MARTIN EDEN – Jack London

Martin Eden - Jack London
Titolo: Martin Eden
Autore: Jack London
Traduttore: S. Sacchini
Copertina flessibile: 526 pagine
Editore: Feltrinelli (2016)
Prezzo online: 9,35 €

Martin Eden è il primo romanzo che leggo di Jack London e devo dire che mi ha sorpreso. Non mi aspettavo che mi piacesse così tanto. Perfino il finale, che in genere mi delude sempre.
Alcuni temi toccati dal romanzo:
  • L'amore, il modo in cui cambia le persone e le spinge a migliorarsi. Tutto quello che Martin fa – e fa davvero tanto –, lo fa per amore di Ruth, e in nome dell'amore in generale.
  • Denaro e fama, divari sociali. Come Martin nota con amarezza, continuando a crucciarsene per pagine e pagine, tutte le persone intorno a lui cambiano atteggiamento a seconda che si trovino di fronte a un poveraccio o a un ricco uomo di spicco. Tutti i ragionamenti a riguardo mi hanno fatto venire l'angoscia.
  • Cultura, istruzione, sapere. All'inizio del romanzo Martin è povero e ignorante. Poi, a poco a poco, grazie al suo lavoro instancabile, la sua cultura diventa superiore a quella di chiunque altro, cosa non necessariamente positiva, ahimè.
  • Arte, scrittura, editoria. Anche ai tempi di Jack London era un mondo difficile, si direbbe.
  • Depressione. Non avrei voluto usare questa parola. Avrei preferito dire disillusione, rassegnazione, apatia o qualcosa del genere. Ma certi pensieri e comportamenti non posso proprio inserirli sotto altre definizioni. Amen.

I personaggi di Martin Eden sono ottimi, ma tutta l'attenzione è posta sul protagonista, che comincia a evolversi già dall'inizio della storia. La vita interiore di Martin è ben approfondita, e allo stesso modo anche le sue vicende esteriori. Ha una personalità molto sfaccettata, con un forte contrasto tra il suo aspetto estetico e la sua anima. Perfino eccessivo, forse poco credibile, ma nel complesso si tratta di un personaggio che mi è piaciuto tanto e per il quale ho sentito simpatia. E poi è solo, per tutto il tempo.
Gli altri personaggi sono perlopiù negativi, i loro caratteri (se di caratteri si può parlare) sono forgiati dall'etichetta e dalle convenzioni sociali. Insomma sono quasi tutti degli opportunisti, con poche eccezioni che, non a caso, appartengono ai ceti più bassi. Diciamo pure che quella di Jack London è una condanna bella e buona della borghesia.

Lo stile di London (o della traduttrice, se vogliamo) è perfetto, il linguaggio è chiaro e limpido, scorrevole, ricercato al punto giusto, e la scelta delle parole è impeccabile, in particolare quella degli aggettivi. Ci sono descrizioni meravigliose già nelle prime pagine.
Questa traduzione è per il 90% esemplare, ma devo specificare che ho trovato qualche nota stonata qua e là nell'uso dei congiuntivi e in alcune espressioni non adatte al contesto. Dico "nota stonata" proprio perché per il resto la traduzione sarebbe perfetta, e certi errori disturbano ancora di più per questo motivo.
In ogni caso Martin Eden è a mio parere un romanzo bellissimo, molto amaro, che merita senz'altro di essere letto.

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LA CANZONE DI ACHILLE – Madeline Miller

La canzone di Achille, Madeline Miller
Titolo: La canzone di Achille
Autore: Madeline Miller
Traduttore: M. Curtoni, M. Parolini
Copertina flessibile: 382 pagine
Editore: Marsilio (2019)
Prezzo online: 9,35 €

