LA CAMERA AZZURRA – Georges Simenon

 

Titolo: La camera azzurra

Autore: Georges Simenon

Traduttore: Marina Di Leo

Editore: Adelphi (2008)

Copertina flessibile: 153 pagine

Prezzo: 11,40 €


Tutti parlano benissimo di Georges Simenon, ma io non sono particolarmente colpita. Tanti anni orsono avevo letto Betty e non mi era piaciuto; con La camera azzurra è andata leggermente meglio, ma in ogni caso non mi ha lasciato nulla e penso lo dimenticherò presto.

Sarò breve, perché secondo me non c'è molto da dire.

Tra i temi, in particolare:

  • Matrimonio e contorni vari, cioè adulterio, (eventuale) amore, gelosia. Tutta la vicenda è incentrata sulla relazione extraconiugale tra i protagonisti Tony e Andrée.

  • Vendetta e follia, che metto insieme perché in questa storia sono strettamente collegate. I personaggi – in particolare Andrée, ma non solo – non hanno tutte le rotelle a posto, quindi anche le ragioni e i metodi delle loro vendette sono alquanto, come dire, eccessivi.

A parte questo, mi hanno infastidito gli stereotipi sugli italiani: per noi la famiglia è la cosa più importante, facciamo un sacco di bambini e così via. Okay.


I personaggi, da un punto di vista estetico, sono descritti ottimamente. E anche i caratteri sono chiari: come ho detto sono alquanto folli e, nella loro follia, sono molto credibili. Tony sembra poco definito, ma in maniera intenzionale: è proprio la sua personalità che è indefinita, e anzi è un merito dell'autore essere riuscito a renderla indefinita in maniera così chiara.


Lo stile non è male. La scrittura è scorrevole e coinvolgente e, insieme alla trama, fa quanto basta per rendere gradevole la lettura e tenere viva la curiosità del lettore.

Le descrizioni sono belle e molto sensoriali: non sono vivide solo le immagini, ma anche gli odori e i rumori, così il lettore è più coinvolto e si sente parte di quel contesto. Il che non è sempre piacevole, ma è comunque un bene e un merito che bisogna riconoscere a qualsiasi romanzo e/o autore riesca a farlo.

I dialoghi, infine, rendono ancora più chiare le personalità dei personaggi, in particolare la confusione e la vuotezza di Tony e la follia di Andrée, che risulta a tratti quasi inquietante.

In definitiva La camera azzurra è un buon romanzo, ma secondo me è sopravvalutato.


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PAURA – Stefan Zweig

Paura - Stefan Zweig
Titolo: Paura
Autore: Stefan Zweig
Traduttore: S. Montis
Copertina rigida: 151 pagine (3 romanzi)
Editore: Newton Compton Editori (2016)
Prezzo: 4,90 €

Paura è a mio parere uno dei romanzi più belli di Stefan Zweig, in particolare per il tipo di tensione che trasmette, quasi alla stregua di un thriller.
La paura è la grande protagonista di questa storia. Una paura angosciante, ossessiva e, al contempo, eccitante: una paura che dà una scossa alla vita monotona e noiosa di Irene Wagner e che, in qualche modo, le insegna ad apprezzare tutte le cose belle che ha.
Tra gli altri temi troviamo il matrimonio e l'adulterio – Irene è un'adultera che tenta di sfuggire alla routine del suo scialbo matrimonio –, il denaro e lo status sociale, sui quali si fondano le minacce della sua persecutrice.

Ancora una volta, i personaggi di Zweig (o meglio, il personaggio) sono coacervi di sentimenti ed emozioni incredibilmente sfaccettati e precisi in tutte le loro sfumature. In particolare qui troviamo appunto paura, ansia, tensione, angoscia, disperazione, ma anche il risveglio di un amore e un entusiasmo a lungo sopiti.
Anche le descrizioni fisiche sono precise e dettagliate (soprattutto quelle del marito Fritz, che Irene si ritrova spesso a osservare come per la prima volta), le espressioni facciali rese in maniera vivida.

Riguardo allo stile, forse qui Zweig addirittura si supera, grazie al ritmo estremamente incalzante, alla tensione di cui è intrisa la scrittura e che, di conseguenza, cresce anche nel lettore. Ci si ritrova catapultati in strada insieme a Irene, a guardarsi intorno con circospezione, ad affrettare il passo per sfuggire alla minaccia, e allo stesso tempo a desiderare di incapparci di nuovo.
I dialoghi sono pochi ma significativi, ogni scambio tra i personaggi è rilevante ai fini della trama. Ma per la maggior parte del tempo Irene è sola con sé stessa e il proprio tumulto interiore.
Lo ripeto per l'ennesima volta: nessuno scrive come Zweig.

