra "buone" e "cattive". A tal proposito:
"Il male", anch'esso trattato in modo molto banale, come dire "il diavolo": un'entità ben definita e quasi mitologica che incombe su tutti noi. Per favore.
Nazismo. Ecco, questo sì che è un vero male, e l'autore avrebbe potuto approfittarne per approfondire il discorso, invece l'ha messo di sfondo e non se n'è occupato granché.
Per quanto riguarda i personaggi, ho trovato il protagonista Viktor ben poco credibile sin dalle prime pagine. Se uno psichiatra cercasse, come lui, di far ragionare i pazienti in maniera razionale, per me andrebbe radiato dall'albo. Se sei uno psichiatra, il minimo sindacale è che consideri la malattia mentale per quello che è, e che quindi tu sappia che non ha nulla di razionale.
Ad ogni modo, le descrizioni fisiche sono discrete e, più che le personalità, sono chiare le emozioni dei personaggi. Vojtech Skala, il più pericoloso dei pazienti, potrebbe essere un personaggio molto valido, anche con una storia interessante, invece si riduce a una macchietta che ripete sempre le stesse frasi e non incute alcun terrore.
La scrittura è molto scorrevole e non stanca, anche se il romanzo è piuttosto lungo. Le descrizioni sono belle ed efficaci e i dialoghi sono molto presenti, perché i personaggi raccontano in prima persona le proprie storie. Si tratta di colloqui terapeutici. In molti casi sono più che altro monologhi.
Nel complesso, purtroppo, il romanzo non riesce a essere inquietante come dovrebbe. Un'idea sprecata, che poteva essere sviluppata molto meglio. Tra l'altro ho trovato la risoluzione alquanto scontata e prevedibile.
Comunque. Come lettura d'evasione può andare bene.
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ARMADALE – Wilkie Collins
Titolo: Armadale
Autore: Wilkie Collins
Traduttore: D. Paladini
Copertina rigida: 668 pagine
Editore: Newton Compton (2016)
Prezzo: 4,65 €
Sono molto soddisfatta della mia decisione di leggere Wilkie Collins, e Armadale, il secondo tra i suoi romanzi che ho scelto di leggere, mi è piaciuto anche molto più del primo, Le foglie cadute (recensito qui). Qui l'intreccio, costruito soprattutto tramite i fraintendimenti tra i personaggi, è più complesso e ancora più avvincente.
Quali sono i temi trattati in questo romanzo?
Ereditarietà del male e delle colpe, che dai padri ricadono sui figli. È la maledizione che perseguita i due protagonisti e alimenta tutte le loro vicende. In modo molto più generico si parla di rapporti familiari e di "parenti serpenti".
Superstizione, destino, passato che si ripete. Tema strettamente collegato al primo: basterebbe non crederci e tutta la trama crollerebbe.
Scienza vs misticismo. È solo uno il passo in cui vengono messi a confronto in modo esplicito, ma tutto quello che succede dopo ha in qualche modo a che fare con questo. Come dicevo prima, tutto dipende dal significato, appunto mistico oppure scientifico, che si sceglie di attribuire alle cose.
Il tutto è infiocchettato da buoni sentimenti, lealtà, amicizia e amore. In realtà però anche qui c'è l'altra faccia della medaglia: l'amore non è affatto buono, perché sembra che tutti – anche i personaggi migliori, i cui sentimenti sono puri e onesti – si innamorino di Lydia Gwilt in modo ossessivo e annichilente, il che non è un bene per nessuno.
I personaggi di questo romanzo vengono presentati tramite ottime descrizioni fisiche, esaustive e vivide, e sono anche ben caratterizzati. Tanto che si vorrebbe prenderli a pugni perché, salvo poche eccezioni (Midwinter in particolare), sono davvero irritanti e/o viscidi.
Evidente è la personalità di Allan: svampito, impulsivo, a tratti sembra quasi affetto da ADHD. Resa ancora più lampante dalla contrapposizione con Midwinter, non a caso il mio personaggio preferito: introverso, misterioso e perfino tetro, una specie di reietto. A me piacciono sempre gli sfigati.