Allora. Secondo me Madeline Miller ha avuto un'idea geniale. La canzone di Achille è praticamente la trasposizione in romanzo dell'Iliade, raccontata dal punto di vista di Patroclo, personaggio minore che qui è invece protagonista. La trovo una cosa fantastica, perché quelli che hanno letto o leggeranno mai i poemi di Omero devono essere relativamente pochi. È un tipo di lettura a cui ci si accosta difficilmente, quando non è imposta dalla scuola.
Nonostante ciò, a me pare che questo romanzo sia stato sopravvalutato, anche se nel complesso mi è piaciuto. Soprattutto, trovo che migliori man mano che si va avanti: se all'inizio mi sembrava un po' scialbo, man mano mi ha coinvolto sempre di più e ho letto le ultime pagine con molto trasporto.
I temi restano quelli cari agli antichi greci. L'onore è sempre in cima alla lista delle priorità, no matter what. E ovviamente ci sono la guerra, la violenza e la vendetta, ma anche l'amicizia e l'amore: quello romantico e reale, non fatto di lussuria e desiderio ma anche solo di guardare l'altro, voler toccare la sua pelle e sentire il suo odore, stargli accanto in qualsiasi veste. Quello che dà luce a tutto il resto.
Infine l'educazione tipica del mondo greco antico e la condizione delle donne.

Per quanto riguarda i personaggi, non mi sono sembrati particolarmente ben fatti. Achille va incontro a una bella evoluzione, da ragazzino ingenuo e puro a eroe presuntuoso, orgoglioso e cocciuto, tratti che di sicuro arrivano al lettore ma, detto questo, le personalità non sono molto approfondite né sfaccettate.
Quello che invece ho apprezzato è l'interpretazione originale di alcuni personaggi, quale ad esempio Odisseo, il furbacchione ironico, oppure Agamennone e Diomede, che sembrano due bulli troppo cresciuti con manie di grandezza e di potere.

Lo stile ha delle pretese di poeticità che non raggiunge neanche per sbaglio, comunque è scorrevole e piacevole da leggere. Le descrizioni sono impressionanti e vivide, piene di immagini rivoltanti di violenza e morte, ma è una questione di contenuto più che di forma. Inoltre ho riscontrato in un paio di punti un linguaggio ben poco appropriato al contesto (insomma, esclamazioni come "cazzo" o "fottuto Ettore" mi sono sembrate alquanto fuori luogo).
Vale però quello che ho detto all'inizio: anche da un punto di vista stilistico mi è parso che il romanzo andasse migliorando (forse perché, reduce da Guerra e Pace, qualsiasi altra cosa mi sarebbe sembrata scialba, ma dopo un po' mi sono abituata), e nella parte finale ho percepito tutto quello che c'era da percepire.
In definitiva, consiglierei questo romanzo? Direi proprio di sì. Vale la pena di leggerlo e, perché no, magari anche di andarsi a rileggere l'Iliade.

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GUERRA E PACE – Lev Tolstoj

Guerra e Pace, Lev Tolstoj
Titolo: Guerra e Pace
Autore: Lev Tolstoj
Traduttore: P. Zveteremich
Copertina rigida: 1463 pagine
Editore: Garzanti (2007)
Prezzo online: 12,75 €

Provare a recensire Guerra e Pace di Lev Tolstoj è molto presuntuoso, quasi un affronto. Vi prego perciò di tenere a mente che, qualunque cosa io scriva, sarà troppo riduttiva, e tutto quello che in realtà dovreste fare è leggere il libro.
Si tratta, come tutti sanno, di un gigantesco – proprio fisicamente – capolavoro. Il libro più lungo che io abbia letto in tutta la mia vita (e ben due volte!).
Il romanzo percorre molti anni di storia e di vita dei personaggi, perciò i temi sono innumerevoli. Come al solito ve ne elenco qualcuno tra i più importanti.
  • Guerra, ma non solo. Direi più in generale la Storia. La parte storica del romanzo è immensa, credo sia l'80% o giù di lì. Non solo battaglie ma anche strategie, personalità storicamente importanti e lunghe, luuunghe considerazioni filosofiche riguardo alla storia e alla storiografia. Se siete appassionati di storia, Guerra e Pace è il libro che fa per voi.
  • Amore. È presente in molte parti e in molte forme, raccontato con realismo e sobrietà. L'amore influisce sull'umore e perfino sulla personalità dei personaggi, cosa che ho trovato molto verosimile. In alcuni passi Tolstoj ha scritto delle parole bellissime sull'amore, che mi hanno fatto commuovere inaspettatamente.
  • Morte e perdita. Dove c'è guerra c'è necessariamente anche quella, niente di sorprendente. Ma ben pochi altri autori sono o saranno mai in grado di descrivere così bene il modo in cui il lutto viene vissuto dai personaggi.
  • Denaro. Ricchezza, povertà, debiti e compagnia bella, tutte cose che, volenti o nolenti, pesano sulle vite dei personaggi e le guidano.
  • Religione, fede, spiritualità. Non possono mancare in un romanzo dell'800, e qui sono incarnate soprattutto dalla principessa Mar'ja, ma non solo da lei. Sono elementi importanti nella vita di tutti, nel bene e nel male.

