UNA SOLITUDINE TROPPO RUMOROSA – Bohumil Hrabal

Titolo: Una solitudine troppo rumorosa
Autore: Bohumil Hrabal
Traduttore: Sergio Corduas
Copertina flessibile: 122 pagine
Editore: Einaudi (29 gennaio 2014)
Prezzo: 8,50 €

Voto: *½

Bohumil Hrabal ha chiamato il suo libro Una solitudine troppo rumorosa, titolo davvero bellissimo. Purtroppo non si può dire lo stesso del libro.
L'idea è abbastanza originale e perfino poetica: il protagonista pressa per lavoro carta da macero, e in ogni blocco inserisce un libro più o meno importante, interessante, bello o quel che è, un libro di un grande pensatore, e in questo modo sembra voler attribuire un'anima o quantomeno arricchire il blocco di carta pressata. Intenzione sicuramente rispettabile, ma forse il romanzo sarebbe più bello se durasse una pagina, con scritto: faccio la tal cosa con la tale intenzione. Bene, tanto di cappello.
Invece no: per pagine e pagine non fa che descrivere questa strana attività e, quel che è peggio, i dettagli disgustosi dell'ambiente in cui lavora e della sua (inesistente) igiene personale, e putrefazione, ed escrementi, e topi, topi, topi sempre e ovunque. Io, che ho la fobia dei topi, ho letto per tutto il tempo con un'espressione disgustata stampata in faccia.

Praticamente non ci sono personaggi rilevanti a parte il protagonista e i topi, e lui è caratterizzato solo attraverso i suoi lati disgustosi, o almeno così mi è parso. Se io volessi descriverlo, dopo la lettura, direi solo che non si lava mai e che i topi gli camminano addosso. E che soffre di allucinazioni. È tutto ciò che ho capito di lui.

Lo stile è monotono, ripetitivo, confuso, opprimente, quasi psichedelico, soffocante. Troppo serrato, non ci sono pause sufficienti, la punteggiatura è usata a caso. Sembra di assistere a un lungo delirio, che potrebbe anche essere affascinante, ma molto presto stanca.
Mi dispiace, ma l'unica cosa buona che riesco a dire di questo romanzo è che, spesso, quando un libro non piace a me è in realtà un capolavoro.

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LE RELAZIONI PERICOLOSE – Pierre Choderlos de Laclos

Titolo: Le relazioni pericolose
Autore: Pierre Choderlos de Laclos
Traduttore: L. Chiavarelli
Copertina flessibile: 259 pagine
Editore: Newton Compton (27 maggio 2010)
Prezzo: 4,16 €

Voto: ***½

Le relazioni pericolose è un romanzo epistolare di Pierre Choderlos de Laclos, il cui intricato intreccio è noto anche grazie alle trasposizioni cinematografiche; comunque, per farla breve, il Visconte de Valmont e la Marchesa de Merteuil si divertono a rovinare la reputazione e la vita di tutti coloro che hanno la disgrazia di incrociarli, li manipolano e si manipolano anche tra di loro. Gli individui davvero scandalosi sono ovviamente loro stessi, ma sono anche dei furbacchioni ben attenti a non farsi scoprire. Una trama quindi fatta di corruzione e immoralità, menzogna, sotterfugi e vendetta, e in cui trova spazio anche l'amore, ma un amore che viene usato come un'arma, calpestato, maltrattato, e che conduce alla rovina le persone coinvolte.
Il finale è spettacolare, perfino macabro forse.
Se nel 2018 non c'è ormai più niente che faccia scandalo, non è difficile capire come, nel periodo della pubblicazione, questo romanzo abbia fatto scandalo eccome. Tanto che, nella furba nota dell'Editore, si specifica che si tratta solo di un romanzo di fantasia, e che è impossibile credere che certi fatti siano avvenuti in quel tempo e in quei luoghi.

