UN RAGAZZO SVEGLIO - Stephen King

Voto: 4/5

Due psicopatici – il tredicenne Todd Bowden e il vecchio Kurt Dussander, alias Arthur Denker – stringono una strana amicizia, se così possiamo chiamarla: si tratta in realtà di un rapporto basato su un interesse comune, peraltro inquietante, ma soprattutto su ricatti e giochi di potere, su azioni gradualmente sempre più terribili che, per fortuna, almeno si ritorcono contro i colpevoli. Anche in questo secondo racconto di Stagioni diverse, quindi, torna prepotentemente il tema della libertà. Anche se il punto è più che altro la sua assenza.
Il "grande interesse" osannato da un'insegnante di Todd è la molla che dà avvio alla vicenda, ma nel caso di Todd si tratta di un interesse inquietante e morboso per qualcosa che dovrebbe causare solo orrore. Con "grande interesse" io ho letto questa storia, ma ammetto che quello di un unico, grande interesse che ingloba la nostra vita e la nostra personalità in un certo senso mi pare un mito un po' riduttivo e troppo idealista.
Ci sono poi la violenza – a volte completamente gratuita, quasi fuori luogo –, la tortura, la fragilità della psiche umana. Psiche che vediamo infatti sgretolarsi nel corso dell'evoluzione (o involuzione, dal mio punto di vista) di entrambi i protagonisti.
Il racconto parte subito con una descrizione di Todd Bowden, quella di un comune tredicenne che, tuttavia, per qualche motivo mi è risultato subito antipatico, all'inizio senza un vero motivo. King è stato bravo a caratterizzarlo attraverso piccole cose che sin dall'inizio mi hanno fatto venire voglia di prenderlo a pugni sui denti.
A poco a poco – ma neanche tanto lentamente –, da antipatico Todd diventa proprio insopportabile, con quel suo interesse morboso, quel modo di fare viscido, borioso e insistente, che diventa quasi un disturbo ossessivo compulsivo, e quel sorriso inopportuno da pazzo. E tale rimane fino all'ultimo rigo del racconto. Letteralmente fino all'ultimo rigo.
Dussander, invece, nonostante si scoprano presto particolari disgustosi del suo passato, all'inizio sembra quasi normale, o almeno non mi ha destato la stessa antipatia del ragazzo. Sembra quasi una vittima, fino a un certo punto. Col progredire della storia, però, cominciano a venire (di nuovo) fuori i lati di lui che lo rendono l'essere disgustoso che è, e alla fine rimane il dubbio: quale dei due protagonisti è il peggiore? Io, se non fosse ancora abbastanza chiaro, li ho trovati entrambi disgustosi, orridi, insopportabili. Mi hanno ispirato solo odio e la stessa violenza che loro stessi usano, e nonostante ciò sono "bei" personaggi, proprio perché sono caratterizzati talmente bene da suscitare sensazioni così forti, seppur spiacevoli. Mi hanno fatto paura, come non è riuscito a fare Pennywise, per fare un esempio a caso. E la cosa peggiore è che mi hanno fatto paura nella loro umanità, come potrebbe farmi paura qualsiasi essere umano, per il semplice fatto che quello che c'è nelle persone è insondabile. Lo stesso King lo dice nel racconto: un essere umano non può mai sapere tutto quello che c'è nel cuore di un altro essere umano. Persone così sono in mezzo a noi e nemmeno lo sappiamo: è questo che fa paura.
Infine, un personaggio minore ma degno di nota, in quanto secondo me poco credibile, è quello di Ed French, responsabile dell'orientamento nella scuola di Todd. Il suo comportamento non mi è sembrato verosimile; non so come funzionino le cose altrove, ma in Italia troverei inopportuno un responsabile dell'orientamento che, a distanza di anni, si vada a immischiare nelle storie di un ex alunno.
A differenza che nel primo racconto, qui lo stile di King è il solito, anche con la solita abitudine delle parentesi fastidiose, soprattutto nella parte finale. A parte quello, è coinvolgente, scorrevole e chiaro, come sempre.
La lettura, in generale, mi ha alquanto disturbato. Di King ho già letto diversi romanzi e racconti, ma nessuno prima d'ora mi aveva fatto questo effetto. Trovo che a un certo punto si sia dilungato fin troppo, credo che il racconto potesse benissimo essere un po' più breve e trasmettere comunque perfettamente il messaggio. Il finale, invece, è improvvisamente sbrigativo, ma forse l'intenzione dell'autore era proprio quella di non renderlo troppo esplicito.
Una curiosità carina è che nella storia si accenna a Andy Dufresne, un piccolo particolare che lega tra di loro i primi due racconti dell'antologia. Immagino ce ne siano anche negli altri due, che non ho ancora letto. Lo scoprirò presto.

Come già detto, il racconto fa parte dell'antologia Stagioni diverse, e anche da questo è stato tratto un film, L'allievo.

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