PSYCHO – Robert Bloch

Titolo: Psycho
Autore: Robert Bloch
Traduttore: M. Rinaldi
Copertina flessibile: 187 pagine
Editore: Bompiani (29 ottobre 2015)
Prezzo: 9,0 €

Voto: ***

Guardando la serie Bates Motel, ho deciso anche di leggere Psycho di Robert Bloch. Il famosissimo film di Alfred Hitchcock l'avevo già visto milioni di anni fa.
La trama la conosciamo tutti: Mary fugge con un sacco di soldi e va a finire per sbaglio nel motel di Norman Bates. Questo è un quarantenne mai cresciuto davvero, che vive e gestisce il motel insieme alla madre malata, che tutti nei dintorni credono morta. Mary viene presa a coltellate sotto la doccia. Seguono indagini e colpo di scena finale.
Psycho è un ottimo thriller, in cui l'effetto sorpresa è, ahimè, compromesso dalla fama che lo precede, ma ciò non ne sminuisce la qualità. Il perno attorno al quale gira tutta la vicenda è l'omicidio, ma gli elementi più interessanti sono la personalità e i pensieri di Norman, il suo rapporto con la madre e con le altre persone. Robert Bloch è riuscito a rappresentare con chiarezza il suo disturbo, anche se a mio parere non gli ha dato il nome giusto. Alla fine, infatti, Norman viene definito uno psicopatico, ma per essere precisi bisognerebbe parlare di (SPOILER!) disturbo dissociativo dell'identità.
Purtroppo il mistero viene svelato in maniera poco chiara e questo è un peccato, perché invece avrebbe dovuto essere il momento clou della vicenda, come è infatti nel film di Hitchcock. Molto bello invece il finale.

I personaggi del romanzo vengono mostrati in maniera estremamente chiara. Non solo le descrizioni fisiche sono molto accurate (confesso che mi ha perfino infastidito che siano così diverse rispetto agli attori del film!), ma anche la caratterizzazione è ottima: le sequenze di pensieri e comportamenti, azioni e reazioni sono perfettamente chiare e logiche. Per ogni azione di ogni personaggio viene mostrato anche il ragionamento che l'ha determinata, e in questo modo Robert Bloch ci offre la psicologia dei personaggi su un piatto d'argento, ogni loro fantasia, progetto e atteggiamento. Ci permette di conoscerli come persone vere, anzi di più, ci fa guardare dentro di loro.
Questo è evidente soprattutto per quanto riguarda Lila, sorella di Mary, oltre che – ovviamente – per Norman, che è un protagonista perfetto per un thriller.

Lo stile mi ha lasciata un po' perplessa: la traduzione è piena di errori grammaticali anche grossolani, e la prosa è noiosa e soporifera, il linguaggio antiquato. I fatti salienti sono tutti concentrati all'inizio e alla fine del libro; l'indagine non ha quasi nulla di interessante. Non mi ha preso come avrebbe dovuto, trattandosi di un thriller. Le descrizioni degli ambienti invece sono ottime, come quelle dei personaggi.

Chi di voi ha già letto questo libro? Cosa ne pensate?
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IL RACCONTO DELL'ANCELLA – Margaret Atwood

Titolo: Il racconto dell'ancella
Autore: Margaret Atwood
Traduttore: C. Pennati
Copertina flessibile: 398 pagine
Editore: Ponte alle Grazie (1 giugno 2017)
Prezzo: 14,28 €