I personaggi, letteralmente ripugnanti, sono caratterizzati benissimo: se così non fosse non potrebbero essere così malvagi. La Marchesa non potrebbe essere una tale vipera manipolatrice; il Visconte non potrebbe essere un tale stronzo presuntuoso e allo stesso tempo così imbecille. E tutto questo non potrebbe essere così orribilmente attuale e senza tempo.
Trattandosi di lettere, anche lo stile di scrittura caratterizza ogni personaggio. Per esempio, le lettere di Cécile sono scritte malissimo, piene di errori e con un linguaggio ben diverso da quello della Marchesa e del Visconte. Tra l'altro Cécile è, a mio parere, uno dei personaggi meglio riusciti, proprio perché non è falsa come tutti gli altri, ma autenticamente stupida e ingenua come poche.

Lo stile è pomposo e affettato, pieno di salamelecchi, cerimonioso anche negli insulti e nelle imprecazioni, perché si tratta pur sempre di lettere di nobili e di ricchi che sanno bene come esprimersi per ingraziarsi i destinatari. A dire il vero sembra tutto falso anche quando si parla di sentimenti in teoria reali, il che contribuisce a rendere tutti i personaggi odiosi.
La punteggiatura è usata malissimo e in più la mia edizione è piena di refusi, ma è vecchia; spero che quella più recente sia migliore.
Il film (secondo me bellissimo) Cruel intentions è una rivisitazione moderna di questo romanzo e, paradossalmente, pur essendo ambientato in tempi recenti è molto meno perverso del libro.

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SETTE MINUTI DOPO LA MEZZANOTTE – Patrick Ness

Titolo: Sette minuti dopo la mezzanotte
Autore: Patrick Ness (e Siobhan Dowd)
Traduttore: G. Iacobaci
Copertina flessibile: 224 pagine
Editore: Mondadori (29 aprile 2014)
Prezzo: 8,5 €

Voto: ***

Con Sette minuti dopo la mezzanotte – forse meglio conosciuto col suo titolo originale, A monster callsPatrick Ness ha preso in mano e portato a termine un lavoro iniziato da Siobhan Dowd. Dovrei leggere qualcosa di quest'ultima per sapere se Ness le ha reso giustizia oppure no, ma nel complesso Sette minuti dopo la mezzanotte è un bel libro, triste e dai significati importanti.
In breve, Conor ha tredici anni e sua madre è gravemente malata. Lui ha un incubo ricorrente e molta paura del futuro. Il mostro del titolo (originale) è un albero, un tasso che Conor può vedere dalla finestra della sua stanza e che prende vita puntualmente sette minuti dopo la mezzanotte, per aiutarlo ad affrontare la situazione in cui si trova e costringerlo ad ammettere quella verità che gli fa tanta paura.
Com'è ovvio, il romanzo è pieno d'amore e buoni sentimenti, cui si allacciano temi consistenti come appunto quello della malattia e della morte, la paura e la perdita, e poi il bullismo, l'indagine di sé, l'accettazione di tutto quello che fa parte di noi. E l'amicizia. Lancia per questo messaggi importanti non solo per i ragazzini, che costituiscono il target ideale del libro, ma anche per gli adulti, che spesso preferirebbero farsi strappare le braccia piuttosto che accettare le proprie contraddizioni.

I personaggi di Sette minuti dopo la mezzanotte sono ben descritti e le loro emozioni sono rappresentate e trasmesse in maniera molto chiara. Non altrettanto i caratteri. Si capisce cosa provano, ma non come sono fatti. Forse è legittimo perché, visto il tipo di situazione, le emozioni hanno il sopravvento su tutto il resto, e non è strano che possano annientare.
Del mostro, a mio modesto parere, si poteva benissimo fare a meno.

Come dico più o meno di tutti i libri per ragazzi, lo stile è semplice ed efficace, forse anche troppo: sembra scritto per bambini più piccoli. Le descrizioni sono buone, le immagini ben evocate. Tuttavia non mi ha emozionato più di tanto. So che in molti hanno trovato il libro (e il film) molto struggente ma io, anche se mi sono intristita perché nonostante tutto ho un cuore, non mi sono sentita poi così distrutta. Ci sono libri, anche dello stesso genere, che mi hanno letteralmente spezzato il cuore (continuo a ripetere: Wonder) o sconvolto (Bunker diary), ma questo è solo triste.

