UNA STAGIONE SELVAGGIA – Joe R. Lansdale

una stagione selvaggia joe r. lansdale
Titolo: Una stagione selvaggia
Autore: Joe R. Lansdale
Traduttore: C. Prinetti
Copertina flessibile: 184 pagine
Editore: Einaudi (4 ottobre 2016)
Prezzo online: 10,20 €

Vi dico subito che Una stagione selvaggia di Joe R. Lansdale non mi è piaciuto.
Due amici molto maschi e virili vengono coinvolti nell'appassionante ricerca di un malloppo di banconote smarrito in un fiume. Per tutto il tempo fanno i duri e sprizzano testosterone da tutte le parti, tranne che in presenza della pollastrella di turno, che guarda caso possiede tutte le caratteristiche che fanno impazzire gli uomini.
Visto il genere, questo romanzo vorrebbe forse creare suspance, incuriosire, ma vi dirò che io non ero per nulla curiosa. È il primo della serie con protagonisti Hap Collins e Leonard Pine, e io mi guarderò bene dal leggere gli altri.

Tutti i personaggi mi sono sembrati delle macchiette, degli stereotipi, come del resto ho già detto. I protagonisti sono dei maschioni, dei veri duri: le loro conversazioni sono scurrili, ricche di volgarità e insulti reciproci, perché è così che i veri uomini interagiscono tra di loro, e le attività preferite implicano l'uso di armi o della forza fisica, perché ognuno dei due deve dimostrare di essere più bravo e più forte dell'altro. A Leonard, però, concedo una buona dose di ironia. Almeno quello.
Anche gli altri personaggi sono poco credibili, soprattutto Trudy, che sembra essere l'unica donna esistente sulla terra e, per la gioia di tutti, è bella, bionda, formosa e ogni sua parola o gesto provoca esplosioni nelle mutande di tutti gli uomini nel raggio di un chilometro, tranne quelli omosessuali (ma forse anche quelli).
Ma sul serio, Lansdale? Avrei potuto anche stimarti, ma così non ci siamo proprio.

Lo stile dell'autore è apprezzabile, ma lo so soprattutto grazie alla lettura di un altro libro, Acqua buia, perché qui – ripeto – il linguaggio è quello dei maschioni, un'esasperante ripetizione di «cazzo» e «culo», quindi non mi ha coinvolto più di tanto. Questo libro sembra scritto proprio a beneficio di quel tipo d'uomo che beve birra e poi accartoccia la lattina asciugandosi la bocca col dorso della mano, per poi concludere in bellezza con un sonoro rutto.
In compenso è abbastanza breve.
So che Lansdale piace molto anche dalle donne, e del resto io stessa ho apprezzato Acqua buia, ma credo che Una stagione selvaggia avrebbe potuto piacermi solo se fossi stata un uomo, e non uno qualunque, ma uno molto sessista e con velleità da vero duro.

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BARABBA – Pär Lagerkvist

barabba par lagerkvist
Titolo: Barabba
Autore: Pär Lagerkvist
Traduttore: G. Oreglia
Copertina flessibile: 157 pagine
Editore: Jaca Book (22 marzo 2012)
Prezzo online: 13 €

Barabba è il titolo di questo romanzo di Lagerkvist e, come tutti sappiamo, è anche un nome, che ci dice da subito di chi parla il libro. Si tratta per l'appunto di un romanzo, quindi non di fatti storici documentabili, bensì dell'immaginazione di Lagerkvist. E ciò che l'autore immagina è la vita di Barabba dopo gli eventi di cui tutti siamo a conoscenza; i suoi stati d'animo, le sue emozioni, l'incredulità e la malcelata curiosità nei confronti di Gesù, colui che è andato incontro a quella morte che allo stesso Barabba è stata risparmiata.
Ripeto, è un romanzo e parla di un uomo: non è un libro per il catechismo. Anche se tra i temi trattati, ovviamente, c'è quello della fede.