Voto: **½

Il racconto dell'ancella di Margaret Atwood è un romanzo diventato ormai famosissimo, come la serie tv tratta dal libro stesso. Si tratta di un romanzo distopico ambientato in un futuro non così lontano, in cui la società statunitense è ben diversa da quella attuale. Il romanzo, più che raccontare fatti, dipinge il ritratto di questa società in apparenza puritana ma in realtà molto corrotta, dove le poche donne rimaste fertili nonostante le radiazioni atomiche – le cosiddette ancelle – sono costrette a stare al servizio di chi non può avere figli e sfornarli per loro, e vengono chiamate col nome del "proprietario" (Difred, Diglen e così via). Quel che è peggio è che si tratta della fase di passaggio, in cui perciò le persone hanno conosciuto la vita normale e devono adeguarsi da un giorno all'altro alle nuove leggi.
Le dinamiche che si sviluppano all'interno di una società del genere possono apparire quasi ridicole ai nostri occhi, ma fanno anche paura perché non si discostano molto da usanze e abitudini storicamente documentate, e l'idea che certe circostanze possano verificarsi ancora fa venire i brividi.
I temi del romanzo sono molto delicati, perché si parla appunto di abusi, di annientamento, competizione e differenze di genere, ancor più inquietanti – non solo nel libro, ma nella realtà di tutti i giorni – quando ci si accorge che le donne sono più maschiliste degli uomini. Nel libro, questo concetto è incarnato nella figura delle cosiddette zie.

I personaggi del Racconto dell'ancella non sono caratterizzati più di tanto, e non perché l'autrice sia incapace di farlo ma perché si tratta di personaggi – almeno quelli femminili – che non possono avere carattere, hanno dovuto annullarlo.
Moira è per me il personaggio più interessante, e non a caso è quella che cerca di sfuggire a tutto questo. Delle altre viene mostrata quasi solo la disperazione, la rassegnazione. E il bigottismo delle zie.
Man mano che si procede, grazie al cielo, anche qualcun altro mostra un po' di carattere e determinazione inaspettati.

Nonostante il libro sia ben scritto, ho trovato anche lo stile piuttosto spento, come a voler sottolineare la mancanza di vita che racconta. A tratti è anche confuso, nei ricordi della protagonista. Le descrizioni sono buone e, soprattutto, arricchite da similitudini disgustose e, proprio per questo, particolarmente realistiche ed efficaci.
La parte finale è troppo vaga, molte domande restano senza risposte.
Il racconto dell'ancella è una lettura che non mi ha coinvolto più di tanto, ma che senza dubbio è interessante e fa riflettere, perciò mi sento comunque di consigliarla. Vi avviso anche che la trama è un po' diversa da quella della serie.

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NOI SIAMO TUTTO – Nicola Yoon

Titolo: Noi siamo tutto
Autore: Nicola Yoon
Traduttore: F. e S. Merani
Copertina rigida: 307 pagine
Editore: Sperling & Kupfer (16 maggio 2017)
Prezzo: 15,21 €

Voto: **½

Anche stavolta mi sono lasciata attrarre dalla fama di un libro. Noi siamo tutto di Nicola Yoon è un romanzo carino ma niente di più, e ha dei difetti abbastanza seri.
La trama è originale e sviluppata in modo molto dolce (a volte poco realistico): Madeline soffre di una patologia rara per cui rischia di ammalarsi ogni volta che entra in contatto con qualcosa di nuovo. Ciò significa che può vivere la sua vita solo restandosene chiusa in casa, non può avere amici né esperienze che vadano al di là di una partita a Scarabeo con sua madre. Trova comunque il modo di innamorarsi: il prescelto è Olly, il nuovo vicino che scoppia di vita e di salute. Per questo amore Madeline è disposta a sacrificare qualsiasi cosa (non che abbia molto da sacrificare, comunque).
Dunque si parla di vita e di morte, di malattia: una malattia che compromette non solo la vita della diretta interessata, ma anche quella delle persone intorno a lei. E poi amore in diverse forme, anche piuttosto inquietanti. Violenza, paura e coraggio, accettazione quasi zen e "carpe diem".

I personaggi non sono caratterizzati granché bene, ma è molto apprezzabile e perfino simbolica la contrapposizione tra Madeline e Olly, resa anche attraverso i colori: Madeline veste sempre e solo di bianco, tutto nella sua stanza è bianco, mentre Olly veste di nero dalla testa ai piedi e sprizza salute da tutti i pori, grazie al modo in cui usa il proprio corpo e la sua incapacità di stare fermo un attimo.
Il coraggio di Maddy è poco verosimile, per una che ha vissuto come lei per tutti quegli anni.
La madre di Madeline è anche caratterizzata discretamente, e poi un personaggio molto carino è Carla, l'infermiera che si prende cura di Maddy.