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TRE PIANI – Eshkol Nevo

Titolo: Tre piani
Autore: Eshkol Nevo
Traduttore: O. Bannet,‎ R. Scardi
Copertina flessibile: 255 pagine
Editore: Neri Pozza (16 marzo 2017)
Prezzo: 14,45 €

Voto: ***

Tre piani è il secondo romanzo che leggo di Eshkol Nevo, dopo La simmetria dei desideri che ho davvero adorato e letto con un magone costante. Da un lato, infatti, non vedevo l'ora di leggere altre sue opere; dall'altro temevo che non sarebbero mai state alla stessa altezza. E purtroppo Tre piani non ci si avvicina nemmeno.
È comunque un bel libro, e l'idea alla sua base è molto intelligente. I tre piani sono quelli di una palazzina, ed equivalgono a tre storie – o meglio, tre confessioni –, quelle degli inquilini di ogni piano. Storie che vertono sull'amore di ogni genere, su tradimento, paura, follia, disperazione, malattia, vecchiaia, morte. E soprattutto sulla solitudine, la necessità di sentirsi utili e apprezzati.
Ma i tre piani sono anche quelli psichici: Es, Io e Super-Io, e ognuna delle tre storie rappresenta una di queste entità.

La migliore delle tre storie è sicuramente la prima: è quella scritta meglio e in cui anche i personaggi sono più interessanti, perfettamente caratterizzati anche con pochissime parole, e le loro emozioni sono palpabili, un po' come – per l'appunto – nella Simmetria dei desideri.
Le altre due storie e i loro protagonisti, invece, non arrivano allo stesso modo. I personaggi non sono così vivi e interessanti, e personalmente non mi sono sentita coinvolta nelle loro vicende né ho potuto immedesimarmi o anche solo capire che cosa stessero provando, se non a un livello piuttosto superficiale.

Lo stile di Nevo, comunque, è impeccabile nonostante i dialoghi senza punteggiatura (cosa che in genere non approvo). Ha quel mix perfetto di eleganza, chiarezza, semplicità e precisione che coinvolge senza far mai pesare la lettura, comunica e parla di sentimenti in modo commovente, come se fossero davvero qualcosa che si può descrivere.
Purtroppo la traduzione presenta errori grammaticali abbastanza banali e ripetuti, ahimè. Ma questo non ha a che vedere con la qualità del contenuto.

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UNA MORTE DOLCISSIMA – Simone de Beauvoir

Titolo: Una morte dolcissima
Autore: Simone de Beauvoir
Traduttore: C. Lusignoli
Formato ebook
Editore: EINAUDI (2 dicembre 2014)
Prezzo: 6,99 €

Voto: **½

Non trovo un modo carino per dire che Una morte dolcissima, della strepitosa e meravigliosa Simone de Beauvoir (che io non avevo mai letto finora), non mi è piaciuto. Penso di avere dei grossi limiti mentali, non so.
Il libro parla non tanto della morte, quanto dell'attaccamento alla vita della madre di Simone, che condivide i suoi ultimi momenti con le figlie e col personale medico che si prende cura di lei. È la cronaca dei suoi ultimi giorni, vissuti nella malattia e con la spada di Damocle oscillante sopra la testa. È il racconto dei limiti imposti dalla consapevolezza di una morte imminente, che non ha una data certa ma che deve essere tenuta in considerazione in ogni momento.
E la donna che sta per morire, appunto madre di Simone, è piuttosto particolare e insopportabile: per questo la narrazione è intrisa, tra le altre cose, della sua gelosia e scarsa autostima, di solitudine, e anche di amore, ma un amore che spesso è malato.

Il libro è autobiografico, quindi i "personaggi" sono persone realmente esistenti, tra le quali spicca per l'appunto questa madre così fastidiosamente presente. L'autrice ne parla con tenerezza, perché è sua madre e sta morendo, ma dai suoi racconti non sono riuscita a cavare nulla di buono su questa donna, che ha vissuto tutta la sua vita irritando gli altri pur di farsi notare. Tuttavia, com'è naturale, si arriva a provare simpatia per lei, o quantomeno pietà, perché è anziana, è malata e sta per staccarsi da una vita a cui, nonostante tutto, si aggrappa con ferocia.
Di tutti gli altri, compresa la stessa Simone, a dire il vero non mi è arrivato molto.