Tra i personaggi, ho trovato Barabba abbastanza interessante come uomo, nel suo riserbo e nei suoi modi di fare, come nei suoi pensieri. E ho trovato che "la grassona" sia stata resa patetica in maniera efficace, ma mi ha anche infastidito questo continuo riferirsi a lei come "la grassona", come se fosse definita solo dal suo grasso. Lo stesso vale anche per altri personaggi, definiti attraverso i loro difetti.
In compenso le descrizioni fisiche, in generale, sono molto accurate.

Lo stile narrativo invece mi ha annoiato molto, e in particolare ho trovato incomprensibile l'uso della punteggiatura. Alcuni periodi ho proprio avuto difficoltà a decifrarli, se non al prezzo di ripetute interpretazioni.
Io credo che l'idea alla base del romanzo fosse piuttosto interessante, ma in definitiva il libro mi ha annoiato e non ha destato in alcun modo la mia curiosità. Okay, Barabba riflette su quanto accaduto, pensa e si informa riguardo a Gesù, cerca di capire... ma tutto avviene in modo noioso per uno spettatore esterno. Mi aspettavo di più.

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LA SCHIUMA DEI GIORNI – Boris Vian

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Titolo: La schiuma dei giorni
Autore: Boris Vian
Traduttore: G. Turchetta
Copertina flessibile: 268 pagine
Editore: Marcos y Marcos (9 maggio 1996)
Prezzo online: 12,75 €

Mi è difficile analizzare La schiuma dei giorni di Boris Vian perché, a dire la verità, mi ha lasciata un po' perplessa e confusa. Non mi è dispiaciuto, ma non sono riuscita a prenderlo molto sul serio. Troppo surrealismo per i limiti della mia mente bacata.
La trama di per sé è anche piuttosto triste: Colin è un ragazzo ricco che non ha bisogno di lavorare e impiega il suo tempo tra invenzioni strane e la compagnia di un paio di amici. Poi conosce Chloe e se ne innamora, la sposa, lei si ammala.
Così non sembra neanche tanto originale, ma in realtà lo è, perché il tutto è raccontato e descritto in maniera davvero assurda, così assurda che, appunto, anche nei momenti più tristi io non sono riuscita a sentirmi emotivamente coinvolta, perché continuavo a pensare solo "eh?". E poi i topi mi disgustano.

I personaggi non hanno nessun carattere o personalità, sono delle macchiette e le loro azioni e reazioni sono imprevedibili, come tutto il resto. Non è possibile pensare a "che cosa farebbe Tizio se...", perché potrebbe fare o dire qualsiasi cosa, magari anche morire all'improvviso, perché di morti random è pieno tutto il libro (non è neanche uno spoiler, credetemi).

Lo stile è sicuramente apprezzabile, in particolare certe descrizioni sono davvero bellissime ed efficaci. In generale il romanzo è scritto molto bene, su questo non posso certo criticare Vian. Ma neanche sul resto, in realtà, perché è davvero una questione di impostazione mentale mia. Purtroppo io sto sempre a cercare un senso nelle cose, e questo libro è l'esatto opposto di quello che cerco nella lettura, ovvero realismo e verosimiglianza. Il senso c'è, nel complesso, ma i dettagli non sono verosimili, sono più che altro simbolici, e il mio cervello si rifiuta di acquisire informazioni in questo modo.
Tuttavia si tratta di una lettura interessante; io non conoscevo l'autore e consiglierei anche di leggere altre sue opere a chiunque abbia una mentalità meno rigida della mia, perché secondo me ne vale davvero la pena.

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IL FIGLIO MASCHIO – Giuseppina Torregrossa

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Titolo: Il figlio maschio
Autore: Giuseppina Torregrossa
Copertina rigida: 309 pagine
Editore: Rizzoli (8 ottobre 2015)
Prezzo online: 15,72 €