Lydia è ovviamente odiosa, falsa e manipolatrice come poche (mi viene in mente Milady dei Tre moschettieri, recensito qui), e si circonda di personaggi insopportabilmente viscidi come lei.
Come l'intreccio, anche i personaggi hanno qui un maggiore spessore e una maggiore complessità rispetto a quelli delle Foglie cadute, hanno dubbi e stati d'animo più sfaccettati e umani e sono tutti diversi tra loro.
Infine lo stile. Ancora un paragone con Le foglie cadute: in entrambi i romanzi la scrittura è molto coinvolgente e scorrevole, ma qui è più densa, il linguaggio è più ricco. Anche qui troviamo molti dialoghi e lettere, e quindi parte degli eventi è raccontata direttamente dai personaggi, con i loro personali modi di esprimersi e le loro emozioni che fanno da filtro. Tutto ciò contribuisce, tra l'altro, alla loro ottima caratterizzazione.
Le descrizioni sono bellissime, anche se c'è un punto in particolare che ho trovato leggermente noioso: un picnic raccontato un po' alla Jane Austen, ovvero un evento del tutto privo di interesse e pieno di particolari inutili. Però mette bene in luce la personalità di Pedgift junior, altro personaggio che ho molto apprezzato.
Tirando le somme, Armadale è un romanzo che mi è piaciuto davvero un sacco, e credo inoltre che possa andar bene un po' per tutti i gusti, quindi lo consiglio assolutamente.
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LA STANZA DI GIOVANNI – James Baldwin
Titolo: La stanza di Giovanni
Autore: James Baldwin
Traduttore: A. Clericuzio
Editore: Fandango Libri (2017)
Copertina flessibile: 221 pagine
Prezzo: 16,62 €
La stanza di Giovanni è il primo libro che ho letto di James Baldwin, e ho intenzione di leggerne altri. Se non altro per lo stile, che ho molto apprezzato.
Questo romanzo parla di un ragazzo che tenta di negare la propria omosessualità, tema ormai trito e ritrito ma sempre molto importante. C'è da dire che La stanza di Giovanni è stato pubblicato negli anni '50, perciò in realtà il tema non era ancora così all'ordine del giorno; e inoltre è stato scritto da un autore nero, che quindi sa bene cosa sia il pregiudizio.
Si fa presto a elencare i temi principali: sessualità, pregiudizi e lotta interiore; sessismo, misoginia, donne oggetto e violenza; morte (perlopiù procurata da altri, ovvero omicidio e pena di morte).
I personaggi sono chiarissimi, le descrizioni ottime e i caratteri scavati a fondo anche attraverso i dialoghi. Vengono mostrati (dal punto di vista del protagonista David) gesti, espressioni facciali, sguardi.
Sono tutti piuttosto squallidi, comunque. David in primis non mi è piaciuto per niente; capisco le sue difficoltà, ma non bastano a giustificare i suoi comportamenti. Giovanni è forse il personaggio migliore, quello più vivo, ma è anche patetico. Hella è imbarazzante e una pessima rappresentante del genere femminile, non tanto per le sue idee, ma per la facilità con cui le comunica al suo uomo palesemente sessista.
Lo stile mi ha coinvolto molto, la scrittura è semplice ma non povera, mi ha davvero assorbito. Ottimi soprattutto i dialoghi, da cui traspaiono alla perfezione le intenzioni dei personaggi, oltre che le loro idee e i loro sentimenti (quelli di Giovanni in particolare).
Come ho detto sono molto curiosa di leggere altro di James Baldwin. A dire la verità mi sono resa conto di non aver mai letto autori neri prima d'ora, il che è vergognoso, quindi d'ora in avanti cercherò di impegnarmi in questo senso.
Detto ciò, adieu.