I personaggi sono spettacolari. Sono tantissimi, ma tutti caratterizzati alla perfezione, vivi, sfaccettati e veri grazie alle loro contraddizioni, ai loro sentimenti contrastanti. Voglio esprimermi su alcuni tra quelli di maggiore spicco.
Nataša è senza dubbio il personaggio più vivo, tra poco salta fuori dalle pagine. Il suo carattere è reso in maniera eccellente, ogni sua azione, ma anche ogni suo sguardo, inizia e finisce senza un pizzico di opacità, è tutto chiaro e limpido in maniera impressionante. L'ho trovata alquanto antipatica, incostante ed è l'antifemminismo in persona, però è un personaggio straordinariamente costruito e quello che cresce di più nel corso della trama.
Il principe Andrej è uno dei miei preferiti perché è tormentato e in continua evoluzione, caratterizzato soprattutto dai suoi pensieri, dalle sue riflessioni, dal modo (a volte incostante ma sempre ragionato) in cui guarda alla vita e alla morte. Anche dal modo in cui ama.
Pierre si distingue dagli altri per la sua spontaneità. È impacciato sia nelle azioni, sia nei pensieri e nelle convinzioni. Non ho ancora capito se è scemo o intelligente ma, comunque sia, ho visto benissimo anche lui.
Come ho visto bene anche Nikolaj, Sonja – tra le mie preferite, incarna il "mai 'na gioia", insignificante agli occhi altrui eppure, anche lei, decisamente viva grazie alla penna di Tolstoj –, Mar'ja, il vecchio principe Bolkonskij e letteralmente tutti gli altri, ma sarebbe troppo lungo analizzarli.

Lo stile di Tolstoj è incommentabile. È perfetto. Le descrizioni sono meravigliose, vivide e ricche di dettagli (impressionanti quelle relative alla guerra); la scelta delle parole, la costruzione delle frasi, sono sublimi e scorrevoli, chiare, anche quando parla di cose noiose. Molti concetti sono resi attraverso metafore e similitudini molto efficaci e poetiche, immagini che rendono l'idea meglio di una descrizione chiara e diretta. I momenti di pathos non sono mai eccessivi, anche quelli sono descritti con grande sobrietà, e forse per questo ancora più toccanti.
Non nego che Guerra e Pace sia un bel mattonazzo, che può risultare pesante soprattutto in certi punti (tutti i capitoli finali, per esempio, sono pagine e pagine di considerazioni sulla Storia), eppure è scritto così bene che in un modo o nell'altro si legge tutto con interesse.
Purtroppo questa edizione presenta molti refusi ed errori vari. Fino a un certo punto va benissimo; poi l'editor o il correttore di bozze dev'essersi stancato e deve aver pensato "ma sì, tanto in quanti lo leggeranno fin qui" e lasciato tutto com'era. A muzzo proprio.
Comunque io non posso che consigliare a tutti di leggerlo, anche se, vi avverto: bisogna cogliere il momento propizio. È impegnativo, e se prendete l'impegno vi risucchierà. Quindi assicuratevi di poterlo fare, di avere il tempo e l'energia mentale per farlo. Ma fatelo.

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SONNO – Haruki Murakami

Sonno, Haruki Murakami
Titolo: Sonno
Autore: Haruki Murakami, K. Menschik (illustrazioni)
Traduttore: A. Pastore
Copertina rigida: 77 pagine
Editore: Einaudi (2014)
Prezzo online: 12,75€