Il libro è scritto bene, non posso certo dire che Simone de Beauvoir non sappia scrivere, ma il suo stile non mi ha nemmeno colpito più di tanto. L'ho trovato monotono, bello sì ma anche noioso: non descrive con particolare attenzione, non mi ha evocato immagini vivide. Per questo sto qui a chiedermi che cos'è che mi è sfuggito; perché non sono riuscita a cogliere la poesia e la bellezza nella scrittura di questa donna che molti osannano.
Di sicuro proverò a leggere qualcun altro dei suoi libri, ma per il momento non posso dirmi molto soddisfatta, e mi dispiace molto.

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9 NOVEMBRE – Colleen Hoover

Titolo: 9 Novembre
Autore: Colleen Hoover
Traduttore: L. Liucci
Copertina flessibile: 344 pagine
Editore: ONE (19 ottobre 2017)
Prezzo: 5,86 €

Voto: **

Premessa: mi piacciono le storie d'amore, soprattutto se tragiche e strappalacrime, però il romance non è proprio il mio genere. Ad ogni modo, ho letto commenti così entusiasti su Colleen Hoover che ho voluto leggere uno dei suoi libri, e ho scelto 9 Novembre. Vi dico subito che mi è piaciuto, mi ha emozionato e commosso. Ma "mi è piaciuto" è un giudizio molto soggettivo; oggettivamente, invece, questo romanzo fa pena ed è pieno di cliché, banale e inverosimile.
Partiamo dalla trama che, volendo, poteva anche essere valida. Fallon e Ben si incontrano un 9 novembre. Tra loro scatta subito la scintilla ma il giorno dopo Fallon si trasferirà a New York, perciò sembra che il destino sia avverso al loro amore. Allora i due ragazzi decidono di rivedersi una sola volta all'anno per cinque anni, ogni 9 novembre. Invece di dimenticarsi l'uno dell'altra, come sarebbe normale, continuano a pensarsi reciprocamente tutti i giorni fino al 9 novembre successivo, e poi quello dopo ancora e così via. Poi saltano fuori delle cose più o meno gravi che rischiano di compromettere il rapporto, ma loro continuano imperterriti, altrimenti che razza di amore sarebbe?
Devo proprio elencarvi i temi? 9 Novembre parla d'amore, ovviamente. Di autostima e di fiducia, di morte, di colpe e anche di sprecare un sacco di tempo invano sulla base di principi assurdi, quando hai palesemente trovato l'amore della tua vita e non dovresti lasciartelo scappare.

I personaggi sono pessimi. Sono solo descritti ma in nessun modo caratterizzati. Anzi, la storia è raccontata dai punti di vista di entrambi i protagonisti eppure, che sia lui o che sia lei a parlare, sembra di leggere sempre la stessa persona. Non c'è differenza tra i due, sono uguali e sembrano anche leggersi nel pensiero, e non in virtù di chissà quale sintonia, ma perché l'autrice non sembra capace di immedesimarsi in persone diverse.
A dire il vero una differenza c'è: Ben sembra una persona tutto sommato normale; Fallon invece è deficiente. Non saprei come altro definirla, sul serio.

Anche lo stile è pessimo. Il libro è scritto male, è pieno di errori (parlo della traduzione italiana, spero Colleen Hoover scriva meglio di così) e di frasi vuote e stupide. È un piattume assoluto. Solo nella parte finale, grazie al cielo, si riprende: gli ultimi capitoli sono scritti un po' meglio e sono quelli che mi hanno fatto soffrire.
Ora, io non ho nessun interesse a smontare il libro. È solo che devo essere obiettiva, e purtroppo la qualità del romanzo è davvero scarsa. Tuttavia, se siete romantici e sdolcinati come me leggetelo pure: magari vi piace, vi darà emozioni, vi farà strappare i capelli per la disperazione e vi farà sognare l'amore perfetto che non conosce ostacoli. Io sono così scema che credo leggerò qualcos'altro dell'autrice.