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IL VISCONTE DI BRAGELONNE – Alexandre Dumas
Titolo: Il visconte di Bragelonne
Autore: Alexandre Dumas
Traduttore: T. Monicelli
Editore: Newton Compton (2016)
Copertina rigida: 1283 pagine
Prezzo: 9,90 €
Il visconte di Bragelonne di Alexandre Dumas è il terzo libro del ciclo dei moschettieri ed è lunghissimo e bellissimo. Tutti e tre i libri sono stati per me una sorpresa: non avrei mai immaginato che potessero piacermi tanto, e questo è il più bello di tutti.
Come sempre, il maggior pregio dei romanzi di Dumas è la trama, estremamente coinvolgente e mai noiosa. Quindi io vi elencherò alcuni temi, ma in realtà contano poco perché l'importante è il racconto dei fatti. Comunque:
Storia, politica, potere. È un romanzo storico, non penso sia necessario dilungarsi su questo punto.
Dinamiche di corte, intrighi, etichetta, onore e conseguenti duelli e combattimenti per difenderlo.
Amore, spesso ostacolato da titoli e status sociale, ma anche influenzato da, o addirittura confuso con seduzione e potere. Per fortuna ci sono Raoul e Athos a sollevare la qualità del sentimento.
Onestà e inganno, fiducia, amicizia, che fin troppo spesso è però falsa e opportunista.
Morte.
I personaggi sono accuratamente descritti, e i modi di fare di ciascuno risultano chiari sin dalla prima apparizione. Anche le espressioni facciali sono ben visibili, le emozioni manifeste e, di conseguenza, i caratteri molto espliciti ed evidenti.
Le donne, come al solito, sono pessime e fanno davvero una magrissima figura, che siano ricche o povere, belle o brutte. Chi volesse insultare le donne in modo colto dovrebbe fare riferimento a Dumas.
Gli uomini non sono sempre molto migliori, ma ci sono alcuni gentiluomini esemplari, come Raoul e Athos, che sono davvero commoventi. Athos, serio, fermo e distinto, affidabile e onesto, rimane il mio preferito tra i quattro moschettieri. Ma qui mi ha commosso anche Porthos, che pure è relegato al ruolo di energumeno senza cervello per quasi tutta la durata della saga.
Luigi XIV mi ha fatto schifo. E, nonostante tutto, fino alla fine non sono riuscita ad affezionarmi a d'Artagnan. Pazienza.
Infine lo stile. Come ho sempre detto, Dumas scrive in modo molto appassionante e coinvolgente, tanto che anche un mattone di queste dimensioni riesce a rimanere interessante e a incuriosire fino alla fine. La scrittura è molto fluida e scorrevole nonostante le solite cerimonie e l'affettazione del linguaggio del tempo, e il testo è pieno di dialoghi che rendono il tutto più fluido e immediato, e che chiariscono ancora meglio i caratteri dei personaggi, perché da essi traspaiono tutte le loro emozioni e il loro fervore. Le descrizioni sono dettagliate e precise, alcune davvero bellissime, arricchite da similitudini poetiche e suggestive. Tutti gli ultimi capitoli sono molto commoventi, ma bellissimi e necessari per arrivare alla fine di questa storia.
Purtroppo questa edizione – l'unica disponibile in italiano – contiene molti errori e, soprattutto, la punteggiatura è usata proprio a caso.
Ad ogni modo vi consiglio assolutamente di leggere tutti e tre i libri e quest'ultimo in particolare. È una lettura che richiede molto tempo, ma ne vale la pena senza ombra di dubbio.
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IL GIARDINO DI CEMENTO – Ian McEwan
Titolo: Il giardino di cemento
Autore: Ian McEwan
Traduttore: S. Bertola
Editore: Einaudi (2015)
Copertina flessibile: 150 pagine
Prezzo: 10,92 €
Suppongo che Ian McEwan non faccia per me. Sorvolando sul Mio romanzo viola profumato (recensito qui), Il giardino di cemento è il suo terzo libro che non mi piace. Ho letto tante recensioni piene di entusiasmo, ma sinceramente non ho capito che cosa ci abbia trovato la gente di così interessante.
