L'ALBERGO DELLE DONNE TRISTI – Marcela Serrano

L'albergo delle donne tristi, Marcela Serrano
Titolo: L'albergo delle donne tristi
Autore: Marcela Serrano
Traduttore: S. Geroldi
Copertina flessibile: 288 pagine
Editore: Feltrinelli (4 luglio 2001)
Prezzo online: 8,07 €

L'albergo delle donne tristi è un bel libro e dice tante cose belle e significative. E Marcela Serrano scrive innegabilmente bene. Se volete potete anche fermarvi qui, altrimenti sciroppatevi anche le mie perplessità.
Parliamo dei temi.
  • Donne e uomini. Differenze, incompatibilità, incomunicabilità. Le donne accolte nell'albergo hanno tutte problemi sentimentali legati a uomini che le hanno fatte soffrire. Mi sono trovata d'accordo con certe perle molto sagge e acute, però mi rendo anche conto che spesso si tratta di luoghi comuni e pregiudizi.
  • Amore, disamore, dolore, matrimonio e compagnia bella (ma anche la rinascita dopo un rapporto nocivo). Vedi sopra.
  • Il corpo, le sue sensazioni, i suoi blocchi, la capacità di lasciarsi andare, il sesso. Perché il corpo è lo strumento tramite il quale sentimenti e sensazioni si manifestano, o si bloccano. Riguardo a questo, Marcela Serrano ha a mio parere colpito nel segno. Le parti fisiche del romanzo sono quelle riuscite meglio.

I personaggi di questo romanzo sono descritti molto bene e dettagliatamente, a volte anche tramite similitudini particolari e originali. Possiamo immaginare l'aspetto di ognuno di loro nei minimi dettagli, ma la caratterizzazione è un po' più problematica. Nessun personaggio mi è sembrato avere un carattere ben definito (tranne Toña), ma a dire la verità non sono tanto i caratteri a definirli, quanto le loro storie e le loro ferite.

Lo stile non saprei nemmeno come definirlo, il primo aggettivo che mi viene in mente è raffinato. Non che sia difficile o altisonante, ma è molto denso, pensato, richiede tempo e attenzione. L'albergo delle donne tristi non è un libro che si divora in poco tempo, va assaporato.
Il romanzo è fatto di tante storie, ogni personaggio si racconta ed è il confluire di tutti questi racconti che costituisce l'intreccio. Questo significa che una gran parte del libro è fatta non tanto di descrizioni o spiegazioni, ma di dialoghi, che io ho spesso trovato stupidi malgrado la pretesa di profondità.
Una cosa che a me dà fastidio – in generale – è l'utilizzo del presente indicativo come tempo del racconto, ma questo riguarda solo il mio gusto personale.
In ogni caso L'albergo delle donne tristi, ripeto, è un bel libro che consiglierei a molte donne.

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IL MIO ROMANZO VIOLA PROFUMATO – Ian McEwan

Il mio romanzo viola profumato, Ian McEwan
Titolo: Il mio romanzo viola profumato
Autore: Ian McEwan
Traduttore: S. Basso
Copertina flessibile: 55 pagine
Editore: Einaudi (12 giugno 2018)
Prezzo online: 4,25 €

Il mio romanzo viola profumato di Ian McEwan è un libriccino piccolo piccolo che contiene un racconto (quello del titolo) e un saggio sull'io. Un'analisi dettagliata sarebbe più lunga del libro stesso, quindi la reputo inutile. Potrei anche lasciarvi dicendovi solo di leggerlo, ma spenderò qualche parola in più.
Il tema è principalmente quello della reputazione e dell'etichettamento, e il meccanismo è mostrato in maniera esemplare in pochissime pagine o perfino parole, perché tutto intorno c'è una trama, ma il succo del discorso è condensato davvero in poco spazio (e molto bene). A rendere geniale il racconto sono piccoli dettagli negli atteggiamenti dei personaggi, che non possono essere caratterizzati più di tanto per via della brevità, ma comunque fanno e dicono cose veramente degne di nota.
Lo stile è il maggior pregio (ma non l'unico) del libro e anche dell'autore. Il racconto è scritto davvero molto bene, la prosa è eccezionale e risulta, come già detto, molto incisiva in quel poco spazio che occupa.
Non credo sia necessario aggiungere altro. A parte forse che trovo il titolo stupidissimo.