Continuo a ripetere che Murakami non mi piace eppure, molto stupidamente, continuo a dargli ancora possibilità, per poi pentirmene. Questa volta è toccato a Sonno, un romanzo molto breve (o piuttosto un racconto) e corredato da illustrazioni a volte incoerenti. Bah.
I temi del libro:
  • Sonno, come da titolo, e insonnia. La protagonista della storia non dorme, e questa è tutta la trama. 77 pagine quando ne sarebbe bastata una per scrivere "dato che non dormo impiego la notte facendo altre cose".
  • Routine. Da quando smette di dormire, questa tizia comincia a percepire la noia della sua vita, e solo la notte – che può dedicare completamente a se stessa e alla lettura – le sembra degna di essere vissuta. Cosa che posso anche capire, perché anche io vorrei solo leggere, ma magari non di persone che leggono perché non dormono, grazie.
  • Famiglia, forse. Non è che sia proprio un tema, ma diciamo che la protagonista parla anche del marito e del figlio, poi anche della suocera, ma sembra che lo faccia solo per rincarare la dose di noia e per riempire spazio, sempre perché dire solo "non dormo" non avrebbe fatto un racconto.

I personaggi non esistono. C'è questa protagonista che è caratterizzata dal solo non dormire e dalla superficialità con cui pensa a mantenersi in forma, non si capisce nemmeno a che scopo, dato che suo marito non le piace e non vuole incontrare altra gente. Gli altri sono tutti descritti da lei, con la stessa superficialità e pure con disprezzo. Ovviamente sono tutti dei cretini perché non sono come lei, che ha compreso il mistero della vita e sta su un livello superiore.
Ma che ne sanno loro, del resto fanno cose normali e dormono, mica leggono Anna Karenina tre volte di seguito in una settimana!

Lo stile è il solito di Murakami. Tranquillo, scialbo, spento, riferimenti sessuali inutili e fuori contesto. Cronaca di fatti senza nessun sentimento. La descrizione della visione notturna della tizia, tuttavia, è ben fatta e risulta perfino un po' inquietante, unica nota di merito.
Insomma, questa recensione me la potevo anche risparmiare, ma soprattutto d'ora in poi mi risparmierò di leggere altre sue opere. Se di solito vi piace, comunque, è probabile che apprezzerete anche questo.

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MUSICA – Yukio Mishima

Musica, Yukio Mishima
Titolo: Musica
Autore: Yukio Mishima
Traduttore: E. Ciccarella
Copertina flessibile: 208 pagine
Editore: Feltrinelli (2013)
Prezzo online: 7,65 €

Musica è il primo libro che ho letto di Yukio Mishima e, a essere sincera, sono rimasta delusa. In generale ho un rapporto difficile con gli autori giapponesi, a quanto pare.
I temi di questo romanzo sono interessanti, ed è il motivo per cui ho deciso di leggerlo (e quello per cui mi sento attratta anche da altri libri dell'autore).
I più importanti:
  • Sessualità, rapporto tra corpo e psiche. La musica del titolo è infatti una metafora dell'orgasmo, che la protagonista Reiko non riesce a "sentire". La trama del romanzo è costituita dall'indagine psicologica di questo suo problema.
  • Isteria. Presumibilmente, il disturbo di cui soffre Reiko e di cui vengono spiegati diversi sintomi.
  • Psicoterapia e sua presunta efficacia (per non dire miracolosità). Dal mio punto di vista è piuttosto irritante (in questo come in altri romanzi): la terapia non fa miracoli, soprattutto non in tempi così rapidi. Grazie al cielo lo psicanalista di turno, nonostante la sua presunzione, riconosce più volte i suoi fallimenti.

I personaggi di Musica, come quelli di tutti i romanzi giapponesi che ho letto (mi dispiace fare questo confronto, ma sorge spontaneo), sono descritti in maniera discreta ma non ben caratterizzati. Le loro personalità vengono raccontate, ma non si percepiscono, non si vedono nei loro gesti; le loro emozioni (che pure sarebbero in questo caso molte e forti) non si sentono.
Il dottore ha gli stessi tratti caratteriali che, purtroppo, ho riscontrato in altri terapeuti, sia nella letteratura che nella realtà: presunzione, vanità, narcisismo. Il suo atteggiamento è insopportabile, le sue azioni e i suoi pensieri sono tali che io lo farei radiare dall'albo. Anche quando ha delle illuminazioni interessanti sembra che gli piovano dal cielo, lui stesso ammette che sono casuali. Bah.