Voto: **

Il figlio maschio di Giuseppina Torregrossa è l'ennesima prova di quanto io e gli autori italiani non andiamo d'accordo. Le ambientazioni sicule e il dialetto non fanno che peggiorare le cose.
Protagonista di questo libro, a mio parere fin troppo lungo, è la famiglia Ciuni. Il padre Turiddu non sopporta che la moglie abbia voluto far studiare tutti i loro figli, perfino le femmine, e che ora nessuno di loro voglia occuparsi della terra di famiglia, perché hanno tutti velleità intellettuali. Alla fine – colpo di scena! – saranno proprio le donne a prendere in mano le redini della situazione e dimostrare il loro valore, e blablabla.
Il figlio maschio è dunque una saga familiare, e se io ho abbandonato i Cazalet, che almeno erano persone normali, di certo non avrei potuto amare di più questi zaurdi. In ogni caso, i temi fondamentali sono appunto la famiglia, il lavoro e le differenze di genere, visto anche il tipo di società maschilista all'interno della quale si svolgono le vicende. Per fortuna le donne si rivelano più furbe di quanto ci si aspetti, tanto da usare la propria presunta inferiorità quasi come un'arma, e quindi a proprio favore.

I personaggi, questo sì, sono descritti bene, con particolari molto dettagliati e, volendo, anche caratterizzati discretamente. Ho trovato Concettina un bel personaggio; "bel" si fa per dire, visto che a quanto pare è bruttissima, ma è un personaggio ben costruito.
Anche Filippo, il primogenito, è ben caratterizzato nella sua imbecillità e antipatia di uomo pseudo intellettuale che, però, si fa facilmente manipolare dalla moglie.

Lo stile non mi è piaciuto per niente ma, come è ormai chiaro, non è colpa dell'autrice: non posso dire che scriva male, è solo che personalmente non sopporto il dialetto e la terminologia sicula. (Chiamatelo razzismo se volete, ma sono siciliana anch'io, quindi non parlo certo con superiorità.) Inoltre mi pare che si tenda a rappresentare la Sicilia in maniera stereotipata: è vero che spesso siamo dei bifolchi trogloditi, ma non siamo tutti uguali. Spero.
Comunque è evidente che si tratta di un mio problema, non sono per niente obiettiva. Il romanzo gode infatti di un'ottima reputazione, e lo trovate qui: http://amzn.to/2pDoe5Q

IL LUPO DELLA STEPPA – Hermann Hesse

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Titolo: Il lupo della steppa
Autore: Hermann Hesse
Traduttore: E. Pocar
Copertina flessibile: 262 pagine
Editore: Mondadori (2009)
Prezzo online: 10,20 €

Voto: ***½

Il lupo della steppa è uno dei più celebri e importanti romanzi di Hermann Hesse ed è obiettivamente un gran libro. Ma non è un libro per tutti e, soprattutto, per ogni momento. Dice tante cose intelligenti ma andrebbe letto al momento giusto.
La trama non è affatto importante quanto gli spunti di riflessione che contiene, ma ve la riassumo in due parole: Harry Haller è un uomo depresso che si è quasi completamente ritirato dalla società e non riesce a godere di nulla, annientato dalla costante lotta tra l'uomo e il lupo dentro di lui. Incontra Erminia, che in un modo o nell'altro gli insegnerà di nuovo a vivere.
Le riflessioni di Harry toccano tanti temi, tra cui l'intelletto e l'istinto, il dolore, la morte e il suicidio, la società, l'inadeguatezza, la solitudine, la distanza tra sé e gli altri. Perché Harry non è sicuramente l'uomo medio, e non lo era neanche ai suoi tempi.

I personaggi di questo romanzo sono interessanti in un modo strano. Innanzi tutto si tratta sicuramente di parti dello stesso Hermann Hesse (basti guardare i nomi: Harry, Ermanno ed Erminia nella mia triste edizione coi nomi tradotti, Hermann ed Hermine in originale), e quindi capiamo già che il libro contiene molti elementi autobiografici.
Il protagonista è descritto e scandagliato in profondità, direi anzi sviscerato, fatto letteralmente a pezzi per studiarne ogni sfaccettatura, ogni suo pensiero e sentimento. Gli altri invece sono solo degli accessori, neanche del tutto reali, più che altro dei riflessi o delle proiezioni dello stesso protagonista (o autore).