Anche stilisticamente il libro potrebbe essere carino: il linguaggio è semplice, rende il tutto molto scorrevole ed è arricchito da disegni e schemini realizzati da Maddy, che vanno quindi al di là delle parole e permettono un contatto più diretto col personaggio. Tuttavia a me non ha suscitato particolari emozioni (se escludiamo una scena), nonostante la delicatezza dei temi.
Quello che proprio non va, invece, è il pessimo senso dell'umorismo di Madeline e di Olly. Fanno battute che non sembrano tali e si spanciano dalle risate senza un motivo. È davvero triste per due adolescenti.
La risoluzione della vicenda è banale – l'avevo prevista quando era ancora molto lontana – e il finale troppo vago.
Insomma: libro carino per una lettura senza impegno. È adatto al target previsto, cioè gli adolescenti. Gli adulti possono anche farne a meno.

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UNA SOLITUDINE TROPPO RUMOROSA – Bohumil Hrabal

Titolo: Una solitudine troppo rumorosa
Autore: Bohumil Hrabal
Traduttore: Sergio Corduas
Copertina flessibile: 122 pagine
Editore: Einaudi (29 gennaio 2014)
Prezzo: 8,50 €

Voto: *½

Bohumil Hrabal ha chiamato il suo libro Una solitudine troppo rumorosa, titolo davvero bellissimo. Purtroppo non si può dire lo stesso del libro.
L'idea è abbastanza originale e perfino poetica: il protagonista pressa per lavoro carta da macero, e in ogni blocco inserisce un libro più o meno importante, interessante, bello o quel che è, un libro di un grande pensatore, e in questo modo sembra voler attribuire un'anima o quantomeno arricchire il blocco di carta pressata. Intenzione sicuramente rispettabile, ma forse il romanzo sarebbe più bello se durasse una pagina, con scritto: faccio la tal cosa con la tale intenzione. Bene, tanto di cappello.
Invece no: per pagine e pagine non fa che descrivere questa strana attività e, quel che è peggio, i dettagli disgustosi dell'ambiente in cui lavora e della sua (inesistente) igiene personale, e putrefazione, ed escrementi, e topi, topi, topi sempre e ovunque. Io, che ho la fobia dei topi, ho letto per tutto il tempo con un'espressione disgustata stampata in faccia.

Praticamente non ci sono personaggi rilevanti a parte il protagonista e i topi, e lui è caratterizzato solo attraverso i suoi lati disgustosi, o almeno così mi è parso. Se io volessi descriverlo, dopo la lettura, direi solo che non si lava mai e che i topi gli camminano addosso. E che soffre di allucinazioni. È tutto ciò che ho capito di lui.

Lo stile è monotono, ripetitivo, confuso, opprimente, quasi psichedelico, soffocante. Troppo serrato, non ci sono pause sufficienti, la punteggiatura è usata a caso. Sembra di assistere a un lungo delirio, che potrebbe anche essere affascinante, ma molto presto stanca.
Mi dispiace, ma l'unica cosa buona che riesco a dire di questo romanzo è che, spesso, quando un libro non piace a me è in realtà un capolavoro.

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LE RELAZIONI PERICOLOSE – Pierre Choderlos de Laclos

Titolo: Le relazioni pericolose
Autore: Pierre Choderlos de Laclos
Traduttore: L. Chiavarelli
Copertina flessibile: 259 pagine
Editore: Newton Compton (27 maggio 2010)
Prezzo: 4,16 €

Voto: ***½

Le relazioni pericolose è un romanzo epistolare di Pierre Choderlos de Laclos, il cui intricato intreccio è noto anche grazie alle trasposizioni cinematografiche; comunque, per farla breve, il Visconte de Valmont e la Marchesa de Merteuil si divertono a rovinare la reputazione e la vita di tutti coloro che hanno la disgrazia di incrociarli, li manipolano e si manipolano anche tra di loro. Gli individui davvero scandalosi sono ovviamente loro stessi, ma sono anche dei furbacchioni ben attenti a non farsi scoprire. Una trama quindi fatta di corruzione e immoralità, menzogna, sotterfugi e vendetta, e in cui trova spazio anche l'amore, ma un amore che viene usato come un'arma, calpestato, maltrattato, e che conduce alla rovina le persone coinvolte.
Il finale è spettacolare, perfino macabro forse.
Se nel 2018 non c'è ormai più niente che faccia scandalo, non è difficile capire come, nel periodo della pubblicazione, questo romanzo abbia fatto scandalo eccome. Tanto che, nella furba nota dell'Editore, si specifica che si tratta solo di un romanzo di fantasia, e che è impossibile credere che certi fatti siano avvenuti in quel tempo e in quei luoghi.