Riguardo allo stile, all'inizio mi è parso diverso da quello – per dire – di Murakami o della Yoshimoto: quella sorta di calma pseudo poetica era assente, ma nel complesso non mi ha convinto lo stesso. Non c'è niente di notevole, se non qualche eccesso nella connotazione di cose inutili. Le descrizioni sono discrete, ma questo non basta a fare uno stile degno di attenzione. Inoltre il libro, che pure è abbastanza breve, mi è sembrato tirato un po' troppo per le lunghe. L'idea di base poteva essere molto interessante, ma non mi ha soddisfatto il modo in cui è stata sviluppata, soprattutto nella seconda metà. In definitiva mi ha annoiato.
Non è un libro che mi sento di consigliare, a meno che non vi interessino in modo particolare gli argomenti che tratta.

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UN ALBERO CRESCE A BROOKLYN – Betty Smith

Un albero cresce a Brooklyn, Betty Smith
Titolo: Un albero cresce a Brooklyn
Autore: Betty Smith
Traduttore: A. Pietribiasi
Copertina rigida: 576 pagine
Editore: Neri Pozza (2016)
Prezzo online: 12,32 €

Anni fa avevo iniziato a leggere Un albero cresce a Brooklyn di Betty Smith e l'avevo abbandonato dopo poche pagine. L'ho letto adesso grazie al GdL In omnia paratus creato da @ifeelbook (a cui dovreste partecipare, a proposito), e l'ho adorato.
All'inizio mi sembrava vuoto, un elenco di fatti fine a se stesso, ma procedendo con la lettura mi sono ritrovata sempre più affezionata ai personaggi e interessata alle loro vicende, fino alla fine che mi ha molto commosso.
È difficile elencare i temi toccati dal romanzo, perché racconta molti aspetti della vita. Ve ne dico qualcuno tra i principali.
  • La crescita, come da titolo. Che non riguarda solo "l'albero", ma tutti i personaggi, in particolare la protagonista Francie. Assistiamo alla sua evoluzione e trasformazione da bimbetta di undici anni a fanciulla dalla sensibilità e maturità fuori dal comune, e a come la sua vita cambia con lei.
  • Denaro, povertà, lavoro e istruzione. I protagonisti sono poveri, le loro vite sono segnate dalle condizioni economiche, nel bene e nel male. Più di una volta si presenta la scelta tra lavorare per necessità da una parte e, dall'altra, studiare per ottenere quell'istruzione che potrebbe migliorare almeno il futuro.
  • Amore, in diverse forme. L'amore materno, di cui ho apprezzato molto la rappresentazione realistica: Katie ammette perfino di preferire un figlio all'altro (e lo dimostra). Ma anche quello fraterno e familiare in generale, e quello romantico.
  • Pregiudizi. La prima parte del libro è una sorta di denuncia che mette in luce le differenze sociali e le discriminazioni tipiche di un certo tipo di società e di tempo. (Siamo nel 1912.)
  • Morte e perdita, trattate in maniera esemplare, dolorosa, davvero realistica.

I personaggi del libro sono molto verosimili e ho provato per loro sentimenti contrastanti. Spesso mi hanno fatto arrabbiare, soprattutto Johnny e Katie, che ho trovato insopportabile come madre e avrei voluto prendere a sprangate. Ma il romanzo è lungo e, volenti o nolenti, si impara pian piano a conoscere bene tutti, a scoprire le loro debolezze e i loro sentimenti, e si finisce per amarli.
Francie è una protagonista meravigliosa. All'inizio sembrava anonima e perfino poco credibile, ma cresce molto nel corso della storia, e poi mi somiglia, perciò non ho potuto che immedesimarmi, partecipare alle sue gioie e ai suoi dolori, assistere alle sue scelte (non sempre approvandole) e volerla abbracciare. Le ho voluto molto bene.

Lo stile non è degno di nota, purtroppo. Il romanzo è scritto bene e facile da leggere, ma non c'è niente da segnalare. Le descrizioni sono insufficienti, fatta eccezione per alcune pagine riguardanti una morte con relativo funerale. Lì la narrazione diventa all'improvviso molto più ricca e pregnante.
Non mancano picchi di pathos struggente, che però non riescono a rendere le emozioni come dovrebbero. Mi sono arrivate eccome, non lo nego, ma è solo il significato a trasmetterle, non le parole.
Malgrado ciò, penso sia chiaro che il libro mi è piaciuto tanto e lo reputo un'ottima lettura.