Il lupo della steppa è un romanzo quasi psichedelico, che può creare confusione soprattutto alla prima lettura. Si può avere la sensazione di non capirci nulla (io l'ho avuta ed è la terza volta che lo leggo, fate un po' voi), però è scritto davvero molto bene, il linguaggio è ricercato e la scelta delle parole perfetta in alcuni casi. È un'ottima prova di scrittura in cui si mescolano anche stili differenti, perché il libro è diviso in parti diverse tra loro. Insomma, è pur sempre Hermann Hesse, mica il primo idiota che passa.
La traduzione invece è deludente, perché come ho detto i nomi sono tradotti – e per me non dovrebbero esserlo mai – e perché si fa uso di termini troppo antiquati e perfino scorretti, secondo me. La mia edizione è vecchia, come al solito spero che quella aggiornata sia migliore.
Lo consiglio? Sì, lo consiglio, ma con tutte le precauzioni del caso, come ho detto. È comunque un libro da leggere.

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NIENTE – Janne Teller

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Titolo: Niente
Autore: Janne Teller
Traduttore: M. V. D'Avino
Copertina flessibile: 119 pagine
Editore: Feltrinelli (2019)
Prezzo online: 6,80 €

Forse Janne Teller è un genio. Niente è un pugno allo stomaco, una storia agghiacciante, molto diversa da ciò che mi aspettavo. All'inizio, infatti, sembra di leggere una favoletta per bambini, con una bella morale e così via, ma si evolve man mano in un macabro crescendo di angoscia e orrore.
La trama è molto semplice. Durante una lezione Pierre Anthon dichiara che niente ha senso, tutto finisce e perciò tanto vale non fare più niente. Decide di appollaiarsi su un albero vicino alla scuola e, da lassù, lancia le sue sentenze disfattiste tutti i giorni. Per smentirlo, i compagni di classe decidono di radunare tutte le cose che per loro hanno un significato, di sacrificarle. Nel tentativo di raccogliere significato, però, lo perdono, insieme all'anima e alla stabilità mentale.
temi centrali del libro, quindi, sono proprio questi: il significato, il senso della vita. Il valore delle persone, l'attaccamento alle cose materiali come fossero parti di noi, il sacrificio, la vendetta, l'innocenza. Alla fine, il messaggio che mi è arrivato è questo: il significato c'è, e fa paura. È personale e non c'è pietà per quello altrui.

I personaggi sono degli adolescenti, e questa è forse l'informazione più utile alla comprensione delle dinamiche. A parte questo, descrizioni e caratterizzazione sono scarse e vaghe, ma del resto non servono, perché non ha nessuna importanza capire come sono fatti i personaggi; quello che importa è come diventano. La rabbia che covano e che va crescendo man mano, l'indifferenza e l'egocentrismo, l'odio reciproco e l'annullamento della volontà. All'inizio si possono distinguere i "forti" e i "deboli", ma poi i ruoli quasi si invertono, perché chiunque diventa debole quando gli si toccano le sue parti più importanti, e allo stesso modo chiunque può acquistare forza (almeno apparente) reagendo a un'esperienza traumatica.
Il fatto che siano adolescenti spiega un po' tutto: da una parte la violenza e l'accanimento con cui gestiscono la situazione, dall'altra la loro fragilità.

Lo stile è semplice ma molto curato, e la sua qualità è evidente nei dettagli: un ottimo uso delle parole e descrizioni molto efficaci, con belle similitudini, anche perché altrimenti non sarebbe così evidente l'orrore della situazione; dialoghi pieni di rabbia e di verità. Il punto di vista è quello di ragazzini ancora piuttosto ingenui, che non capiscono molte cose, e che vanno appunto perdendo le loro illusioni infantili.
La scrittura è fredda quanto basta per rendere il tutto ancora più orribile, e risulta molto chiaro che non esistono parole per spiegare quello che è veramente importante, il significato può solo essere percepito.
In definitiva Niente, a dispetto del titolo, è decisamente qualcosa e fa riflettere. Ve lo consiglio senza dubbio.