Le aree tematiche sono principalmente due:
Famiglia. Una famiglia disfunzionale, in cui i genitori non sono granché e a un certo punto muoiono (se volete aggiungiamo anche morte e lutto tra i temi, ma in realtà mi sono sembrati più un mezzo per parlare di altro). Ergo vediamo dei ragazzini adolescenti prematuramente alle prese con delle grosse responsabilità. Le gestiscono come possono, ovvero non le gestiscono.
Adolescenza, appunto. In particolare tutta la sfera della sessualità – sessualità che sfocia quasi nella perversione –, con annesse gelosia e competizione.
A dirvi la verità certe tematiche mi interessano molto, ed è proprio per questo che avevo deciso di leggere il libro, ma il modo in cui sono state trattate non mi ha convinta affatto. Va be'.
I personaggi sono descritti molto bene, forse anche troppo: certe cose avrei preferito non "vederle". Molto chiare anche le personalità, ben rese perfino le espressioni facciali.
Detto questo, comunque, Jack e Julie mi hanno alquanto disgustata, soprattutto lui. È il peggior esempio possibile di adolescente maschio: stupido, petulante, volutamente fastidioso, non si lava, puzza, vive in funzione dei suoi ormoni... insomma. Ma del resto mi sono sembrati quasi tutti piuttosto stupidi e senza senso. Resi ottimamente, per carità, ma non è il tipo di gente di cui mi piace leggere. Gli adolescenti preferisco immaginarli come Holden Caulfield o James Sveck. Intelligenti e tristi.
Per quanto riguarda lo stile, invece, devo riconoscere a McEwan i suoi meriti. Anche se a me non sono piaciuti, i suoi libri sono senza dubbio scritti molto bene. Bella scrittura, per niente povera e anzi molto coinvolgente, si lascia leggere con facilità ma in questo caso, sebbene il romanzo non sia molto lungo, a un certo punto mi ha stancata per tutti i motivi di cui sopra. E nemmeno una bella scrittura è riuscita a salvarlo.
Mi dispiace ma per me è bocciato.
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PADRI E FIGLI – Ivan S. Turgenev
- Famiglia, ma soprattutto confronto tra generazioni. È a questo che fa riferimento il titolo. Non si tratta tanto dei rapporti tra genitori e figli, quanto di un confronto intellettuale tra "vecchi" e "giovani"; che poi siano parenti conta poco.
- Nichilismo e scienza vs poesia, appendici del primo tema: l'amore per la scienza, la razionalità e l'intelletto caratterizzano i giovani (nonché "i veri uomini"), mentre la poesia è più tradizionale e inutile, tipica delle generazioni precedenti e ormai superata.
- Amore (vs infatuazione), percepito e vissuto come debolezza perché compromette appunto il raziocinio e l'intelletto dei veri uomini di cui sopra.
- Perdita, infelicità, morte. La scelta del personaggio da uccidere, secondo me, non è casuale: è come se Turgenev avesse tolto di mezzo quel personaggio che in fondo era morto sin dall'inizio, proprio in quanto così attaccato alla ragione e nemico dei sentimenti. Nonostante tutti lo amino, pare che senza di lui stiano molto meglio, e continuano a vivere perché non disprezzano tutto come lui.
DOMANI ANDRÀ MEGLIO – Betty Smith
Titolo: Domani andrà meglio
Autore: Betty Smith
Traduttore: A. Pietribiasi
Editore: Neri Pozza (2019)
Copertina flessibile: 313 pagine
Prezzo: 14,72 €
Dopo aver letto Un albero cresce a Brooklyn, che mi era piaciuto un sacco, ho voluto leggere anche Domani andrà meglio di Betty Smith, e probabilmente leggerò ancora altre sue opere.
Da un punto di vista emotivo, Domani andrà meglio non mi ha coinvolto tanto quanto il primo, però è stata una bella lettura ed è senza dubbio un ottimo romanzo.