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TONIO KRÖGER – Thomas Mann

Tonio Kroger - Thomas Mann
Titolo: Tonio Kröger
Autore: Thomas Mann
Copertina flessibile: 186 pagine
Editore: Einaudi (2016)
Prezzo: 9,50 €

A me Tonio Kröger di Thomas Mann non è piaciuto. Mi ha annoiato tantissimo e la lettura è stata faticosa nonostante la brevità del testo. Non sarei nemmeno in grado di riassumerlo, perché della trama non mi è rimasto nulla, a parte gli amori non corrisposti dei primi due capitoli. Scriverò due parole, ma non ho molto da dire.
Il tema principale è (suppongo) la solitudine. Tonio si affeziona a persone ben diverse da lui, che di conseguenza non lo accettano o almeno non pienamente, perché lui risulta strambo e non abbastanza conformista per i loro gusti. È un originale, per così dire, e di conseguenza se ne starà solo per tutta la vita.

I personaggi del racconto sono piuttosto antipatici: sono appunto dei pecoroni tutti uguali, che amano "divertirsi" e disprezzano Tonio perché ha una vita e delle preferenze più intellettuali delle loro, e viene perciò percepito come noioso e scialbo.
Le descrizioni fisiche in compenso sono molto dettagliate, e del resto la forma in generale è decisamente la parte più apprezzabile del racconto.

Lo stile infatti è meraviglioso. Il libro è scritto divinamente, le descrizioni sono accuratissime e molto minuziose, la scrittura è spettacolare.
Uno stile davvero molto ricco e bello, che pare sprecato per un contenuto così noioso e pretenzioso. Tantissimi anni fa ho letto Morte a Venezia, e credo proprio che Thomas Mann non faccia per me. Comunque ci riproverò ancora.
Tuttavia Tonio Kröger resta un libro che non consiglierei, mi dispiace.

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LA CASA DI CARTA – Carlos María Domínguez

La casa di carta - Carlos María Domínguez


Titolo: La casa di carta
Autore: Carlos María Domínguez
Traduttore: M. Nicola
Copertina flessibile : 85 pagine
Editore : Sellerio (2011)


La casa di carta di Carlos María Domínguez non ha niente a che vedere con la serie TV, ed è anche molto triste doverlo precisare.

È un romanzo brevissimo che tutti gli amanti dei libri dovrebbero leggere, perché è proprio questo il tema intorno a cui ruota tutto. La letteratura, l'amore totalizzante per i libri, una passione che sfocia nell'ossessione. Il modo in cui i libri possono cambiare la vita, determinandone gli eventi. Inclusa la morte.


I personaggi sono quasi inesistenti. Sono funzionali al racconto di una storia, quella di Carlos Brauer, che è quindi l'unico rilevante. Ma è assente, e la sua storia viene raccontata da altri.

C'è una sua descrizione fisica, mentre l'aspetto di tutti gli altri rimane quasi del tutto ignoto. Le descrizioni sono molto vaghe (nonché inutili), e in realtà anche i caratteri sono accennati solo vagamente. I personaggi sono perlopiù caratterizzati, appunto, dalla loro ossessione per la letteratura, i loro strani vizi di lettura e collezionismo.


Lo stile è scorrevole e semplice, ma non vuoto. Il romanzo si legge facilmente in un'ora e mezzo al massimo.

La scrittura è, appunto, semplice ma bella, e belle sono le descrizioni ambientali. I dialoghi – quasi dei monologhi – sono molto presenti perché, come ho detto, sono i personaggi stessi a raccontare i fatti, non tanto l'autore dal suo punto di vista esterno.

In generale lo stile è permeato da una certa malinconia, che a tratti sfiora l'inquietudine. Non c'è niente di inquietante nella vicenda, ma questa è, in un certo senso, la sensazione che ne ho avuto io.

Purtroppo credo che il libro sia ormai difficile da reperire ma, se vi capita per le mani, vi consiglio assolutamente di leggerlo. È una piccola perla.