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CALEIDOSCOPIO – Archibald J. Cronin

caleidoscopio archibald j cronin
Titolo: Caleidoscopio
Autore: Archibald J. Cronin
Traduttore: B. Maffi
Copertina flessibile: 123 pagine
Editore: Bompiani (9 novembre 2011)
Prezzo online: 7,57 €

Voto: **½

Caleidoscopio è il racconto di una giornata all'interno di una clinica, giornata vissuta e quindi raccontata dal punto di vista di persone diverse, tra infermiere, medici e pazienti. Ci ho messo un po' a capirlo, ma è proprio a questo che si riferisce il titolo, facendo riferimento a tanti frammenti colorati che convergono dando origine a una visione unica ma molto variegata, tipica appunto di un caleidoscopio. Ci viene offerta quella visione globale che nella vita tendiamo a ignorare, perché percepiamo solo ciò che ci riguarda personalmente, cosa che Cronin fa notare con ironia.
Tra tutte queste storie convergenti, quella che più si fa sentire riguarda l'infermiera caposala Mary Fanshawe, detta Fany, che possiamo definire la protagonista del romanzo, anche se poi l'attenzione si sposta da un personaggio all'altro.
I temi trattati sono i più svariati, a partire – vista l'ambientazione – dalla salute e dalla malattia, fino alla soggettività con cui percepiamo le cose, al lavoro, all'amore, al rispetto per gli altri e per sé stessi, all'inganno.

I personaggi del romanzo sono descritti con cura, hanno caratteri ben definiti e realistici, in alcuni casi fastidiosi come sanno essere le persone in carne e ossa. È il caso del dottor Preston, tipico maschio alfa che mi ha ricordato un altro personaggio di Cronin, di cui non ricordo neanche il nome. Secoli fa ho letto E le stelle stanno a guardare; è passato così tanto tempo che non ricordo nulla della trama, ma ricordo che c'era un personaggio simile a questo, altrettanto irritante, da prendere a pugni. Non che sia un difetto: molti uomini sono davvero così, quindi Cronin li ha rappresentati bene.
La cosa strana è che, durante la lettura, i personaggi non mi sembravano ben caratterizzati ma invece, a ripensarci, ho la sensazione di conoscerli bene. Questo significa che l'autore è riuscito a caratterizzarli bene in maniera implicita, il che gli fa onore. Fany, in particolare, è un personaggio molto più complesso di quanto sembri.

Lo stile non mi è piaciuto e non mi ha coinvolto. Non posso dire che il libro sia scritto male, parlo solo di un mio gusto personale. Ho trovato il linguaggio troppo antiquato, termini ormai inesistenti. Okay, il libro non è stato scritto l'altro ieri, però mi sembra esagerato.
In definitiva il romanzo non mi è piaciuto particolarmente, anche se l'idea ha una sua originalità e un suo perché.
Ultimamente ho sentito spesso parlare – bene – di Cronin (non so perché, tra l'altro, non è che sia proprio tra le ultime novità), per questo ho deciso di dargli una seconda possibilità dopo E le stelle stanno a guardare, che già non mi era piaciuto. Devo concludere quindi che non è l'autore per me. Me ne farò una ragione.

LE RAGAZZE – Emma Cline

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Titolo: Le ragazze
Autore: Emma Cline
Traduttore: M. Testa
Copertina flessibile: 334 pagine
Editore: Einaudi (27 settembre 2016)
Prezzo online: 15,30 €

Voto: ****

Le ragazze è il primo romanzo di Emma Cline, e ha incontrato il pieno favore della critica e dei lettori. È scritto con una sensibilità e una cura a dir poco impressionanti, soprattutto per essere la prima opera di un'autrice giovane.
La trama, per me, è la parte meno interessante: Evie è un'adolescente come tante, che vuole disperatamente piacere ai ragazzi e che vive in una continua ricerca di approvazione. Solo quando incontrerà "le ragazze", che esercitano su di lei una fortissima attrazione già dal primo sguardo, penserà finalmente di aver trovato il suo posto nel mondo, in questa sorta di comunità che la risucchierà, sollevandola dal peso di doversi confrontare col mondo reale. Dopodiché la situazione degenera.
Più che una storia precisa, comunque, Emma Cline racconta in maniera commovente i pensieri, gli stati d'animo, le paure e desideri di una ragazza. Le ragazze del titolo non sono infatti solo Evie, Suzanne e le altre protagoniste della storia, ma sono tutte le ragazze, perché ciò che il romanzo racconta davvero è cosa significhi essere ragazze, adolescenti femmine nella società e nel mondo. Ed è questo il tema fondamentale del libro: l'adolescenza femminile (ma oserei dire anche l'essenza femminile), con tutto ciò che vi ruota attorno.
Altri temi importanti riguardano la sfera del conformismo, l'effetto gregge, il favoritismo di gruppo, la manipolazione. E la paura.