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QUEL FANTASTICO PEGGIOR ANNO DELLA MIA VITA – Jesse Andrews

Titolo: Quel fantastico peggior anno della mia vita
Autore: Jesse Andrews
Traduttore: A. Sarchi
Copertina flessibile: 254 pagine
Editore: Einaudi (1 dicembre 2015)
Prezzo: 14,87 €

Voto: **

Avevo Quel fantastico peggior anno della mia vita in lista di lettura da una vita. Finalmente l'ho letto e, ahimè, sono rimasta molto delusa. Jesse Andrews racconta fondamentalmente Greg, un adolescente molto particolare che sogna di fare il regista e realizza film con il suo unico amico Earl. Greg ci tiene che Earl rimanga l'unico, perché avere amici significa automaticamente avere nemici. Le cose cambiano quando la madre lo informa che Rachel, studentessa nella sua stessa scuola, è malata, e lo fa sentire in dovere di starle vicino.
Quel fantastico peggior anno della mia vita, quindi, tratta soprattutto di amicizia e di solitudine, di etichettamento e di autostima. E per ovvi motivi, di malattia e morte. Tutti temi che però non vengono approfonditi a sufficienza. A dire la verità il libro è troppo incentrato sul personaggio di Greg, non tanto sulle vicende.

I personaggi di questo romanzo sono strani. Hanno circa diciassette anni, ma sembrano molto stupidi per la loro età. Le descrizioni fisiche sono efficaci, ma per tutta la durata della lettura ho pensato a loro come a degli undicenni, mi è stato molto difficile ricordarmi – a tratti era necessario – che erano molto più grandi. I personaggi di Wonder, libro che ho amato e già recensito qui, hanno circa dieci, undici anni, e sembrano molto più maturi e sensati di questi qui.
Greg, il protagonista, è caratterizzato abbastanza bene nella sua sgradevolezza. Ho capito i suoi punti di vista, ma lui non sembra davvero asociale o evitante, sembra solo stupido. I suoi ragionamenti non hanno senso, le sue paure nemmeno. Tutti lo definiscono simpaticissimo ma non fa ridere neanche i polli.

Anche stilisticamente il libro lascia molto a desiderare. È sgrammaticato e molto ripetitivo: è raccontato in prima persona da un ragazzino ma questa non è una giustificazione. Inoltre ha pretese di originalità che hanno il solo effetto di rendere la lettura meno lineare e scorrevole: dialoghi scritti in forma di testo teatrale (o cinematografico), recensioni in diretta dei film realizzati da Greg ed Earl, liste e così via. Più che una trama ci troviamo sotto gli occhi un insieme di scene messe una dietro l'altra. Il contenuto dei dialoghi poi è veramente patetico, il che contribuisce a far sembrare i personaggi troppo giovani e imbecilli.
Infine, ciliegina sulla torta, visti i temi poteva almeno essere un libro triste, strappare qualche lacrima o almeno qualche riflessione... invece no. Forse l'unica cosa interessante è l'idea che Greg ha dei rapporti sociali. Per il resto è solo una perdita di tempo, una lettura inutile. Reputo inutile anche lasciarvi il link per reperirlo, ma ve lo lascio comunque, non si sa mai.

(Mi dicono che il film è più bello, se volete saperlo.)

MILK AND HONEY – Rupi Kaur

Titolo: Milk and honey
Autore: Rupi Kaur
Copertina flessibile: 208 pagine
Editore: Andrews McMeel publishing (2015)
Prezzo: 9,59 € in inglese, 10,20 € in italiano

