Voto: 4/5
Medico apparentemente asociale racconta ad altro tizio una sua recente esperienza, che l'ha evidentemente sconvolto: si è pseudo innamorato di una donna (o almeno del suo corpo e del suo modo di fare) e ha praticamente rovinato la vita a lei e a sé stesso. La vicenda, a sentire lui, ruota intorno all'amok, questa sorta di follia animale a cui non si può sfuggire in alcun modo. O, se vogliamo, nel caso specifico, un'ossessione che accende e guida ogni comportamento del soggetto invasato.
Quindi ossessione, "amore" (passione, sesso, desiderio, bramosia, quello che volete), follia. E onore.
Personalmente, questo protagonista non mi è piaciuto granché. L'ho trovato antipatico, fastidioso, eccessivamente orgoglioso, bramoso di potere: vuole a tutti i costi sottomettere la persona che si trova di fronte ma, al rifiuto di quella, si sottomette lui stesso cinque minuti dopo. Un maniaco, per l'appunto invasato da quello che lui chiama amok, ma che io ho visto solo come una specie di perversione sessuale. Avrei voluto mutilarlo del pene, 'sto porco.
Vero protagonista del racconto dovrebbe essere l'amok, ma dal mio punto di vista è l'uomo. Un uomo peraltro abbastanza comune, che si nasconde dietro l'amok per non dire chiaramente «faccio schifo, sono un normalissimo maniaco che si lascia guidare dal proprio organo sessuale».
Il narratore/ascoltatore, invece, non ha una vera personalità. Sta lì solo per farsi raccontare la vicenda, sulla quale non esprime nemmeno opinioni. Alla fine ho avuto un sospetto che, se fondato, l'avrebbe reso più interessante. Ma non era fondato.
Detto ciò, voglio chiarire che – fin qui non si direbbe – il libro mi è piaciuto e mi ha coinvolto tantissimo. Ho odiato il protagonista, ma amo Zweig e il modo in cui scrive. Ho scoperto da poco questo autore e trovo il suo stile meraviglioso.
Le descrizioni sono accurate, il ritmo incalzante, e infatti ho divorato il racconto in pochissimo tempo. Così è stato con tutti i libri che ho letto di Zweig: in nessun caso ho trovato la trama particolarmente coinvolgente, o i personaggi interessanti, anche se comunque le loro emozioni – che sono poi le emozioni di ogni essere umano – sono rese con una maestria propria di ben pochi autori; ma lo stile è così perfetto che viene voglia di leggerne ancora, e ancora, fosse anche solo per gustarsi le parole che si inseguono in maniera così sapiente.
Quindi tanto di cappello a Zweig (e al traduttore, che al momento non sono in grado di citare perché, ahimè, non mi preoccupo mai nemmeno di leggerne il nome).
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