I personaggi sono meravigliosi, ben studiati, vivi. La caratterizzazione è ottima, ho immaginato in ogni dettaglio tutti i personaggi, il loro aspetto, il loro modo di muoversi e di interagire, i loro sguardi. E sono entrata dentro Evie, mi sono riconosciuta in lei, perché i suoi pensieri e i suoi sentimenti sono stati spesso anche i miei, e l'ho capita perché so, come sappiamo tutte, come sia essere adolescenti, come sia essere donne.
Gli uomini del romanzo fanno tutti schifo (tranne uno forse, una breve comparsa). Sono viscidi, stupidi, presuntuosi e malati, maniaci sessuali e approfittatori. Noi vogliamo continuare a pensare che ci siano anche persone decenti tra di loro, ma Emma Cline non sembra crederlo.

Lo stile è strepitoso. Innanzi tutto per i motivi che ho elencato finora: il modo di indagare e descrivere sentimenti e sensazioni, la precisione con cui viene fuori ogni pensiero e ogni paura di Evie. E poi, a livello proprio tecnico, perché emerge una conoscenza invidiabile delle parole, un perfetto uso degli aggettivi e similitudini che lasciano a bocca aperta per efficacia e originalità ("il viso vuoto come un cucchiaio"...!). Un senso di malinconia e nostalgia accompagna frasi brevi, a volte spezzate, immagini dettagliate e vivide. Sin dalle prime pagine sono rimasta impressionata.
Ormai tutti scrivono, ma in pochi sanno scrivere. Emma Cline è senza dubbio una di loro. Se potessi l'abbraccerei.

Leggete questo libro, ve lo consiglio caldamente. Potete acquistarlo qui: https://amzn.to/2I5Fslz

REPARTO N.6 – Anton Cechov

reparto n 6 anton cechov
Titolo: Reparto n.6
Autore: Anton Cechov
Formato Kindle
Prezzo: gratis con Kindle Unlimited (prova gratuita per 30gg)

Voto: ***½

Non avevo mai letto Anton Cechov. Reparto n.6 è un breve racconto dal contenuto molto intelligente e significativo, e anche scritto molto bene.
Andrej Efimyc è medico in un piccolo ospedale insignificante, ed è ossessionato dall'inutilità del suo lavoro. Il n.6 è il reparto psichiatrico, dove sono ricoverati appena cinque pazienti, tra cui Ivan Dmitric. Proprio in Ivan, ovvero in un matto, il dottore trova finalmente una persona abbastanza intelligente e sensata con cui potersi confrontare, cosa che comincia a fare con una certa frequenza. Questo preoccupa e insospettisce i colleghi di Andrej, che pensano bene di intervenire.
Tutto il racconto è basato sulla contrapposizione tra ragione e follia, spirito e corpo, spontaneità e convenzioni sociali, verità e ipocrisia... Il tutto rappresentato anche fisicamente dalla separazione tra i luoghi: fuori e dentro il reparto.
Mi ha fatto ripensare all'esperimento di Rosenhan.

I personaggi sono innanzi tutto descritti benissimo a livello estetico, ma anche ben caratterizzati attraverso gesti e posture, azioni e reazioni. Nel caso del protagonista anche pensieri.
Una cosa molto interessante è la contrapposizione (ancora) tra Andrej e Ivan in relazione ai loro valori: uno è convinto sostenitore della ragione e del pensiero, l'altro del corpo e dell'istinto. E, alla fine del racconto, risulta molto chiaro come i valori siano legati a quello che abbiamo e quello che ci manca. La vecchia storia per cui capiamo di apprezzare qualcosa solo quando la perdiamo, insomma.