Riguardo al saggio, a sua volta molto breve, direi che è anch'esso interessante e a tratti geniale, una riflessione davvero intelligente e molto attuale, sebbene l'io, come giustamente sottolineato, non sia certo un concetto legato a una specifica epoca.
In ogni caso io credo di dover leggere qualcos'altro di McEwan.

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DEMELZA – Winston Graham

Demelza, Winston Graham
Titolo: Demelza
Autore: Winston Graham
Traduttore: M. Curtoni, M. Parolini
Copertina flessibile: 491 pagine
Editore: Sonzogno (2 febbraio 2017)
Prezzo online: 16,15 €

In Demelza ritroviamo lo stile piacevolissimo di Winston Graham, che rende la lettura un vero piacere, ma vi dico subito che, rispetto al primo volume (recensito qui), questo mi ha deluso molto.
I principali temi toccati da questo secondo episodio della saga di Poldark sono:
  • Economia, crisi, affari. Purtroppo questa sfera ha uno spazio immenso all'interno del romanzo. Nel primo era molto più marginale, ma qui sembra che ci si occupi più della situazione economica che non delle vite dei personaggi, ahimè.
  • Onore, gelosia, vendetta. La storia di Mark e Keren, che pure sono personaggi secondari, è forse la parte più interessante della trama.
  • Perdita, malattia, morte, dolore. E malgrado ciò questo romanzo mi è sembrato carente in termini di pathos, rispetto al primo che invece era ricco di emozioni e di amore in tante forme diverse. Solo nella parte finale si riprende, da questo punto di vista.
  • Società, differenze di classe, snobismo e così via, come nel primo.

Mi duole dire che i personaggi, che nel primo libro mi erano piaciuti tantissimo, stavolta mi sono risultati spenti, anche se le descrizioni fisiche continuano a essere molto accurate (e per qualche ragione pare che tutti siano grassi). In particolare Ross, protagonista che avevo amato e che si avvicinava molto al mio uomo ideale, ha perso tutto il suo fascino e adesso somiglia a tanti altri personaggi maschili che mi sono del tutto indifferenti. Per fortuna Verity è rimasta abbastanza autentica e i suoi stati d'animo risultano reali, ma anche lei, per la maggior parte del tempo, sembra l'ombra di quella che era prima.
Perfino Demelza è meno insopportabile, molto più piatta.
Il personaggio migliore credo sia Keren, che è pazza e molto irritante a dire il vero, ma almeno ha una personalità forte e decisa che la fa spiccare in mezzo al piattume.

Lo stile è la caratteristica migliore del romanzo. Per fortuna Winston Graham scrive così bene che perfino una trama poco entusiasmante scivola via facilmente, grazie alla bellissima prosa, al linguaggio semplice e scorrevole, alle parole che non sono mai altisonanti ma sono scelte con evidente cura e usate alla perfezione, alle suggestive descrizioni che catturano l'attenzione anche su piccoli dettagli, in particolare quelle relative ai colori. Il cielo, il mare, i dettagli climatici sono resi in maniera molto vivida, e questo è l'aspetto che ho apprezzato di più. Credo valga la pena di leggere il libro anche solo per questo, anche se purtroppo neanche qui mancano i refusi.
Io vorrei continuare a leggere la saga, ma spero davvero che si riprenda, perché se continua su questa linea non so se ne valga la pena. E soprattutto spero che torni il Ross del primo libro.