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POIROT SUL NILO – Agatha Christie

Poirot sul Nilo - Agatha Christie
Titolo: Poirot sul Nilo
Autore: Agatha Christie
Traduttore: G. M. Griffini
Copertina flessibile: 274 pagine
Editore: Mondadori (2017)
Prezzo: 9,60 €

Poirot sul Nilo, a quanto ne so, è uno dei romanzi più famosi di Agatha Christie, o quantomeno uno dei più citati tra quelli con protagonista Poirot. In realtà, anche se mi è piaciuto, io non l'ho trovato migliore di altri, e mi è sembrato anche inutilmente lungo.
I temi sono quelli ricorrenti nell'autrice e nel genere, ovvero quelli che costituiscono poi i più frequenti moventi per uno o più omicidi:
  • Invidia, gelosia, vendetta. La principale vittima di questo caso, Linnet Ridgeway, è bellissima, giovane e ricca, sembra riuscire a ottenere tutto quello che vuole ed è quindi oggetto dell'ammirazione e dell'invidia (e quindi dell'odio) praticamente di tutti.
  • Denaro e avidità. Linnet è appunto ricchissima e, vista l'ambientazione (crociera sul Nilo), anche gli altri personaggi sono perlopiù ricchi. Ma ci sono anche i camerieri, gli infermieri e tutti coloro che sono a bordo per assistere qualcun altro, così come ci sono i ricchi che si fingono poveri e i poveri che si fingono ricchi.

I personaggi, come sempre, non hanno un grande spessore psicologico; in compenso hanno spesso emozioni molto pronunciate, anche perché se fossero impassibili e tranquilli ci sarebbero ben poche ragioni di sospettare di chicchessia.
Le descrizioni sono discrete, ma quelle di alcuni personaggi meno rilevanti mi sono sembrate insufficienti, e fino alla fine non avevo una chiara idea di come fossero fatti, non riuscivo a immaginarli.
Lo stesso Poirot mi sembra sempre meno brillante, anche a causa dell'assenza di Hastings. Spero che nei prossimi libri questo ritorni, perché negli ultimi mi è mancato molto.

Lo stile è il solito della Christie, sempre molto piacevole ma non particolarmente ricco.
Inoltre la prima metà del libro, che come ho detto è alquanto più lungo del consueto, mi è sembrata meno coinvolgente del solito, come un elenco di fatti sciorinato meccanicamente. Si tratta soprattutto della presentazione dei personaggi e delle premesse.
Nella seconda metà, relativa invece ai fatti più salienti – ovvero i delitti e le relative indagini –, si riprende e il lettore si trova sempre più coinvolto e curioso: esattamente quello che deve succedere con un giallo.
In definitiva, Poirot sul Nilo non mi è sembrato migliore di altri libri della serie, ma come gli altri è una lettura molto piacevole, che quindi consiglio a chiunque ami il genere.

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UNA BUONA SCUOLA – Richard Yates

Una buona scuola - Richard Yates
Titolo: Una buona scuola
Autore: Richard Yates
Traduttore: A. Lombardi Bom
Copertina flessibile: 235 pagine
Editore: Minimum Fax (2009)
Prezzo: 6,25 €

Una buona scuola è un romanzo di Richard Yates, un autore che, come ho già detto altrove, apprezzo molto. Come in tutti i suoi romanzi, anche qui troviamo molti riferimenti autobiografici; addirittura William Grove, uno dei protagonisti, è definito in copertina l'alter ego dell'autore.
Come si evince dal titolo, il romanzo è ambientato in una scuola, un collegio maschile per la precisione, ed è incentrato appunto sulla vita scolastica, sia dal punto di vista degli allievi, sia da quello degli insegnanti.
Poiché descrive la quotidianità all'interno dell'istituto, tocca molti temi, tra cui adolescenza, amicizia, amore, sesso, malattia, morte e poi la guerra, che perlopiù si intravede solo sullo sfondo, quasi può essere ignorata, ma a un certo punto molti dei ragazzi si arruolano e, anche se l'autore non si sofferma a parlarne più di tanto, all'improvviso la guerra assume la forma di un'entità fin troppo presente, determinante, impossibile da ignorare.