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MOLTO FORTE, INCREDIBILMENTE VICINO – Jonathan Safran Foer

Molto forte, incredibilmente vicino, Jonathan Safran Foer
Titolo: Molto forte, incredibilmente vicino
Autore: Jonathan Safran Foer
Traduttore: M. Bocchiola
Copertina flessibile: 351 pagine
Editore: Guanda (2011)
Prezzo online: 11,05 €

Ho letto Molto forte, incredibilmente vicino di Jonathan Safran Foer tre volte, e l'ho amato ogni volta. È uno dei libri più belli che abbia letto in tutta la mia vita, e uno dei più emozionanti: ho riso e/o pianto praticamente a ogni pagina.
Il tema fondamentale è l'elaborazione del lutto, in cui confluiscono in realtà due temi: la morte e la guerra. Questo libro racconta delle vere tragedie in maniera profonda e commovente, ma le condisce anche di quotidianità e di freschezza grazie all'adorabile protagonista, Oskar.
Altro tema fondamentale è l'amore. Questo libro è pieno, pieno d'amore: quello di una madre per il figlio, di una nonna per il nipote, di un bambino che fa della felicità dei suoi cari la sua raison d'être. C'è anche l'amore romantico, che comunque è il meno importante qui.

I personaggi del romanzo sono meravigliosi, in particolare Oskar. Anzi, io trovo questo libro così doloroso non solo perché racconta avvenimenti oggettivamente tragici, ma soprattutto perché Oskar è un bambino, è tenero e soffre, e un bambino di quell'età non dovrebbe soffrire così. Per tutto il tempo della lettura avrei voluto abbracciarlo.
La sua personalità, peraltro molto particolare, è resa benissimo, così come anche i caratteri degli altri personaggi, che sembra di vedere e di sentire con chiarezza, e di conoscerli da sempre. Ognuno ha il suo modo di parlare, le sue reazioni, il suo modo di esprimere sentimenti e così via, anche quelli che compaiono solo in una pagina.
Insomma: grazie, Jonathan.

Anche lo stile è notevole e, soprattutto, vario. La storia è narrata in prima persona da Oskar, quindi lo stile si addice a un bambino di otto anni (per quanto singolare), che tuttavia è anche in grado di descrivere le cose in maniera molto efficace. I suoi racconti si alternano poi a lettere scritte dai suoi nonni, che hanno ognuno il suo stile personale e ben riconoscibile.
Se proprio devo trovare un difetto, potrei dire che la resa dei dialoghi non mi ha fatto impazzire, perché sono trascritti in maniera atipica. Troppe frasi che si susseguono (nel caso di Oskar) e carenza di punteggiatura (per gli altri due). E i salti temporali possono creare confusione. Nonostante ciò non ho trovato nessuna parte noiosa o poco coinvolgente.
Io non sarò mai in grado di esprimere il mio amore per questo romanzo, vorrei che i libri fossero tutti così belli, struggenti e divertenti allo stesso tempo. Se non l'avete ancora letto non so proprio cosa state aspettando.

YOU – Caroline Kepnes

You, Caroline Kepnes
Titolo: You (anche col titolo Tu)
Autore: Caroline Kepnes
Traduttore: P. Bertante
Copertina flessibile: 422 pagine
Editore: Mondadori (2019)
Prezzo online: 14,45 €

Ho voluto leggere You di Caroline Kepnes perché ho intenzione di vedere la serie al più presto. L'idea di raccontare lo stalking dal punto di vista dello stesso stalker è di certo buona e originale, ma proprio per questo mi aspettavo di più dal libro. Per essere un thriller mi ha messo ben poca tensione addosso.
Si fa presto a capire quali siano i temi del libro, ovviamente:
  • Stalking, per l'appunto. L'ossessione per una persona, il vivere e l'agire sempre e comunque in funzione di quella persona, in modo decisamente non sano.
  • Amore, se vogliamo. Di sicuro è una cosa abbastanza malata da dire, ma io a tratti l'ho trovato romantico. Mi rendo conto che essere spiati e perseguitati non dev'essere bello, ma se una persona pensasse sempre a voi, se per lui/lei non esistesse nessuno in grado di competere con voi, non sareste lusingati? (No, sono io la pazza, lo so.)
  • Fiducia e inganno, menzogna e manipolazione. Sembra che io stia continuando a parlare di stalking? Ebbene no, perché tutti i personaggi – non solo il protagonista – sono delle persone pessime.
  • Autostima, ricerca di approvazione. La differenza tra essere e apparire. Insomma, gli esseri umani.