Voto: 4,5/5

Milk and honey è, come tutti saprete, una raccolta di poesie di Rupi Kaur, e io credo che non si possa e non si debba recensire un libro di poesie. Tuttavia il libro mi è piaciuto tantissimo, quindi vi darò comunque un mio breve parere.
Trattandosi di poesia, ovviamente, non c'è una vera e propria trama, ma in realtà la si può ricavare dalla sequenza delle poesie, che sono divise in quattro sezioni e vanno a comporre un percorso che passa attraverso il dolore, l'amore, l'abbandono e la guarigione (che infatti sono i titoli delle quattro sezioni). Leggendo le poesie in ordine, quindi, si capisce che Rupi Kaur sta effettivamente raccontando qualcosa. Qualcosa di autobiografico, di grande e di importante; sta inviando a tutte le donne della terra un messaggio di portata gigantesca, che impressiona soprattutto alla luce della giovane età dell'autrice. Leggendo il libro, infatti, ho capito perché qualcuno ha detto che tutte le donne dovrebbero tenerlo sul comodino. A dire il vero dovrebbero leggerlo anche gli uomini.
I temi affrontati spaziano tra amore – per sé stessi e per l'altro –, sesso, separazione, dolore, femminilità, autostima, e (quasi) ogni poesia è una coltellata, almeno fino alla terza parte. Anche nella quarta ce ne sono di belle, ma è quella che ho apprezzato meno, con tutti quei richiami alla depilazione e vari riferimenti femministi (comunque apprezzabili, in piccole dosi).
Lo stile è davvero qualcosa di meraviglioso. Estremamente semplice, ma con poche parole riesce a spezzarti il cuore. La maggior parte delle poesie sono brevissime, ma di una potenza sconcertante.
In definitiva si tratta di un libro bellissimo in tutto, anche visivamente: non solo il contenuto e lo stile, ma perfino la grafica, il titolo e la copertina sono perfetti.
Sarei curiosa di sapere com'è la seconda raccolta di Rupi Kaur, The sun and her flowers, perché se è altrettanto bella comprerò di sicuro anche quella.

Qui trovate la traduzione italiana: http://amzn.to/2DrXjD6
Se potete, però, vi consiglio di leggere il libro in lingua originale, anche perché è semplicissimo.

IL GIARDINO DEI SEGRETI – Kate Morton

Titolo: Il giardino dei segreti
Autore: Kate Morton
Traduttore: A.E. Giagheddu
Copertina flessibile: 594 pagine
Editore: Sperling & Kupfer (2008)
Prezzo: 10,12 €

Voto: 4,5/5

Vi dico subito che adoro Kate Morton e ho letto tutti i suoi libri, e Il giardino dei segreti è il mio preferito. L'ho appena riletto per la terza volta.
Il punto forte del Giardino dei segreti, come di tutti i romanzi della Morton, è la trama. Potrei raccontarvela ma sarebbe inutile, perché non vi darei la benché minima idea di come le storie che compongono questo bellissimo romanzo si intreccino. Si tratta appunto di tante storie, così tante che all'inizio può sembrare difficile orientarsi. Sono le storie di tante donne che vivono in epoche diverse e che si intrecciano nel più coinvolgente dei modi possibili. Un ruolo importante nella trama è quello del labirinto, e Kate Morton è stata un genio a creare un labirinto anche metaforico, in cui si rischia di perdersi ma, se si riesce ad arrivare all'uscita, la soddisfazione è grande. Si tratta di dipanare un mistero, e il modo in cui i tasselli vanno mettendosi insieme è fantastico. Ci sono scoperte e colpi di scena fino alla fine, che ho trovato molto commovente dopo aver seguito le storie di tutti i personaggi.
Tanto per darvi un'idea, Il giardino dei segreti parla, tra le altre cose, di: famiglia, maternità, tradimento, ricerca di sé attraverso la propria storia, differenze sociali, abusi, amore, perdita, dolore, gelosia, ossessione, spontaneità vs etichetta... Insomma c'è un mondo intero dentro questo libro.

I personaggi del Giardino dei segreti sono molto notevoli, soprattutto quelli femminili.
Eliza, una delle protagoniste principali, è un personaggio meravigliosamente vivo. La vediamo da bambina e la vediamo crescere e sbocciare in tutto il suo splendore. E la vediamo evolversi: a un certo punto cambia radicalmente a causa della solitudine. Ottimamente resa anche l'evoluzione del suo rapporto con la cugina Rose, ingenua e manipolata dalla madre fino a farsi annullare.
Un altro dei miei personaggi preferiti è Adeline. Non è un personaggio piacevole, tutt'altro: è una donna odiosa e sempre più arida, ma è complessa e piena di sfaccettature, tanto che in un certo senso la si capisce, magari non la si giustifica ma quasi.
E poi Linus, forse l'unico personaggio maschile degno di nota, nel suo essere viscido e inquietante. I personaggi peggiori sono sempre i più interessanti.
Le descrizioni fisiche e la resa delle emozioni sono esemplari.