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AGNES GREY – Anne Brontë

Agnes Grey, Anne Brontë
Titolo: Agnes Grey
Autore: Anne Brontë
Traduttore: M. Sestito
Copertina rigida: 157 pagine
Editore: Newton Compton (28 maggio 2015)
Prezzo online: 3,90 €

La mia opinione su Agnes Grey di Anne Brontë è un po' confusa. Nel complesso direi che mi è piaciuto, però il mio interesse è andato scemando man mano che procedevo.
Parliamo dei temi:
  • Educazione dei bambini. Tutta la prima parte del libro è dedicata al lavoro di istitutrice di Agnes, che ha la sventura di vedersela con degli allievi terribili, roba da prenderli a pugni sui denti. Avendo io studiato Educazione, questa parte ha tenuto vivo il mio interesse e l'ho trovata molto attuale, perché l'autrice mette in luce come i genitori adottino metodi educativi dall'efficacia discutibile, facendo così il male dei loro stessi figli. Cosa che al giorno d'oggi è più che mai evidente, a mio parere.
  • La contrapposizione tra "bene" e "male", intesi come saldi valori e principi da una parte, e frivolezza e superficialità dall'altra. Ho percepito una finalità moraleggiante nel romanzo, che alla fine è come se dicesse: se ti comporterai bene otterrai la felicità, altrimenti avrai piaceri effimeri ma sarai per sempre infelice a causa delle tue scelte.
  • Indipendenza ed emancipazione della donna. Agnes infatti cerca e trova una sua strada per non dipendere da nessuno e, anzi, aiutare come può la sua famiglia.
  • Amore. Ovviamente non poteva mancare, ma quello romantico ha fin troppo poco spazio nella storia, mentre sono invece più presenti l'amore disinteressato per le altre creature di Dio, i valori cristiani e così via.

I personaggi sono descritti con minuzia e ben caratterizzati, anche se ho trovato un po' troppo marcata la differenza tra Agnes (e la sua famiglia) e tutti gli altri. I valori che Agnes difende a spada tratta sono a dir poco superati ormai, e nel 2018 lei sembra una specie di suora repressa. È uno dei motivi per cui spesso i classici non mi entusiasmano.
I personaggi cattivi sono forse quelli riusciti meglio, e risultano così autenticamente insopportabili che davvero ho dovuto reprimere istinti violenti.

Lo stile, anch'esso alquanto antiquato, mi è comunque piaciuto. L'ho trovato elegante e ricercato quanto basta ma comunque scorrevole, e nel complesso è stata una lettura piacevole. Alcune descrizioni sono molto belle ed efficaci.
Io, ripeto, non sono un'appassionata di classici, e soprattutto quelli inglesi in genere non mi fanno impazzire. Ma Agnes Grey è un romanzo che vale la pena di leggere, e oserei dire che per certi versi mi ha ricordato Jane Eyre, anche se quello mi sembra un libro molto più completo.

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TU L'HAI DETTO – Connie Palmen

Tu l'hai detto, Connie Palmen
Titolo: Tu l'hai detto
Autore: Connie Palmen
Traduttore: C. Cozzi, C. Di Palermo
Copertina flessibile: 255 pagine
Editore: Iperborea (11 aprile 2018)
Prezzo online: 14,45 €

Non vedevo l'ora di leggere Tu l'hai detto di Connie Palmen, come ai tempi non vedevo l'ora di leggere La campana di vetro di Sylvia Plath.
L'autrice dà voce a Ted Hughes, marito di Sylvia, e attraverso lui racconta la storia di un amore, di un matrimonio, ma anche di due persone fragili e disperate.
I temi potete immaginarli:
  • Amore. Ted ama Sylvia in modo struggente e protettivo, almeno fino a un certo punto; e forse lei, nel suo modo malato, ama lui. Il messaggio che mi è arrivato è che l'amore può salvare, come la perdita di esso può distruggere.
  • Depressione, suicidio, giudizi. Che altro vi aspettate da Sylvia Plath?
  • Famiglia, "parenti serpenti". Ted sottolinea più volte come le loro rispettive famiglie non solo li abbiano sempre intralciati e criticati, ma addirittura abbiano avuto un ruolo determinante nella loro rovina.
  • Cattivi presagi, di cui le loro vite sembrano costellati, in maniera quasi innaturale e poco credibile per una persona razionale quale sono io.