I personaggi sono l'elemento più fastidioso. Il protagonista Joe è l'unico interessante, nonostante sia uno psicopatico. È caratterizzato in modo discreto, anche se a me è sembrato poco inquietante come stalker. È un libraio, sa un sacco di cose ed è la voce narrante del libro, che è quindi pieno di citazioni interessanti: letterarie, cinematografiche, musicali ecc. I suoi sentimenti sono molto intensi, come è ovvio – altrimenti non diventerebbero ossessivi. Insomma, con una persona simile, pazza o meno, io ci parlerei volentieri.
Non posso dire lo stesso degli altri. Prima fra tutti Beck, la "vittima". Lo scrivo tra virgolette perché è così insopportabile, manipolatrice, stronza e narcisista che la vera vittima è Joe. Non si capisce perché lui sia ossessionato proprio da una cretina simile.
Gli altri personaggi sono come lei. Una manica di esseri ignobili e/o irritanti. Che fastidio.

Lo stile di Caroline Kepnes non mi ha preso molto, il che è un grosso difetto per un libro del genere. Non solo perché è un thriller, ma proprio per i temi trattati. Nello stalking la paura e l'inquietudine sono determinanti, e io non ho sentito niente di tutto ciò. Nemmeno l'ossessione di Joe si percepisce: sembra che pensi a Beck solo perché non ha di meglio da fare.
Tutto è raccontato da lui, perciò anche le descrizioni sono fatte dal suo punto di vista, e risultano efficaci. Per il resto ci sono parti noiose, come per allungare il brodo raccontando cose irrilevanti. Inoltre ho trovato molti refusi e una fastidiosa ripetizione della parola "minchia". Pare tradotto da un siciliano non troppo istruito.
Ci sono degli aspetti interessanti nel libro, ma io posso consigliarvelo solo da leggere sotto l'ombrellone. Se cercate qualcosa di più serio, o un thriller decente che vi tenga davvero sulle spine, cercàtene un altro.

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IL SIGNOR CRAVATTA – Milena Michiko Flašar

Il signor Cravatta, Milena Michiko Flasar
Titolo: Il signor Cravatta
Autore: Milena Michiko Flašar
Traduttore: D. Idra
Copertina flessibile: 134 pagine
Editore: Einaudi (2014)
Prezzo online: 9,42 €

Ho riletto Il signor Cravatta di Milena Michiko Flašar (il sito è in tedesco, mi dispiace), uno dei miei libri preferiti e che ho già citato in altre occasioni. Che cosa vi posso dire? È un libro che amo profondamente, perciò sono di parte.
Vi dico subito quali sono i temi trattati.
  • La solitudine, sopra tutto il resto. I due protagonisti sono un ragazzo che sta pian piano uscendo dalla condizione di hikikomori e un salaryman che ha lasciato inaridire i rapporti con le persone a lui più vicine.
    (Se io non fossi l'autrice del blog ma una lettrice, arrivata a questo punto avrei già deciso di comprarlo. Ma magari la solitudine non è così allettante per tutti.)
  • Morte, perdita e dolore, che sono inevitabilmente connessi con la solitudine di cui sopra. Perché in genere ci si sente soli dopo aver perso qualcuno. Anche sé stessi, a volte.
  • Convenzioni e responsabilità sociali. Il romanzo è ambientato in Giappone, dove lavorare, essere efficienti, darsi da fare, rispondere alle aspettative sono veri e propri obblighi, che possono schiacciare sotto il proprio peso.
  • L'amore. Per fortuna c'è anche quello, sì. Ma di solito è tragico, io ve lo dico.