I personaggi del romanzo mi hanno lasciata un po' perplessa. Tanto per cominciare sono praticamente tutti maschi, visto l'ambiente, e le donne sono solo figure secondarie quasi del tutto irrilevanti, per quanto "graziose", che a quanto pare è il loro unico pregio.
Le descrizioni sono buone e, volendo, anche la caratterizzazione: Yates è molto bravo a definire ogni personaggio in modo efficace anche con poche parole, specie nel disagio, ma in realtà qui nessuno ha un carattere molto notevole, soprattutto tra gli alunni. Quelli che spiccano lo fanno grazie alle loro fragilità.
Se la cavano un po' meglio alcuni professori, sarà perché sono più maturi e di conseguenza più consapevoli del loro mondo interiore. In definitiva, comunque, nessuno mi ha convinto del tutto.

Lo stile di Yates a me piace molto, è diretto e asciutto, senza fronzoli, molto realista. Nel complesso il libro è ben scritto, come tutti gli altri suoi romanzi, e scorrevole quanto basta. Non è per niente una lettura faticosa o pesante. Le descrizioni sono buone ma non eccezionali, mentre ho trovato migliori i dialoghi, molto autentici, spesso nervosi.
Mi piacciono molto gli indizi che l'autore semina qua e là relativamente alla disperazione dei personaggi, perché non lo fa mai in maniera melodrammatica. Sono, appunto, solo piccole cose sparse, in modo che il lettore non sia costretto a coglierle e affrontarle.
Nel complesso non posso dire che questo libro mi abbia entusiasmato, tuttavia Yates è senz'altro un autore che merita. Inoltre questo libro si trova ormai a pochissimo, un motivo in più per leggerlo.

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LA LEGGENDA DEL SANTO BEVITORE – Joseph Roth



Titolo: La leggenda del santo bevitore
Autore: Joseph Roth
Traduttore: Nicoletta Giacon
Editore: Garzanti (2019)
Copertina flessibile: 63 pagine
Prezzo: 6,40 €

La leggenda del santo bevitore di Joseph Roth è un racconto molto breve, che in pochissime pagine ci fa apprezzare lo stile e forse l'essenza dell'autore (che io non conoscevo ancora).
La storia è quella di Andreas (e a quanto ho capito è anche autobiografica), un senzatetto alcolizzato a cui un uomo decide di regalare del denaro. Così, a caso. Andreas promette quindi (anche a sé stesso) di restituire la somma tramite un'offerta a Santa Teresa – a cui il benefattore è devoto – e, da allora, pare che tutte le fortune capitino a lui. In ogni caso lui non le sfrutta molto bene, e la sua offerta viene continuamente rimandata.
Con questo vi ho già elencato i temi più importanti: il denaro e il lavoro, la fede e la gratitudine, il rimorso e la dipendenza.
Io comunque credo che mi sia sfuggito qualcosa, un significato nascosto oltre la superficie, non so. Ho visto solo una serie di eventi ripetitivi e nient'altro.

I personaggi di questo racconto o romanzo breve sono ben dipinti anche se molti compaiono per pochi istanti. L'unico vero personaggio sempre presente è il protagonista Andreas, di cui mi ha colpito non tanto la caratterizzazione quanto l'indagine psicologica. Andreas cambia in base alla quantità di denaro che si trova in tasca, cosa che ho trovato molto verosimile e mi ha fatto riflettere sul peso che il denaro ha nella vita di tutti noi. Tanto più perché l'ho letto in contemporanea con Martin Eden (di cui ho parlato qui).
Tuttavia devo dire che Andreas l'ho detestato, a tratti: ha dei comportamenti che mi hanno irritato a morte, essendo uno sprecone inaffidabile. E tutto quello che gli capita è davvero poco credibile.

Lo stile di Joseph Roth mi è piaciuto molto. Il libro è scritto davvero bene e, come dicevo all'inizio, lo stile è risultato apprezzabile nonostante lo spazio molto limitato. Ho trovato ottime soprattutto le descrizioni fisiche di alcuni personaggi all'inizio. Immagino comunque di dover leggere qualcosa di più lungo per poterlo valutare come si deve.
In ogni caso è molto piacevole da leggere, elegante ma per niente pomposo, serio al punto giusto ma anche scorrevole.
Insomma si tratta di una lettura che ho apprezzato, anche se, ammetto, il finale mi ha deluso. Il libro si trova in diverse edizioni anche molto economiche, vista la brevità.