Per quanto riguarda lo stile, il racconto è decisamente ben scritto, e in particolare le descrizioni sono ottime. Ho già parlato di quelle dei personaggi, ma anche quelle ambientali sono meravigliose. Anzi, il racconto si apre proprio con la descrizione dell'ospedale, che quindi mi ha impressionato sin dalla prima pagina.
Il linguaggio è un po' antiquato ma comunque elegante ed efficace, non eccessivo. Si tratta, come ho detto, di un racconto piuttosto breve: è molto essenziale, eppure riesce a dire in poco spazio tutto quello che deve dire.
Insomma, vale decisamente la pena di leggerlo, tanto più che l'ebook è gratuito con Kindle Unlimited. Io credo che leggerò anche altro di Cechov.

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LA SIMMETRIA DEI DESIDERI – Eshkol Nevo

la simmetria dei desideri eshkol nevo
Titolo: La simmetria dei desideri
Autore: Eshkol Nevo
Traduttore: O. Bannet, R. Scardi
Copertina flessibile: 351 pagine
Editore: BEAT (aprile 2016)
Prezzo online: 7,65 €

Voto: *****

Credo sia la prima volta che do 5 stelline a un libro qui, ed è perché La simmetria dei desideri di Eshkol Nevo è, per me, praticamente il libro perfetto, in cui il dolore e l'ironia si intrecciano in un equilibrio ideale.
Quattro amici storici, Yuval, Churchill, Amichai e Ofir, guardano in tv la finale dei mondiali di calcio. A un certo punto, Amichai ha una delle sue idee, di solito snobbate dagli amici: scrivere su dei bigliettini tre desideri a testa da realizzare nell'arco dei successivi quattro anni, cioè entro la finale dei prossimi mondiali, quando li rileggeranno per vedere cosa è cambiato. Da questo espediente parte il racconto degli anni successivi, ma anche di quelli passati, e il modo in cui le vite e i desideri dei quattro amici si incrociano è geniale.
La simmetria dei desideri non fa che raccontare la vita (e anche la depressione). È un romanzo sull'amicizia e sull'amore, su quanto sia essenziale e perfino salvifico avere a fianco delle persone importanti. Può sembrare una cosa sdolcinata, ma vi assicuro che questo romanzo è proprio l'opposto della banalità.

I personaggi sono davvero favolosi. Sono persone vere, con caratteri veri. Non so se Nevo abbia attinto dalla sua esperienza concreta, ma è riuscito non solo a descrivere, ma proprio a mostrare delle persone reali da ogni punto di vista: i dialoghi, i gesti, perfino i tic verbali, le pose assunte, gli sguardi. Non so come ci sia riuscito. Anche le fotografie vengono descritte con tale perfezione che sembra davvero di poterle guardare.
Riescono a essere incisivi perfino i personaggi volutamente non-interessanti e quelli minori, che compaiono a stento o addirittura non compaiono affatto, se non attraverso i discorsi dei protagonisti. Eppure sembra di vedere e conoscere anche loro. Tanto di cappello per Eshkol Nevo, davvero impressionante.

Anche lo stile è particolare: è piuttosto semplice e mai noioso (io detesto il calcio, eppure non mi hanno annoiato nemmeno le parti in cui si parla di quello), e i discorsi diretti non hanno la punteggiatura classica, perciò sembra tutto un lungo flusso di coscienza che risucchia il lettore dentro i pensieri di Yuval, che è la voce narrante. Le descrizioni, come ho già detto a proposito di personaggi e fotografie, sono molto dettagliate, e anche le cose in apparenza più insignificanti sono dette bene. Ho trovato il finale molto commovente, non solo per il contenuto ma, appunto, anche per come è stato scritto.
L'unico punto meno soddisfacente è la traduzione: nella mia edizione ho infatti trovato qualche errore anche grossolano che poteva essere evitato. A parte questo, ve lo ripeto: per me questo è il libro perfetto.

Potete (e dovete, a mio parere!) acquistarlo qui: https://amzn.to/2FI5xUD