I personaggi del Signor Cravatta sono caratterizzati sì, ma più che altro attraverso i loro discorsi, o anche singole parole. Le descrizioni sono sufficienti ma non troppo accurate, e anche i gesti, sebbene vengano specificati, hanno un'importanza minore rispetto alle parole e ai pensieri. La mia non vuole essere una critica: è una caratteristica del romanzo. Viene data di proposito molta importanza allo scambio tra i personaggi, al loro aprirsi l'uno con l'altro, al loro raccontarsi. E in fondo è proprio questo che il romanzo vuole mostrare: l'uscita dal bozzolo, da una comfort zone che può dare un senso di sicurezza e protezione ma, allo stesso tempo, spegne la luce.

Lo stile dell'autrice è particolare ed elegante, ma qui dipende dal gusto personale. Io l'ho trovato molto poetico e diretto, le frasi sono spesso brevissime, spezzettate, ma le parole sono scelte con cura e risultano molto efficaci. È una cosa che – se fatta bene – io apprezzo, ma gli amanti dei periodi lunghi e ricchi di particolari potrebbero esserne infastiditi.
Inoltre i discorsi diretti sono riportati senza virgolette, cosa che in alcuni punti può confondere: a volte si susseguono frasi in cui i soggetti sono diversi e, dato che manca la punteggiatura, è necessario un attimo per rendersi conto del passaggio. Tuttavia ogni frase è densa di significato, e personalmente mi sono sentita molto coinvolta da un punto di vista emotivo.
Il signor Cravatta è un libro poco conosciuto, e in qualche modo capisco anche il perché, ma mi ha toccato come pochi altri, quindi ve lo consiglio senza dubbio.

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CINQUE LIBRI SOTTOVALUTATI

Dato che ultimamente ho letto pochissimo e non ho niente di particolare da recensire, oggi vi parlo di cinque libri secondo me davvero belli ma che nessuno conosce, o comunque apprezza come dovrebbe. Bando alle ciance, eccoveli qua:

Le ragazze di Lori Lansens (no, non quello di Emma Cline). Questo romanzo non l'ha letto nessuno. Io l'ho comprato tanti anni fa e l'ho letto due volte, è bellissimo e molto particolare. Racconta di due gemelle siamesi attaccate dalla testa, della loro convivenza forzata e di come gestiscono le loro due vite "separatamente", per quanto possibile. Non mancano colpi di scena che io non mi aspettavo affatto, e che sono secondo me l'ingrediente fondamentale del romanzo, quello che mi spinge a consigliarvelo.

Broken di Daniel Clay. Anche questo libro è praticamente sconosciuto, nonostante esista perfino un film tratto dal libro. Credo sia abbastanza sconosciuto anche quello, peraltro. Si tratta in sostanza delle vicende di un vicinato, ma anche qui la storia e i personaggi sono molto particolari. La prima volta che l'ho letto ho trovato la trama davvero geniale, e poi ho letto tutta l'ultima parte versando fiumi di lacrime. Insomma, io non capisco proprio perché sia così poco conosciuto.

Il signor cravatta di Milena Michiko Flašar (recensito qui). In realtà questo libro io non saprei se consigliarlo o no. Per me è una perla e l'ho trovato stupendo, però mi rendo conto che non è per tutti. Potrebbe sembrarvi lento, forse perfino noioso. Parla di solitudine e io l'ho trovato immensamente poetico. E poi la fine mi ha riempita di speranza e di ottimismo, e vi assicuro che io sono l'opposto dell'ottimismo (se non l'aveste ancora capito).

Bunker diary di Kevin Brooks (recensito qui). Questo libro è sottovalutato perfino dagli editori e dai critici, visto che lo definiscono un romanzo per ragazzini. Io davvero non me lo spiego. È geniale e crudo e agghiacciante, i personaggi sono caratterizzati in una maniera impressionante, perfino quando certi lati dei loro caratteri vengono esasperati dagli eventi risultano ancora credibili. E la fine mi ha fatto venire i brividi. Un ritratto spaventoso della natura umana.

Il violino nero di Maxence Fermine. L'opera più famosa dell'autore credo sia Neve, ma in realtà in molti non hanno mai sentito nemmeno quella. In ogni caso, io preferisco di gran lunga Il violino nero. È uno dei miei romanzi preferiti in assoluto, parla di musica e di follia, è poetico e vagamente inquietante e il tutto è condensato in un libriccino piccolissimo che si legge in una o due ore al massimo. Una meraviglia davvero. Perché diamine nessuno l'ha letto?

Riflettete sui vostri peccati. Au revoir.