I personaggi, letteralmente ripugnanti, sono caratterizzati benissimo: se così non fosse non potrebbero essere così malvagi. La Marchesa non potrebbe essere una tale vipera manipolatrice; il Visconte non potrebbe essere un tale stronzo presuntuoso e allo stesso tempo così imbecille. E tutto questo non potrebbe essere così orribilmente attuale e senza tempo.
Trattandosi di lettere, anche lo stile di scrittura caratterizza ogni personaggio. Per esempio, le lettere di Cécile sono scritte malissimo, piene di errori e con un linguaggio ben diverso da quello della Marchesa e del Visconte. Tra l'altro Cécile è, a mio parere, uno dei personaggi meglio riusciti, proprio perché non è falsa come tutti gli altri, ma autenticamente stupida e ingenua come poche.

Lo stile è pomposo e affettato, pieno di salamelecchi, cerimonioso anche negli insulti e nelle imprecazioni, perché si tratta pur sempre di lettere di nobili e di ricchi che sanno bene come esprimersi per ingraziarsi i destinatari. A dire il vero sembra tutto falso anche quando si parla di sentimenti in teoria reali, il che contribuisce a rendere tutti i personaggi odiosi.
La punteggiatura è usata malissimo e in più la mia edizione è piena di refusi, ma è vecchia; spero che quella più recente sia migliore.
Il film (secondo me bellissimo) Cruel intentions è una rivisitazione moderna di questo romanzo e, paradossalmente, pur essendo ambientato in tempi recenti è molto meno perverso del libro.

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SETTE MINUTI DOPO LA MEZZANOTTE – Patrick Ness

Titolo: Sette minuti dopo la mezzanotte
Autore: Patrick Ness (e Siobhan Dowd)
Traduttore: G. Iacobaci
Copertina flessibile: 224 pagine
Editore: Mondadori (29 aprile 2014)
Prezzo: 8,5 €

Voto: ***

Con Sette minuti dopo la mezzanotte – forse meglio conosciuto col suo titolo originale, A monster callsPatrick Ness ha preso in mano e portato a termine un lavoro iniziato da Siobhan Dowd. Dovrei leggere qualcosa di quest'ultima per sapere se Ness le ha reso giustizia oppure no, ma nel complesso Sette minuti dopo la mezzanotte è un bel libro, triste e dai significati importanti.
In breve, Conor ha tredici anni e sua madre è gravemente malata. Lui ha un incubo ricorrente e molta paura del futuro. Il mostro del titolo (originale) è un albero, un tasso che Conor può vedere dalla finestra della sua stanza e che prende vita puntualmente sette minuti dopo la mezzanotte, per aiutarlo ad affrontare la situazione in cui si trova e costringerlo ad ammettere quella verità che gli fa tanta paura.
Com'è ovvio, il romanzo è pieno d'amore e buoni sentimenti, cui si allacciano temi consistenti come appunto quello della malattia e della morte, la paura e la perdita, e poi il bullismo, l'indagine di sé, l'accettazione di tutto quello che fa parte di noi. E l'amicizia. Lancia per questo messaggi importanti non solo per i ragazzini, che costituiscono il target ideale del libro, ma anche per gli adulti, che spesso preferirebbero farsi strappare le braccia piuttosto che accettare le proprie contraddizioni.

I personaggi di Sette minuti dopo la mezzanotte sono ben descritti e le loro emozioni sono rappresentate e trasmesse in maniera molto chiara. Non altrettanto i caratteri. Si capisce cosa provano, ma non come sono fatti. Forse è legittimo perché, visto il tipo di situazione, le emozioni hanno il sopravvento su tutto il resto, e non è strano che possano annientare.
Del mostro, a mio modesto parere, si poteva benissimo fare a meno.