I temi trattati in questo libro sono alquanto tristi:
Denaro. La povertà ma anche il lavoro e l'indipendenza – che non è, ovviamente, solo economica, ma passa anche da quello. La dipendenza di diversi personaggi è una dipendenza dalle madri di cui sono succubi, e a cui sentono sempre di dovere qualcosa.
Ruolo della donna. Se la donna non sforna figli non vale nulla, è meno donna delle altre, potrebbe anche sparire perché tanto non serve a niente. Concetto odioso ma ancora presente perfino adesso, nel 2021. Figuriamoci negli anni quaranta.
Incompetenza affettiva, tratto che appartiene a ogni singolo personaggio del romanzo. Non ce n'è uno capace di provare o manifestare amore in modo normale. E di conseguenza l'amore, il matrimonio, tutto è spento. Tutti si accontentano di una vita scialba e insoddisfacente, pensando che forse domani andrà meglio, ma non è mai così.
Le descrizioni fisiche dei personaggi sono carenti, ma le personalità sono invece ben chiare, definite ed evidenti, come i loro sentimenti, i difetti e le incapacità. Ho parlato di incompetenza affettiva e c'è anche una grande difficoltà nella comunicazione, spesso anche con sé stessi.
Le madri, come ho accennato, incombono sui figli come presenze arcigne, rovinano loro la vita, consapevolmente o meno. In particolare Flo, madre della protagonista Margy, è una donna veramente irritante e difficile da tollerare, eppure è uno dei personaggi più riusciti e di sicuro si distingue per carattere.
Lo stile di Betty Smith è veramente notevole. L'avevo già apprezzato in Un albero cresce a Brooklyn, e Domani andrà meglio ha confermato la mia idea.
La scrittura coinvolge sin dalla prima pagina, le descrizioni sono buone e, soprattutto, i dialoghi sono molto realistici: spesso sono privi di contenuti rilevanti e le risposte dei personaggi sono brevi e vuote, ma non l'ho percepito come un difetto, perché è così che parlano le persone vere. Non è che in genere i dialoghi tra gli esseri umani siano molto interessanti.
Domani andrà meglio è quindi un romanzo che ho letto con piacere e che consiglierei.
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RACCONTI DI PIETROBURGO – Nikolaj Gogol'
- Reputazione e tutto ciò che comporta. Come spesso nei classici russi e, in genere, in un certo tipo di società, la reputazione è tutto: ognuno è identificato da titoli, meriti, riconoscimenti, dal suo reddito e dal suo abbigliamento. E le donne dalla loro bellezza. Tuttavia l'apparenza inganna, e troviamo qui riferimenti a una sorta di legame tra ricchezza e corruzione da una parte e, dall'altra, povertà e disperazione, perdizione e angoscia (Il cappotto), ma anche serenità (Il ritratto). Per farla breve, i poveri non possono che essere vittime dei ricchi, o di chiunque stia più in alto nella gerarchia sociale. A proposito:
- Politica, burocrazia e giustizia. Quest'ultima praticamente inesistente per i motivi di cui sopra.
- Maschilismo e stereotipi (estesi anche al di là del genere). Anche questi sono temi ricorrenti nei classici russi, tanto che dovrei smetterla di menzionarli perché non sono neanche temi, sono semplicemente elementi costitutivi della società.
- Arte e talento vs produrre per vendere (Il ritratto). Un tema attualissimo e a noi molto familiare, direi.
- Pazzia.
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Voto: 2/5 Si tratta di una storia dentro un'altra storia, quindi le trame sono due. La storia contenitore è quella di un uomo anz...
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Titolo: Il mistero del Treno Azzurro Autore: Agatha Christie Traduttore: G. Settanni Copertina flessibile: 336 pagine Editore: Mo...
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Titolo: Neve Autore: Maxence Fermine Traduttore: S.C. Perroni Copertina flessibile: 111 pagine Editore: Bompiani (24 novembre 19...