I personaggi importanti sono in sostanza loro due, Ted e Sylvia, e ho apprezzato molto la loro caratterizzazione. Ted parla in prima persona e risulta molto credibile, sa quello che dice e i suoi sentimenti traspaiono senza alcuna difficoltà, in modo disarmante e perfino fastidioso nonostante la sua riservatezza. Infatti a un certo punto l'ho detestato, sebbene sia un bel personaggio, ben costruito, e mi sia sentita molto solidale nei suoi confronti.
Di Sylvia è resa benissimo l'instabilità. Io non so molto della sua vita, so che era depressa ma da questo romanzo (e dai suoi diari) ho capito che era anche paranoica, incoerente, forse addirittura bipolare. E tuttavia Ted, ammaliato, ne parla come di una creatura poetica e affascinante.

Lo stile di Connie Palmen mi ha molto colpito alle prime pagine. Ho trovato elegante la prosa, ottima la scelta delle parole, ma dopo un po' mi ha stufato, ho cominciato a perdere il filo e trovare la costruzione delle frasi a tratti troppo confusa. Alcuni termini sono ripetuti troppo spesso ("sposa" tra tutti). Nella parte finale ha ricominciato a prendermi un po' di più, forse perché anche la trama si faceva più interessante. Le descrizioni sono molto efficaci però.
Insomma, Tu l'hai detto è un bel romanzo ma, dal mio punto di vista, un po' sopravvalutato.

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ROSS POLDARK – Winston Graham

Ross Poldark Winston Graham
Titolo: Ross Poldark
Autore: Winston Graham
Traduttore: M. Curtoni, M. Parolini
Copertina flessibile: 431 pagine
Editore: Sonzogno (5 maggio 2016)
Prezzo online: 15,72 €

Ross Poldark di Winston Graham è un romanzo storico che ho trovato molto molto romantico, ma non in maniera banale o smielata, e devo dire che mi è piaciuto moltissimo. La fine mi ha un po' delusa ma in fondo è il primo libro di una lunga saga, quindi in realtà non è affatto una fine.
Trama: morto il padre, Ross Poldark torna in Cornovaglia dopo aver combattuto in America. L'unica cosa di cui ancora gli importi è l'amore di Elizabeth, ma scopre subito che lei sta per sposare un altro. Inoltre la sua proprietà si trova in un uno stato pietoso di totale abbandono e lui dovrà prendersene cura. Uniche luci nel buio sono sua cugina Verity e Demelza, una ragazzina che Ross prende a lavorare come sguattera. La trama non è che l'intrecciarsi delle vicende dei molti personaggi.
Il tema fondamentale che emerge da ogni pagina e permea tutta la storia è l'amore: non un amore sdolcinato o solo romantico, ma l'amore in tutte le sue forme, spesso silenzioso e doloroso, pieno di sfaccettature e autentico. E poi la società con i suoi ruoli, le differenze sociali, la ricchezza e la povertà, l'onore e la reputazione.

I personaggi sono secondo me il maggior pregio di questo romanzo, e mi hanno stupito perché sono dipinti in maniera davvero esemplare. Sono descritti con minuzia e caratterizzati perfettamente, sono autentici e hanno sentimenti, comportamenti e reazioni molto verosimili, non scontati o stereotipati, e ben calcolati (dall'autore) anche nei tempi. A volte risultano perfino teneri nella loro fragilità.
A me i personaggi maschili non piacciono mai, quelli che amo si possono contare sulle dita di mezza mano, ma Ross mi è piaciuto tantissimo. Non è infatti il solito protagonista forte e tutto d'un pezzo, ma un uomo normale con dei sentimenti di cui non si vergogna, per quanto sia fermo nei suoi propositi. L'ho trovato molto umano ed è anche ironico e sagace.
Altro personaggio meraviglioso è Verity, autentica in tutte le sue manifestazioni, viva malgrado la timidezza e poi spenta e rassegnata (mai melodrammatica) nella sua depressione.
Ho odiato invece Demelza. Per carità, rappresentata benissimo anche lei, ma l'ho trovata insopportabile soprattutto verso la fine: una furbacchiona egoista, capricciosa e presuntuosa malgrado dica o pensi di sentirsi inferiore a causa delle sue origini. A un certo punto giustifica perfino la violenza in amore. Scandalosa.