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SCHEGGE – Sebastian Fitzek

Schegge - Sebastian Fitzek
Titolo: Schegge
Autore: Sebastian Fitzek
Traduttore: C. Crivellaro
Copertina flessibile: 360 pagine
Editore: Elliot (2010)

Schegge è finora il peggior romanzo che ho letto di Sebastian Fitzek. Non solo non è per niente all'altezza degli altri, ma è addirittura povero e ridicolo, per niente credibile. La trama è semplicemente stupida.
Tra i temi:
  • Memoria. Il punto è la cancellazione dei ricordi, che di per sé potrebbe anche essere interessante, ma – mi spiace ripeterlo – il tutto è costruito in maniera davvero ridicola e non verosimile.
  • Identità, che ovviamente è correlata ai ricordi. In pratica: se i nostri ricordi fossero rimossi, saremmo ancora noi stessi?
  • Gaslighting, ovvero quella tecnica di manipolazione mentale che consiste nel far credere a qualcuno di essere impazzito. La cosa triste è che sembra l'autore voglia farlo anche col lettore, ma il tutto risulta incomprensibile solo perché è confuso, non certo ben orchestrato.
  • Amore, gelosia, vendetta.
  • "Giustizia", nel senso di "occhio per occhio". Tema toccato molto brevemente alla fine, non poi così rilevante. E, ancora una volta, vissuto in maniera poco credibile dai personaggi.

A proposito dei personaggi, sono stati una delusione anche quelli. Come dico sempre, in un thriller o un giallo non è necessaria una grande caratterizzazione dei personaggi, perché non è quello il punto; in questo caso però i personaggi neanche ci sono, non lasciano alcun segno, agiscono per modo di dire. Non sembrano persone vere ma dei fantocci. Anche le descrizioni fisiche sono piuttosto vaghe.
Benny, per esempio, dovrebbe essere un personaggio interessante, pieno di contraddizioni: è descritto come molto sensibile e quasi angelico, ma ha anche un lato oscuro. Il problema è che non arriva proprio come persona complessa, ma solo come un elenco incoerente di aggettivi. Come dire "sono angelico e sono anche stronzo, ma non farò niente di sensato per dimostrarlo, credetemi sulla parola".
Il peggio è che alcuni di loro dovrebbero, vorrebbero avere carattere, in particolare la moglie di Marc (non ricordo neanche il nome, pazienza), ma non ci riescono manco per sbaglio.

Lo stile di Fitzek mi è sempre piaciuto, non ha nulla di particolarmente notevole ma è coinvolgente. Tuttavia in questo romanzo perfino lo stile lascia a desiderare. Magari è un problema di traduzione, non saprei. Di sicuro è scorrevole, ma questo è l'unico pregio; per il resto è troppo semplice, quasi elementare (con molti errori, anche). Non mi ha coinvolto affatto. Anche dove dovrebbe esserci pathos... be', c'è, ma nel senso che è patetico, nel modo più negativo possibile.
Insomma, Schegge mi ha lasciato davvero insoddisfatta, non ho proprio nulla di buono da dire. Non lo consiglierei di certo, piuttosto leggete qualcos'altro dell'autore, per esempio La terapia o Il ladro di anime.
Au revoir.

ARMANCE – Stendhal

Armance - Stendhal

Titolo: Armance
Autore: Stendhal
Traduttore: F. Cordelli
Copertina flessibile: 206 pagine
Editore: Garzanti (2010)
Prezzo: 8,50 €

Armance di Stendhal dovrebbe in realtà intitolarsi Octave, perché è lui il protagonista. Tanti anni fa avevo letto Il rosso e il nero e non mi era piaciuto; dopo questa seconda possibilità credo di poter bannare Stendhal dalla lista delle mie letture future.
Ho trovato le vicende insensate e, soprattutto, non mi spiego come faccia l'autore a creare protagonisti così antipatici. Avrei voluto prendere a pugni in bocca sia Octave sia Julien Sorel, ai tempi.
Comunque. Temi:
  • Società e denaro. Li metto insieme perché sono strettamente collegati. Perché la società è divisa tra poveri e ricchi e perché le opinioni della società riguardo a un singolo cambiano in base alla ricchezza di quest'ultimo.
  • Depressione. Come al solito mi prendo la libertà di diagnosticare disturbi psichiatrici ai personaggi. Potrei tirare in ballo anche i disturbi evitante e schizoide di personalità, e anche qualche tratto paranoide.
  • Amore. Un amore che da una parte sembra l'unica ancora di salvezza, ma dall'altra fa anch'esso paura e induce alla fuga, non ha mai un compimento soprattutto perché i due innamorati non si parlano mai sul serio, parlano di tutto meno che di sé stessi. Molto irritante.