Come dico più o meno di tutti i libri per ragazzi, lo stile è semplice ed efficace, forse anche troppo: sembra scritto per bambini più piccoli. Le descrizioni sono buone, le immagini ben evocate. Tuttavia non mi ha emozionato più di tanto. So che in molti hanno trovato il libro (e il film) molto struggente ma io, anche se mi sono intristita perché nonostante tutto ho un cuore, non mi sono sentita poi così distrutta. Ci sono libri, anche dello stesso genere, che mi hanno letteralmente spezzato il cuore (continuo a ripetere: Wonder) o sconvolto (Bunker diary), ma questo è solo triste.

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TRE PIANI – Eshkol Nevo

Titolo: Tre piani
Autore: Eshkol Nevo
Traduttore: O. Bannet,‎ R. Scardi
Copertina flessibile: 255 pagine
Editore: Neri Pozza (16 marzo 2017)
Prezzo: 14,45 €

Voto: ***

Tre piani è il secondo romanzo che leggo di Eshkol Nevo, dopo La simmetria dei desideri che ho davvero adorato e letto con un magone costante. Da un lato, infatti, non vedevo l'ora di leggere altre sue opere; dall'altro temevo che non sarebbero mai state alla stessa altezza. E purtroppo Tre piani non ci si avvicina nemmeno.
È comunque un bel libro, e l'idea alla sua base è molto intelligente. I tre piani sono quelli di una palazzina, ed equivalgono a tre storie – o meglio, tre confessioni –, quelle degli inquilini di ogni piano. Storie che vertono sull'amore di ogni genere, su tradimento, paura, follia, disperazione, malattia, vecchiaia, morte. E soprattutto sulla solitudine, la necessità di sentirsi utili e apprezzati.
Ma i tre piani sono anche quelli psichici: Es, Io e Super-Io, e ognuna delle tre storie rappresenta una di queste entità.

La migliore delle tre storie è sicuramente la prima: è quella scritta meglio e in cui anche i personaggi sono più interessanti, perfettamente caratterizzati anche con pochissime parole, e le loro emozioni sono palpabili, un po' come – per l'appunto – nella Simmetria dei desideri.
Le altre due storie e i loro protagonisti, invece, non arrivano allo stesso modo. I personaggi non sono così vivi e interessanti, e personalmente non mi sono sentita coinvolta nelle loro vicende né ho potuto immedesimarmi o anche solo capire che cosa stessero provando, se non a un livello piuttosto superficiale.

Lo stile di Nevo, comunque, è impeccabile nonostante i dialoghi senza punteggiatura (cosa che in genere non approvo). Ha quel mix perfetto di eleganza, chiarezza, semplicità e precisione che coinvolge senza far mai pesare la lettura, comunica e parla di sentimenti in modo commovente, come se fossero davvero qualcosa che si può descrivere.
Purtroppo la traduzione presenta errori grammaticali abbastanza banali e ripetuti, ahimè. Ma questo non ha a che vedere con la qualità del contenuto.

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UNA MORTE DOLCISSIMA – Simone de Beauvoir

Titolo: Una morte dolcissima
Autore: Simone de Beauvoir
Traduttore: C. Lusignoli
Formato ebook
Editore: EINAUDI (2 dicembre 2014)
Prezzo: 6,99 €

Voto: **½

Non trovo un modo carino per dire che Una morte dolcissima, della strepitosa e meravigliosa Simone de Beauvoir (che io non avevo mai letto finora), non mi è piaciuto. Penso di avere dei grossi limiti mentali, non so.
Il libro parla non tanto della morte, quanto dell'attaccamento alla vita della madre di Simone, che condivide i suoi ultimi momenti con le figlie e col personale medico che si prende cura di lei. È la cronaca dei suoi ultimi giorni, vissuti nella malattia e con la spada di Damocle oscillante sopra la testa. È il racconto dei limiti imposti dalla consapevolezza di una morte imminente, che non ha una data certa ma che deve essere tenuta in considerazione in ogni momento.
E la donna che sta per morire, appunto madre di Simone, è piuttosto particolare e insopportabile: per questo la narrazione è intrisa, tra le altre cose, della sua gelosia e scarsa autostima, di solitudine, e anche di amore, ma un amore che spesso è malato.