Anche lo stile è notevole, elegante e semplice, accattivante sin dalle prime righe, si lascia leggere senza nessuna fatica trascinando subito il lettore dentro la storia.
Ho già elogiato le descrizioni dei personaggi ma anche quelle ambientali sono molto accurate, bellissime e suggestive. E i capitoli non sono mai troppo lunghi, cosa che io apprezzo sempre.
Purtroppo devo dire che ho trovato diversi refusi ed errori di traduzione.
Comunque per me è indubbiamente un sì, è una lettura che consiglierei di sicuro agli amanti del genere.

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IL GIOCO DI GERALD – Stephen King

Il gioco di Gerald Stephen King
Titolo: Il gioco di Gerald
Autore: Stephen King
Traduttore: T. Dobner
Copertina flessibile: 374 pagine
Editore: Sperling & Kupfer (26 settembre 2013)
Prezzo online: 8,18 €

Ho letto Il gioco di Gerald nel tentativo di risvegliarmi dalla cosiddetta crisi del lettore, perché so che lo stile di Stephen King riesce quasi sempre a catturarmi. C'è riuscito anche stavolta, e mi ha coinvolto perfino con un solo personaggio, bloccato per tutto il tempo su un letto.
La trama è molto semplice: Jessie e Gerald si concedono una giornata nella loro casa sul lago, ben isolata, e si apprestano a soddisfare la più recente fantasia sessuale di lui. Gerald ammanetta la moglie al pesante letto, poi muore di infarto e Jessie resta lì, bloccata e forse condannata a morire in breve tempo di sete, fame e in preda a dolorosi crampi. Trama semplice, appunto, ma tenuta in piedi da un'approfondita indagine della psicologia di Jessie, dei suoi ricordi, delle voci nella sua testa. (Anche se ho trovato un po' assurdo che lei si dovesse psicanalizzare proprio in quel momento.)
Quello che non mi ha convinto nella trama sono i tempi: capisco che anche un solo giorno bloccata a letto a quel modo possa essere terribile, ma mi sembra comunque un tempo troppo breve per sentire i morsi della fame e della sete in modo così potente. Sarà che io bevo poco e non ho mai vera fame, boh.
Il tema fondamentale secondo me è la paura, e non perché si tratta di Stephen King e quindi deve "fare paura", ma perché è l'emozione che permea ogni momento vissuto da Jessie, che guida e allo stesso tempo compromette ogni sua – limitata – azione. Altri temi importanti sono l'abuso e più in generale il corpo, le sensazioni fisiche di tutti i tipi. E la fiducia.

Come ho detto, il libro è incentrato su un unico personaggio, Jessie appunto, e tutti gli altri (comunque pochi) sono comparse. Di Jessie devo dire che non mi ha convinta del tutto. Non si capisce se sia schizofrenica o se soffra di una strana forma di "schizofrenia" momentanea (che non credo esista sul serio) e inoltre, nonostante il tutto sia descritto egregiamente, non ho percepito particolari emozioni da parte sua. Perfino la paura di cui parlavo prima: ho avuto la sensazione di provare più paura e orrore io, leggendo, che non lei vivendo la situazione in prima persona.
Un personaggio perfettamente delineato nella sua ripugnanza è il padre di Jessie, ed è ben caratterizzata anche Ruth. Li vediamo però solo nei ricordi della protagonista.

Dal punto di vista dello stile King è uno dei miei autori preferiti. Come ho detto mi cattura e mi coinvolge come pochi, e la fine di ogni capitolo incuriosisce abbastanza da far venire voglia di leggere subito il successivo. Le descrizioni sono vivide e precise (anche in piccoli dettagli come certi rumori), ricche di particolari raccapriccianti, visto il tipo di scenario. Vi dico solo che a un certo punto descrive le condizioni in cui si trova una mano di Jessie e io da lì ho cominciato a sentire sensazioni strane sulla mia di mano, e a muoverla con cautela perché tra poco temevo mi si disintegrasse a caso.
In tutto questo ci tengo a sottolineare che io non sono un'amante dell'horror, né una fan accanita di King. Ma quando uno è bravo e bravo, c'è poco da fare.
Quindi io il libro lo consiglio, ma più che altro vi consiglio in generale di leggere King.