Lo stile è molto scorrevole, la prosa non stanca malgrado la mole del libro. Il romanzo parte lentamente ma incuriosisce subito. La prima volta che l'ho letto ho impiegato un po' per abituarmi ai salti temporali, ma man mano che si prosegue nella lettura le storie, i tempi, i personaggi, tutto si amalgama così bene che diventa naturale, e si vuole solo continuare a leggere e scoprire tutti i dettagli della storia.
Il tutto è poi condito dalle fiabe di Eliza, che costituiscono una parte importante del libro.
I dialoghi sono buoni, le descrizioni ambientali spettacolari: evocano immagini vivide di paesaggi peraltro molto suggestivi.
Il giardino dei segreti ha il pregio di diventare sempre più bello man mano che si procede. Ci sono romanzi che partono col botto e poi finiscono per afflosciarsi e annoiare. Questo è tutto il contrario. Se siete in un periodo in cui nessun libro vi coinvolge, vi consiglio questo. È come dovrebbe essere qualsiasi romanzo.

Il giardino dei segreti è acquistabile su Amazon, anche se l'edizione che ho io non esiste più. Eccolo qui: http://amzn.to/2DvEKKV

QUANDO SIETE FELICI, FATECI CASO – Kurt Vonnegut

Titolo: Quando siete felici, fateci caso
Autore: Kurt Vonnegut
Traduttore: M. Testa
Copertina flessibile: 158 pagine
Editore: Minimum Fax (26 gennaio 2017)
Prezzo: 11,90 €

Voto: 3/5

Come forse tutti sanno (tranne me, prima di leggerlo), Quando siete felici, fateci caso è una raccolta di discorsi che Kurt Vonnegut ha tenuto presso diverse università ai laureandi.
A tutti questi ragazzi, a quanto pare, Vonnegut ha voluto parlare di tante cose e quindi il libro tocca i temi più svariati. Tra l'altro, parla:
- di cultura. Del ruolo che loro stessi avranno nel mondo in quanto adulti e in quanto laureati, della differenza che potranno fare. E personalmente mi ha infastidito questa associazione tra laurea e cultura, e tra cultura e intelligenza, perché è esattamente il contrario di quello che penso io;
- della vita, di come sia importante apprezzarla nelle piccole cose, come faceva suo zio che, nei momenti sereni, diceva ad alta voce: «Cosa c'è di più bello di questo?»;
- di sé stesso, con irresistibile ironia sulla propria intelligenza;
- di scienza e di arte;
- delle persone, di come essere uomini e donne, di come nessun uomo sia un'isola;
e in più: dell'America, del mondo, di politica, di storia, di guerra e chi più ne ha più ne metta.

Non avevo mai letto altri libri di Vonnegut prima d'ora e non conoscevo il suo stile, che ho apprezzato davvero, perché è molto semplice ed efficace ma non banale: è ironico, ma in maniera intelligente e a volte anche amara. Parla degli argomenti più svariati, anche pesanti a volte, senza per questo annoiare. Ma a lungo andare diventa ripetitivo, perché alla fin fine sono sempre le stesse cose che ribadisce in ogni suo discorso. Ognuno di essi era per un pubblico diverso, quindi lo posso capire, ma che senso ha raccoglierli tutti in un unico libro, se si ripetono?
In alcuni momenti, poi, mi è parso che l'intento fosse quello di fare una predica, se non addirittura propaganda politica.
Confesso che alla fine del libro sono stata tentata di dare un punteggio più basso, ma il mio giudizio non può comunque essere negativo, perché la forma è apprezzabile, così come i contenuti e l'ironia. Soltanto sarebbe stata necessaria, secondo me, una più accurata selezione dei discorsi, o almeno dei brani da proporre.

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