Il libro è autobiografico, quindi i "personaggi" sono persone realmente esistenti, tra le quali spicca per l'appunto questa madre così fastidiosamente presente. L'autrice ne parla con tenerezza, perché è sua madre e sta morendo, ma dai suoi racconti non sono riuscita a cavare nulla di buono su questa donna, che ha vissuto tutta la sua vita irritando gli altri pur di farsi notare. Tuttavia, com'è naturale, si arriva a provare simpatia per lei, o quantomeno pietà, perché è anziana, è malata e sta per staccarsi da una vita a cui, nonostante tutto, si aggrappa con ferocia.
Di tutti gli altri, compresa la stessa Simone, a dire il vero non mi è arrivato molto.

Il libro è scritto bene, non posso certo dire che Simone de Beauvoir non sappia scrivere, ma il suo stile non mi ha nemmeno colpito più di tanto. L'ho trovato monotono, bello sì ma anche noioso: non descrive con particolare attenzione, non mi ha evocato immagini vivide. Per questo sto qui a chiedermi che cos'è che mi è sfuggito; perché non sono riuscita a cogliere la poesia e la bellezza nella scrittura di questa donna che molti osannano.
Di sicuro proverò a leggere qualcun altro dei suoi libri, ma per il momento non posso dirmi molto soddisfatta, e mi dispiace molto.

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9 NOVEMBRE – Colleen Hoover

Titolo: 9 Novembre
Autore: Colleen Hoover
Traduttore: L. Liucci
Copertina flessibile: 344 pagine
Editore: ONE (19 ottobre 2017)
Prezzo: 5,86 €

Voto: **

Premessa: mi piacciono le storie d'amore, soprattutto se tragiche e strappalacrime, però il romance non è proprio il mio genere. Ad ogni modo, ho letto commenti così entusiasti su Colleen Hoover che ho voluto leggere uno dei suoi libri, e ho scelto 9 Novembre. Vi dico subito che mi è piaciuto, mi ha emozionato e commosso. Ma "mi è piaciuto" è un giudizio molto soggettivo; oggettivamente, invece, questo romanzo fa pena ed è pieno di cliché, banale e inverosimile.
Partiamo dalla trama che, volendo, poteva anche essere valida. Fallon e Ben si incontrano un 9 novembre. Tra loro scatta subito la scintilla ma il giorno dopo Fallon si trasferirà a New York, perciò sembra che il destino sia avverso al loro amore. Allora i due ragazzi decidono di rivedersi una sola volta all'anno per cinque anni, ogni 9 novembre. Invece di dimenticarsi l'uno dell'altra, come sarebbe normale, continuano a pensarsi reciprocamente tutti i giorni fino al 9 novembre successivo, e poi quello dopo ancora e così via. Poi saltano fuori delle cose più o meno gravi che rischiano di compromettere il rapporto, ma loro continuano imperterriti, altrimenti che razza di amore sarebbe?
Devo proprio elencarvi i temi? 9 Novembre parla d'amore, ovviamente. Di autostima e di fiducia, di morte, di colpe e anche di sprecare un sacco di tempo invano sulla base di principi assurdi, quando hai palesemente trovato l'amore della tua vita e non dovresti lasciartelo scappare.

I personaggi sono pessimi. Sono solo descritti ma in nessun modo caratterizzati. Anzi, la storia è raccontata dai punti di vista di entrambi i protagonisti eppure, che sia lui o che sia lei a parlare, sembra di leggere sempre la stessa persona. Non c'è differenza tra i due, sono uguali e sembrano anche leggersi nel pensiero, e non in virtù di chissà quale sintonia, ma perché l'autrice non sembra capace di immedesimarsi in persone diverse.
A dire il vero una differenza c'è: Ben sembra una persona tutto sommato normale; Fallon invece è deficiente. Non saprei come altro definirla, sul serio.