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CHIEDI ALLA LUNA – Nathan Filer

chiedi alla luna nathan filer
Titolo: Chiedi alla luna
Autore: Nathan Filer
Traduttore: A.M. Pizzone
Copertina flessibile: 308 pagine
Editore: Feltrinelli (14 gennaio 2015)
Prezzo online: 7,65 €

Nathan Filer si occupa di ricerca in campo psichiatrico e ha lavorato a contatto con pazienti psichiatrici, e si vede. Chiedi alla luna è un libro molto doloroso – spesso a sorpresa – e uno dei miei preferiti in assoluto, in cui l'autore mostra nei dettagli, dal punto di vista del soggetto direttamente coinvolto, uno dei più seri e compromettenti disturbi psichiatrici, attraverso la progressione dei sintomi disseminati per tutto il romanzo con nonchalance. Detto così può sembrare molto noioso a chi non si interessa di Psichiatria, ma non lo è. Si tratta solo di un ragazzo che racconta la sua storia, come succede in tanti romanzi.
Tra i temi più importanti c'è quello dell'etichettamento, perché essere "pazzi" significa inevitabilmente essere etichettati (e in questo libro si accenna anche all'esperimento di Rosenhan, che io trovo impressionante e che ho citato altrove nel blog). Filer mostra non solo che cosa significhi avere una specifica patologia, ma anche essere in generale pazienti psichiatrici, mettendo in luce in particolare il mancato controllo di sé stessi, la solitudine e il senso di isolamento.

I personaggi del romanzo sono ben dipinti e caratterizzati, appaiono autentici e credibili, ma il punto di vista è sempre quello del protagonista, che ha una sua visione particolare delle cose e quindi anche delle persone. Percepiamo quindi i vari personaggi nel modo in cui li percepisce lui, e in realtà non è per niente un male. Anzi, il punto è a mio parere proprio quello: immedesimarsi e vivere dall'interno i meccanismi che governano la mente di una persona con quel tipo di patologia. Ho letto in giro commenti di persone un po' spiazzate da questa cosa ma insomma, se volete qualcosa di lineare e pulito leggete Jane Austen, non questo!

La prosa è ciò che caratterizza il protagonista, Matthew. È confusionaria e disorganizzata, ripetitiva e a volte nervosa, ma è proprio così che deve essere. Oserei dire quasi che il libro sembra scritto male, ma immagino e spero che sia una cosa voluta (anche se qualche refuso non intenzionale l'ho trovato), che io ho anche apprezzato, proprio perché rispecchia la (dis)organizzazione mentale di Matthew.
Le descrizioni sono ottime, tant'è che Matthew dice spesso Tizio l'avete già conosciuto, oppure la tal cosa l'avete già vista, e si ha davvero la sensazione di conoscere le persone e gli ambienti intorno a lui. Inoltre vengono utilizzati caratteri diversi per distinguere le parti che lui scrive al computer da quelle scritte a mano o a macchina, e ci sono anche i suoi disegni. La prima volta che ho letto il libro era in formato ebook, ma è uno di quei libri che andrebbero letti solo in cartaceo per cogliere al meglio questo tipo di dettagli.
Il finale è un po' troppo sdolcinato ma ripeto, Chiedi alla luna è uno dei miei libri preferiti quindi, ovviamente, lo consiglio a tutti.

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UNA STAGIONE SELVAGGIA – Joe R. Lansdale

una stagione selvaggia joe r. lansdale
Titolo: Una stagione selvaggia
Autore: Joe R. Lansdale
Traduttore: C. Prinetti
Copertina flessibile: 184 pagine
Editore: Einaudi (4 ottobre 2016)
Prezzo online: 10,20 €

Vi dico subito che Una stagione selvaggia di Joe R. Lansdale non mi è piaciuto.
Due amici molto maschi e virili vengono coinvolti nell'appassionante ricerca di un malloppo di banconote smarrito in un fiume. Per tutto il tempo fanno i duri e sprizzano testosterone da tutte le parti, tranne che in presenza della pollastrella di turno, che guarda caso possiede tutte le caratteristiche che fanno impazzire gli uomini.
Visto il genere, questo romanzo vorrebbe forse creare suspance, incuriosire, ma vi dirò che io non ero per nulla curiosa. È il primo della serie con protagonisti Hap Collins e Leonard Pine, e io mi guarderò bene dal leggere gli altri.