Come ho detto, i personaggi non mi sono piaciuti. A dire il vero sono tutti abbastanza scialbi, superficiali e pettegoli, non hanno una vera personalità, perfino Armance che pure dà il titolo al romanzo. In compenso le descrizioni fisiche sono ottime.
L'unico personaggio davvero rilevante e ben indagato è il protagonista Octave. Dall'inizio appare come un essere alquanto spento e noioso, misantropo e con fantasie suicide. Sinceramente, fin lì mi piaceva pure. Ma dopo diventa insopportabile a causa della sua vanità intellettuale, la sua presunzione e il modo in cui manipola gli altri. I suoi pensieri non hanno senso (se non, appunto, in un'ottica paranoidea) e intralciano la trama, tanto che alla fin fine non succede assolutamente nulla, proprio perché lui si tira indietro da qualsiasi cosa. Del resto, anche Armance non fa altro che impallidire e tacere.

Lo stile è molto bello. Ho capito che Stendhal non fa per me, ma ciò non toglie che la scrittura sia ovviamente bellissima, anche se un tantino pretenziosa e non molto coinvolgente, per quanto mi riguarda.
Le descrizioni ambientali, così come quelle fisiche dei personaggi, sono molto minuziose e ricche di particolari. I dialoghi sono anch'essi buoni e realistici, mettono in evidenza come i personaggi, in particolare i due protagonisti ma non solo loro, si credano intelligenti e profondi e superiori agli altri.
Mettendo da parte i miei gusti personali, non posso certo sconsigliare la lettura di Stendhal. Insomma, va letto anche solo per conoscenza.

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NON SI UCCIDONO COSÌ ANCHE I CAVALLI? – Horace McCoy

Non si uccidono così anche i cavalli? - Horace McCoy
Titolo: Non si uccidono così anche i cavalli?
Autore: Horace McCoy
Traduttore: L. Conti
Copertina flessibile: 129 pagine
Editore: Sur (2019)
Prezzo: 14,25 €

Non si uccidono così anche i cavalli? di Horace McCoy è un romanzo che io, lo dirò molto candidamente, non ho capito. Non ho proprio capito che significato e che senso abbia. Non va a parare da nessuna parte, e quando ho letto l'ultima pagina ho pensato: e allora? Non è lungo, né complicato, perciò non è che sia proprio una lettura faticosa, ma nonostante ciò ho avuto la sensazione di aver buttato tempo inutilmente. Tutto quello che succede non ha né capo né coda.
Se proprio vogliamo parlare di temi, secondo me non ce ne sono, ma giusto perché tutto fa brodo diciamo vita, morte e depressione, ecco. Trattati malissimo, in ogni caso.

E dei personaggi posso dire ancora meno. L'unica che si fa notare è Gloria, ma non certo per buoni motivi. A dire la verità a me è piaciuta, perché purtroppo mi rivedo molto in lei, ma non so quanti sarebbero in grado di apprezzare un personaggio così depresso e lagnoso. Infatti gli altri personaggi del libro non la sopportano.
Non che loro siano tanto meglio, comunque. Se anche avessero una personalità, non si vedrebbe. Molti compaiono solo in brevi momenti, altri sono più o meno sempre presenti, ma nessuna loro azione o parola sembra rilevante. Tutta la trama è stata costruita a caso come cornice di un unico fatto. Tra l'altro la descrizione della trama (che potete trovare ovunque) fa sembrare i personaggi interessanti, addirittura vengono definiti "indimenticabili". Ma non lo sono, credetemi. Io ho finito di leggere il libro dieci minuti fa e già li ho dimenticati.

Neanche sullo stile c'è granché da dire. Non è proprio degno di nota, è solo scialbo. Alcuni dialoghi sono quasi divertenti grazie all'acidità di Gloria, ma non è nulla rispetto a tutto il resto.
Mi dispiace distruggere un libro in questo modo ma, sul serio, non l'ho capito. Se c'è un messaggio non l'ho colto, se c'è una qualche intenzione nascosta da parte dell'autore io non l'ho percepita. Sarò cretina, ma davvero non ho capito niente.
E il prezzo è davvero esorbitante, vista la lunghezza e il valore del libro. Insomma, se non si fosse capito non lo consiglierei mai a nessuno. Ma vi lascio lo stesso il link d'acquisto, non si sa mai.