Anche lo stile è pessimo. Il libro è scritto male, è pieno di errori (parlo della traduzione italiana, spero Colleen Hoover scriva meglio di così) e di frasi vuote e stupide. È un piattume assoluto. Solo nella parte finale, grazie al cielo, si riprende: gli ultimi capitoli sono scritti un po' meglio e sono quelli che mi hanno fatto soffrire.
Ora, io non ho nessun interesse a smontare il libro. È solo che devo essere obiettiva, e purtroppo la qualità del romanzo è davvero scarsa. Tuttavia, se siete romantici e sdolcinati come me leggetelo pure: magari vi piace, vi darà emozioni, vi farà strappare i capelli per la disperazione e vi farà sognare l'amore perfetto che non conosce ostacoli. Io sono così scema che credo leggerò qualcos'altro dell'autrice.

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QUEL FANTASTICO PEGGIOR ANNO DELLA MIA VITA – Jesse Andrews

Titolo: Quel fantastico peggior anno della mia vita
Autore: Jesse Andrews
Traduttore: A. Sarchi
Copertina flessibile: 254 pagine
Editore: Einaudi (1 dicembre 2015)
Prezzo: 14,87 €

Voto: **

Avevo Quel fantastico peggior anno della mia vita in lista di lettura da una vita. Finalmente l'ho letto e, ahimè, sono rimasta molto delusa. Jesse Andrews racconta fondamentalmente Greg, un adolescente molto particolare che sogna di fare il regista e realizza film con il suo unico amico Earl. Greg ci tiene che Earl rimanga l'unico, perché avere amici significa automaticamente avere nemici. Le cose cambiano quando la madre lo informa che Rachel, studentessa nella sua stessa scuola, è malata, e lo fa sentire in dovere di starle vicino.
Quel fantastico peggior anno della mia vita, quindi, tratta soprattutto di amicizia e di solitudine, di etichettamento e di autostima. E per ovvi motivi, di malattia e morte. Tutti temi che però non vengono approfonditi a sufficienza. A dire la verità il libro è troppo incentrato sul personaggio di Greg, non tanto sulle vicende.

I personaggi di questo romanzo sono strani. Hanno circa diciassette anni, ma sembrano molto stupidi per la loro età. Le descrizioni fisiche sono efficaci, ma per tutta la durata della lettura ho pensato a loro come a degli undicenni, mi è stato molto difficile ricordarmi – a tratti era necessario – che erano molto più grandi. I personaggi di Wonder, libro che ho amato e già recensito qui, hanno circa dieci, undici anni, e sembrano molto più maturi e sensati di questi qui.
Greg, il protagonista, è caratterizzato abbastanza bene nella sua sgradevolezza. Ho capito i suoi punti di vista, ma lui non sembra davvero asociale o evitante, sembra solo stupido. I suoi ragionamenti non hanno senso, le sue paure nemmeno. Tutti lo definiscono simpaticissimo ma non fa ridere neanche i polli.

Anche stilisticamente il libro lascia molto a desiderare. È sgrammaticato e molto ripetitivo: è raccontato in prima persona da un ragazzino ma questa non è una giustificazione. Inoltre ha pretese di originalità che hanno il solo effetto di rendere la lettura meno lineare e scorrevole: dialoghi scritti in forma di testo teatrale (o cinematografico), recensioni in diretta dei film realizzati da Greg ed Earl, liste e così via. Più che una trama ci troviamo sotto gli occhi un insieme di scene messe una dietro l'altra. Il contenuto dei dialoghi poi è veramente patetico, il che contribuisce a far sembrare i personaggi troppo giovani e imbecilli.
Infine, ciliegina sulla torta, visti i temi poteva almeno essere un libro triste, strappare qualche lacrima o almeno qualche riflessione... invece no. Forse l'unica cosa interessante è l'idea che Greg ha dei rapporti sociali. Per il resto è solo una perdita di tempo, una lettura inutile. Reputo inutile anche lasciarvi il link per reperirlo, ma ve lo lascio comunque, non si sa mai.

(Mi dicono che il film è più bello, se volete saperlo.)