Tutti i personaggi mi sono sembrati delle macchiette, degli stereotipi, come del resto ho già detto. I protagonisti sono dei maschioni, dei veri duri: le loro conversazioni sono scurrili, ricche di volgarità e insulti reciproci, perché è così che i veri uomini interagiscono tra di loro, e le attività preferite implicano l'uso di armi o della forza fisica, perché ognuno dei due deve dimostrare di essere più bravo e più forte dell'altro. A Leonard, però, concedo una buona dose di ironia. Almeno quello.
Anche gli altri personaggi sono poco credibili, soprattutto Trudy, che sembra essere l'unica donna esistente sulla terra e, per la gioia di tutti, è bella, bionda, formosa e ogni sua parola o gesto provoca esplosioni nelle mutande di tutti gli uomini nel raggio di un chilometro, tranne quelli omosessuali (ma forse anche quelli).
Ma sul serio, Lansdale? Avrei potuto anche stimarti, ma così non ci siamo proprio.

Lo stile dell'autore è apprezzabile, ma lo so soprattutto grazie alla lettura di un altro libro, Acqua buia, perché qui – ripeto – il linguaggio è quello dei maschioni, un'esasperante ripetizione di «cazzo» e «culo», quindi non mi ha coinvolto più di tanto. Questo libro sembra scritto proprio a beneficio di quel tipo d'uomo che beve birra e poi accartoccia la lattina asciugandosi la bocca col dorso della mano, per poi concludere in bellezza con un sonoro rutto.
In compenso è abbastanza breve.
So che Lansdale piace molto anche dalle donne, e del resto io stessa ho apprezzato Acqua buia, ma credo che Una stagione selvaggia avrebbe potuto piacermi solo se fossi stata un uomo, e non uno qualunque, ma uno molto sessista e con velleità da vero duro.

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BARABBA – Pär Lagerkvist

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Titolo: Barabba
Autore: Pär Lagerkvist
Traduttore: G. Oreglia
Copertina flessibile: 157 pagine
Editore: Jaca Book (22 marzo 2012)
Prezzo online: 13 €

Barabba è il titolo di questo romanzo di Lagerkvist e, come tutti sappiamo, è anche un nome, che ci dice da subito di chi parla il libro. Si tratta per l'appunto di un romanzo, quindi non di fatti storici documentabili, bensì dell'immaginazione di Lagerkvist. E ciò che l'autore immagina è la vita di Barabba dopo gli eventi di cui tutti siamo a conoscenza; i suoi stati d'animo, le sue emozioni, l'incredulità e la malcelata curiosità nei confronti di Gesù, colui che è andato incontro a quella morte che allo stesso Barabba è stata risparmiata.
Ripeto, è un romanzo e parla di un uomo: non è un libro per il catechismo. Anche se tra i temi trattati, ovviamente, c'è quello della fede.

Tra i personaggi, ho trovato Barabba abbastanza interessante come uomo, nel suo riserbo e nei suoi modi di fare, come nei suoi pensieri. E ho trovato che "la grassona" sia stata resa patetica in maniera efficace, ma mi ha anche infastidito questo continuo riferirsi a lei come "la grassona", come se fosse definita solo dal suo grasso. Lo stesso vale anche per altri personaggi, definiti attraverso i loro difetti.
In compenso le descrizioni fisiche, in generale, sono molto accurate.

Lo stile narrativo invece mi ha annoiato molto, e in particolare ho trovato incomprensibile l'uso della punteggiatura. Alcuni periodi ho proprio avuto difficoltà a decifrarli, se non al prezzo di ripetute interpretazioni.
Io credo che l'idea alla base del romanzo fosse piuttosto interessante, ma in definitiva il libro mi ha annoiato e non ha destato in alcun modo la mia curiosità. Okay, Barabba riflette su quanto accaduto, pensa e si informa riguardo a Gesù, cerca di capire... ma tutto avviene in modo noioso per uno spettatore esterno. Mi aspettavo di più.

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